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Categoria: Cultura
Editore: Aliberti editore
Pagine: 302
Prezzo: € 17,00
ISBN: 9788874247158
Anno: 2011

Visite: 2154

Recensione

«Chi non legge libri, compra poco i giornali, non naviga su internet (anche perché in Italia si è fatto di tutto per rendere difficile l'accesso alla rete) trascorre in media 3 ore e 45 minuti al giorno davanti al piccolo schermo. Un tempo lungo che sale con l'aumento dell'età dei telespettatori e col diminuire del loro livello d'istruzione. Per questo Berlusconi e la fabbrica del popolo è un libro importante. Perché Elena G. Polidori ci racconta, e dimostra, come negli ultimi dieci anni la televisione sia stata scientificamente utilizzata per tentare di costruire una nuova coscienza collettiva sempre più al servizio di un'unica opinione. E come per raggiungere questo obiettivo non si sia puntato solo sull'informazione, ma (soprattutto) sulle fiction e l'entertainment».
Dalla prefazione di Peter Gomez

La macchina giudiziaria italiana è da terzo mondo, ma quel che è più vero è che il Cavaliere, in tanti anni di governo, ha pensato solo ed esclusivamente a risolvere i suoi di problemi giudiziari, non certo quelli dei cittadini. La fabbrica del popolo gli è stata molto utile, nel tempo, per diffondere il messaggio che la sua battaglia "contro" la farraginosa, obsoleta, ma soprattutto "comunista", macchina giudiziaria italiana era da considerarsi quasi una guerra santa. Peccato che dietro si agitassero solo i suoi guai personali. Che ci sono sempre stati, già da prima di scendere in politica. E non da dopo.
[Elena G. Polidori]

Dalla prefazione di Peter Gomez: «Elena G. Polidori ci racconta, e dimostra, come negli ultimi dieci anni la televisione sia stata scientificamente utilizzata per tentare di costruire una nuova coscienza collettiva sempre più al servizio di un'unica opinione. E come per raggiungere questo obiettivo non si sia puntato solo sull'informazione, ma (soprattutto) sulle fiction e l'entertainment [...] Per un'ampia fetta di cittadini il modello del tronista e della velina è risultato vincente. A furia di reality show, in molti si sono convinti che nella vita sia davvero possibile avere successo senza saper dare niente. Non serve saper ballare, saper cantare, aver studiato recitazione o dizione: per andare avanti basta bucare il video e, semmai, sotto le lenzuala fare qualcos'altro. E quei molti, come è ovvio e giusto, votano.»

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