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Categoria: Inchieste
Editore: Sperling & Kupfer
Pagine: 192
Prezzo: € 18,00
ISBN: 978882005156
Anno: 2011

Visite: 2839

Recensione

La controversa questione del 41 bis, il regime di carcere duro per i mafiosi, diventano negli anni l'oggetto di un ricatto di Cosa Nostra allo Stato. Davvero lo Stato si è piegato alle minacce dei padrini?

Divieto di parlare con altri detenuti e di usare il telefono; divieto di ricevere dall'esterno pacchi e denaro; controllo della corrispondenza; esclusione da ogni attività comune. Le regole del regime speciale per i mafiosi in carcere vengono fissate la notte del 19 luglio 1992, poche ore dopo la strage di via D'Amelio. Sono racchiuse in un solo articolo dell'ordinamento penitenziario, il 41 bis , concepito da Giovanni Falcone per isolare i boss che dalle prigioni continuano a esercitare il loro potere criminale e a decretare sentenze di morte.

Una strategia risoluta che rende più difficili i traffici con l'esterno e induce i primi pentiti a parlare, corrodendo le strette maglie dell'organizzazione.
Il 41 bis diventa così, negli anni successivi, l'oggetto di un ricatto di Cosa Nostra allo Stato, e mentre la mafia dissemina di bombe il Paese e manda avvisi inquietanti, la risposta delle istituzioni diventa incerta, se non ambigua. I penitenziari sulle isole vengono smantellati, le richieste di prorogare il regime speciale accantonate.
Davvero lo Stato si è piegato alle minacce dei padrini? Si può ipotizzare una trattativa con la Cupola? Muovendo da un punto di osservazione particolarmente interessante, quello del dipartimento che gestisce i detenuti nelle carceri di massima sicurezza, l'autore esamina gli strumenti legislativi messi in atto, dal 1992 a oggi, per contrastare la mafia. E ricostruendo le mosse fatte da governi e magistrati, la vita e il clima degli istituti di pena, il dibattito e le obiezioni sul carcere duro, aggiunge elementi fondamentali alla questione del supposto cedimento delle istituzioni e dei rapporti fra mafia e politica.

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