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Distorsioni, omissioni, cifre gonfiate, controllo sui giornalisti, controllo sulle notizie, comunicati stampa come se si pubblicizzasse un’azienda privata. Eccola, la shock economy all’italiana: il potere di chi decreta lo stato d’emergenza è un’oscura anomalia che minaccia le fondamenta democratiche del nostro paese.
— In libreria dal 20.05.2010 —
«All’Aquila non c’è una democrazia della comunicazione». Sono le prime parole che mi ha rivolto un aquilano. Hanno fatto sì che decidessi di cominciare a raccontare questa storia che descrive, per sommi capi, un meccanismo di fili rossi, amicizie, interessi, rischi per il normale vivere democratico. L’impressione è che ci sia in Italia – non solo all’Aquila – un’emergenza dell’informazione. Un’emergenza democratica. E non si vede a quale norma si possa andare in deroga, per sradicarla».
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«Bisogna partire in quarta subito, non è che c’è un terremoto al giorno».
«Lo so. [ride] Per carità, poveracci».
«Vabbuò».
«Io stamattina ridevo alle tre e mezzo dentro al letto».
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308 morti. 1600 feriti. 70.000 sfollati. È l’agghiacciante bilancio del terremotodell’Aquila. Eppure, proprio in quel tragico 6 aprile,c’è chi guarda all’Abruzzo come un’opportunità di mercato. L’intercettazione di una telefonata tra De Vito Piscicelli,direttore tecnico dell’impresa Opere Pubbliche e AmbienteSpa, e il cognato Gagliardi suscita sdegno e preoccupazione.
Agli italiani la vicenda dell’Aquila è stata presentata come il miracolo del governo Berlusconi,di Guido Bertolaso, della Protezione civile.
Ma L’Aquila è un esperimento, non un miracolo.
Il territorio viene militarizzato.Si insedia l’ambigua Direzione di comando e controllo.Si applicano tecniche di controllo sociale e, sui media, il modello embedded delle aree di conflitto.
Si costruisce in deroga alle normative vigenti: si può fare, in emergenza. Quello che si impone è un modello di gestione del potere che rimane quasi invisibile al grande pubblico, finché lo scandalo dell’inchiesta sui lavori del G8 fantasma allaMaddalena si abbatte su Bertolaso e sui suoi uomini.
L’indagine di Alberto Puliafito,che parte dall’Aquila e arriva ad altre realtà italiane e internazionali, apre nuovi e preoccupanti scenari sul sistema Protezione civile e sulle sue possibili future applicazioni.