Sequestri, casinò, mafie e neofascismo: la lunga scia che porta a Licio Gelli
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Vittorio Occorsio, trucidato a Roma dai colpi di mitra di Pierluigi Concutelli.
Bruno Caccia, ammazzato a Torino da un commando 'ndranghetista ancora non identificato.
Giovanni Selis, miracolosamente scampato ad Aosta a una bomba piazzata sotto la sua auto, isolato dai colleghi, morto suicida pochi anni dopo.
Cosa accomuna questi tre magistrati? Tutti hanno toccato i fili dell’alta tensione, tutti, nel corso del loro lavoro – svolto in anni complicati, tra depistaggi, collusioni, intrecci torbidi tra Stato, criminalità ed eversione – avevano scorto in filigrana un filo nero che legava il fenomeno dei sequestri a quello del riciclaggio di denaro; il mondo dei casinò a quello dell’eversione neofascista e della criminalità organizzata; le bombe al piombo di cui sono stati vittime. E dietro quel filo nero, l’ombra inquietante della più grande holding criminale mai strutturatasi in Italia, con diramazioni tra Francia, Sud America e una pletora di paradisi fiscali sparsi in tutto il mondo: la P2. E come un fantasma, nelle pieghe d’ombra di una storia che sembra pensata per il cinema, dove uomini per bene hanno sacrificato la loro vita per portare a noi un pezzetto di verità che in questo libro, pubblicato quaranta anni dopo la scoperta degli elenchi della loggia massonica, viene minuziosamente ricomposta, sempre lui: Licio Gelli.
Mi risultò presto chiaro che alla base di quel fenomeno criminale non c’erano solo le connivenze tra politici, uomini d’affari e alti funzionari. Emersero infatti quasi subito i legami sotterranei con ambienti occulti, che poi si rivelarono appieno nella loggia P2. appieno nella loggia P2.