LA SQUADRA DEI GIUSTI
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Giorgio Boris Giuliano arrivò a Palermo alla fine degli anni Sessanta.Ci sarebbe rimasto per più di dieci anni fino al giorno in cui vi morì,ucciso mentre pagava un caffè al bar, il 21 luglio 1979. Era il capodella squadra mobile solo da tre anni. Ma era già il nemico numero unodi Cosa Nostra. Da commissario era arrivato a Palermo mentre la mafiastava attraversando una delle sue frequenti fasi di cambiamento e diadattamento ai tempi. Tempi d’oro. Era l’epoca del “sacco di Palermo”,delle migliaia di licenze edilizie firmate in una notte. Agliinvestigatori mancava una visione d’insieme. E arrivò lui. Nuovimetodi, nuove strategie. Duro, intelligente, capace di scavarenell’omertà, di riannodare i fili di una struttura allora magmatica eper molti versi sconosciuta, Cosa Nostra, che solo sei anni prima unpentito, Leonardo Vitale, aveva denunciato finendo in manicomio. Perchénessuno ci credeva. Ma la storia di Giuliano non è solo quella di unuomo, di un poliziotto, di un servitore dello Stato. È anche la storiadella nascita di un approccio nuovo alla lotta alla mafia. Giuliano eraentrato relativamente tardi in Polizia. Aveva avuto altre esperienze dilavoro; aveva compiuto anche scelte allora considerate coraggiose. APalermo Giuliano costituì una squadra di giovani funzionari che lapensavano come lui. Che volevano cambiare la Sicilia. Fu unarivoluzione che diede clamorosi risultati. Fu, infatti, Giuliano aindividuare nei rapporti tra la mafia siciliana e quella americana unodei pilastri di Cosa Nostra, costruendo un solido rapporto dicollaborazione con l’FBI. E per questo era diventato un nemico daeliminare. E qui c’è tutto. L’uomo Giuliano: così lo raccontano ilfiglio Alessandro, adesso anche lui poliziotto, la moglie Maria, ilfratello Nello.