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sunrise 18di Anna Vinci
De Caro Santina Maria: questo il suo nome che io ho dimenticato o forse non ho mai conosciuto, mi resi conto con amarezza quando, pochi giorni fa, mi accingevo a ripensare alla storia della signora Mutolo, perché volevo scrivere di lei tra suggestioni e frasi spezzate accantonate, darle vita propria. In tutti questi anni di nostra frequentazione, fin dalle prime volte in cui ci incontrammo, io per ascoltare la sua storia, lui per raccontare, Mutolo me la indicava come compagna, moglie, madre dei figli, colei che ‘mi ha sopportato’. E certo avrà avuto bisogno d’infinita pazienza, le sarà costato convivere con il braccio destro, autista, di Riina, killer per Riina.
Ora ha un nome, per me, una sua carta d’identità, e credo che avesse voglia di riposo e pace, doveva essere tanto, tanto, stanca. Sono stati i miei primi pensieri quando ho letto un sms di Gaspare: ‘mia moglie è salita in cielo’. E il riferimento al cielo, in lui, non è semplice retorica da uomo d’onore, il calvario che entrambi gli sposi hanno vissuto li ha modellati allontanandoli, insieme, dall’inferno quotidiano della Mafia. Dopo il momento della sua dissociazione, nel lontano 1992, sono trascorsi oggi ventiquattro anni di ‘buona condotta’, di ricerca da parte di Gaspare di altro, di Alto, di una redenzione, non umano pentimento, perché quello non ha mai cercato Mutolo. Per avere troppo conosciuto gli uomini, e non solo mafiosi come lui, ma di ogni ambiente, dai politici, ai magistrati, ai poliziotti, imprenditori: lo aveva visto che il ‘marcio si può trovare ovunque’. Perché in lui resistono, un po’ allo sbando, ma pur sempre presenti alcuni codici del suo passato di uomo d’onore, e tra questi il più pertinace il concetto del disonore del tradimento con la conseguente rottura del patto sancito con il sangue nel rito dell’iniziazione. Resiste, anche se il patto dentro Gaspare si è spezzato, naufragato nella consapevolezza che non ci sia più salvezza per sé e per la sua famiglia, davanti alla follia di Riina, davanti a un gioco perverso di accordi segreti, che lo sovrastano e annullano antichi, consolidati schieramenti tra cosche. Lo Stato, che lui ha sempre combattuto come entità, per contrastarne le ingerenze nei traffici che portano soldi e potere, ora non è più il vero nemico. I corrotti di prima, quelli che ci sono da sempre, vanno sfumando i loro contorni, in una nebulosa che a Gaspare, nato nel 1939, affiliato nel 1976, arreca inquietudine, lo opprime e disorienta.  

Santina Maria ha la dote di capire senza fare domande, una delle prime cose che mi disse di lei Gaspare, del resto si sposavano ragazze e ragazzi dello stesso ambiente, cresciuti insieme nei quartieri, tra i casermoni o le case diroccate, affacciandosi ai balconi le giovani per farsi ammirare, accompagnando le madri negli orti assistendo ai litigi, per qualche sconfinamento. Erano stati educati entrambi dalla strada, Gaspare e Santina e si erano innamorati e avevano deciso di mettere su famiglia. Una fuitina, sistemò il tutto, non perché qualcuno si opponesse, si conoscevano tutti, si sceglievano tra simili, ma per evitare costi di matrimoni, ricevimenti, per non perdere tempo. Il tempo era un bene prezioso da consumare con voracità, in quei ragazzi che avevano imparato presto che i giorni della libertà sono minacciati, e in quelle ragazzette che dovevano difendersi da sconfinamenti non nei territori, ma nei loro corpi, per una promiscuità quanto mai molesta e omertosa. Un marito è un rifugio, la famiglia di un mafioso va protetta perché le mogli tradite sono pericolose e imprevedibili nelle loro vendette.
Diceva Gaetano Badalamenti, le donne sopportano tutto, ma non le corna. E la vendetta di una donna tradita è terribile, possono fare di tutto.

