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Cronaca di una tragedia annunciata
Con prefazione di Carlo Bonini
La terra trema e L’Aquila crolla. È la nottedel 6 aprile 2009, una data che rimarrà impressa nella storia ellacittà. Il centro storico è distrutto, così come tanti paesi a pochichilometri dal capoluogo: Paganica, Onna, Tempera, molti altri.Lentamente riemergono i morti: sono dieci, cinquanta, cento. Trecento,forse più.Giuseppe Caporale, corrispondente della Repubblica in Abruzzo, è tra leprime persone ad arrivare nel cuore martoriato del capoluogo abruzzese,forse il primo giornalista. È ancora buio, la percezione di quanto èsuccesso non del tutto chiara. Nei giorni successivi tutta Italia verràa conoscenza della situazione surreale in cui la città era piombata finda Natale: una serie infinita di piccole scosse continue, il famigeratosciame sismico, aveva tolto il sonno e la serenità a molti. Gliaquilani l’aspettavano da mesi, e alla fine il terremoto è arrivatodavvero. Eppure in molti l’avevano detto. Tecnici, giornalisti,amministratori. E forse chi doveva dar loro ascolto non l’ha fatto sinoin fondo. Ma si può parlare davvero di tragedia annunciata? Leresponsabilità umane esistono o si tratta solo di un terribile capriccio della natura? I soccorsi sono stati rapidi ed efficienti come avrebbero dovuto, e come è stato raccontato? A queste e ad altredomande rispondono Caporale, stendendo un diario sul campo che partedalle settimane immediatamente precedenti alla scossa fatidica e chearriva fino ai giorni del G8 di luglio.