E dopo il matrimonio… dopo, ci furono il primo omicidio e la complicità fatta di silenzi e di un darsi da fare al ritorno dell’uomo, per lavare, rassettare, pulire panni macchiati, e le gravidanze, e le riunioni tra compari e nuovi zii e zie acquisite, e cugini, sempre delle stesse famiglie degli uomini di onore. E le cerimonie che si ripetono di anno in anno, nelle feste comandate, matrimoni, battesimi, cresime, funerali, nel frattempo altri silenzi, occhi bassi, e solerzia nel riordinare e in qualche modo proteggere i piccoli, ma è sempre più difficile proteggerli. Tra latitanze e prigione, e semi libertà e condoni e… Santina non chiedeva.
Mia moglie lei ha accettato da subito la mia scelta, donna di mafioso, era abituata a non immischiarsi, a starmi accanto, e a soffrire, in silenzio.
Un giorno il peso da sopportare per Santina Maria fu troppo, e alzò gli occhi, e parlò e fu allora che qualcosa si ruppe in Mutolo. Il seme di un futuro ravvedimento.
Tutto inizia da una frase di mia moglie, era morto da poco, era il 1982, il figlio di Nino Badalamenti, poche parole che furono per me molto chiare:‘voi siete tutti pazzi’, pazzi!’ Non c’era bisogno di aggiungere altro, per una volta aveva rotto il patto del silenzio. Dopo continuò a vivere come sempre, mi veniva a trovare in carcere, teneva in ordine, mi seguiva nel giorni del confino, nella libertà vigilata, ma c’era un ma che pesava come un macigno.
Infine a Palermo all’Ucciardone durante il maxiprocesso, mi viene a trovare e con quello sguardo che le avevo visto una sola altra volta, dolente, il viso tirato, mi comunicò che era scomparso un certo Civiletti Giuseppe con il figlio che aveva sedici - diciassette anni. Il padre era il consigliere della famiglia di Partanna Mondello. E non erano stati più trovati.
‘Siete pazzi, dei figli’! Certo Santina Maria pensava ai nostri figli e al dolore di quelle madri. Aveva ragione un parroco che parlando di lei, mi disse che le ricordava un quadro della Pietà.
    
Se Santina Maria in tutti questi anni non gli fosse stata vicina, Gaspare si sarebbe perso. Quanto difficile lasciare tutto, perdere facili guadagni, allontanarsi da quell’ambiente ossessivo e claustrofobico dove tutto era regolato, e fagocitava e rassicurava, dove si stava dentro e fuori erano gli altri, tutti gli altri. Ricominciare braccati dalla paura, certo con il tempo la paura si stempera, non si stempera la nostalgia: ‘un’ultima volta portare mia moglie a Mondello, a prendere un gelato, sotto il cielo di Palermo’.  
Si va avanti, ci s’inventa, ci si avventura in una quotidianità con altre insidie, una tra tutte la normalità. Vivere infine sotto falso nome, stare accanto a un uomo che tentava di ricominciare. Santina trovò nella pittura un’alleata. La pittura trovò in Santina un’alleata.
La incontrati una sola volta la signora Mutolo, aveva accompagnato il marito alla presentazione di un mio libro, in una delle rare volte in cui in oltre venti anni di vita dopo la dissociazione del 1992, usciva dalla loro casa. Era minuta e gentile, ricordo una figura aggraziata e di un’età imprecisa.    

Prima del sms con cui Gaspare mi comunicò che il ‘suo angelo era salito in cielo’, c’era stata nell’inverno di quest’anno un’altra disperata telefonata. Sul display del cellulare era apparso il nome Gaspare, ma quando risposi, continuò il silenzio, infine un lungo pianto e tra i singhiozzi, appena sussurrato:‘senza di lei cosa faccio?’. Non riuscivo a trovare parole adatte, ripensavo alla vita di Mutolo, ai tanti omicidi, alla freddezza quando mi spiegava il modo in cui ci si rende conto se una vittima ha finito di vivere. Smisero i singhiozzi, il dolore sarebbe durato lunghi mesi, nel tentativo di chiamare amici, veri, scomodare, nel modo in cui solo Mutolo sa ‘scomodare’, per salvarla.
Non l’avrebbe salvata.  
    
Dopo le esequie, di martedì 12 luglio, lo chiamai, ci parlammo, gli dissi che volevo raccontare di Santina Maria. Fu un fiume in piena, come sempre. Esordì con la data di nascita e di morte: 21, gennaio 1949 - 10, luglio, 2016.
L’altro giorno guardando il suo cellulare, vidi che al mio numero corrispondeva il nome di ‘Gaspare il bello’, sono tanti Gaspare nella nostra famiglia.  Per me lei era dolcezza, vita. Morì mentre le stringevo la mano. Mi volevo ammazzare, lo avevo programmato. Io vigliacco, io debole, io inutile senza di lei. Poi il giorno dopo parlai con alcune ‘pie’ donne di Giorgio, e mi spiegarono che il suicidio è come un omicidio e che non l’avrei più raggiunta in cielo.
Comincia a singhiozzare.
Vorrei chiedere e ancora capire, perché pensieri affollano la mia mente. Quest’uomo che si è macchiato di tanti omicidi, sembra preoccuparsi solo della ‘macchia’ del suicidio, che gli avrebbe impedito di ritrovare la sua donna, paziente, dolce, angelica.  So che non ci sono risposte. Non me le darà Gaspare.
Ora ho accettato di vivere, la sento vicino a me. E so che la raggiungerò.
Lo saluto e ho un certo malessere.
De Caro Santina Maria, che il cielo ti sia amico.

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