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Sono giornalisti e fanno il loro lavoro. Scrivono pezzi e li pubblicano. Poi un giorno succede qualcosa. Trovano la loro macchina in cendiata o sfregiata. Vengono aggrediti da ener gumeni armati di bastone. Ricevono proiettili in busta e telefonate con minacce di morte. Trovano persino una testa di pesce sul parabrezza dell’auto. Sentono, alla sera, quando sono a casa, cinque colpi di pistola prima di andare a dormire.
In Taci infame Walter Molino racconta un lungo viaggio in quattro regioni del Sud dove incontra cronisti che per lavoro si aggirano nei vicoli e nelle piazzette di paese. Non sono eroi. Sono donne e uomini, ostinati, curiosi, rompicoglioni: infami. E quindi fanno nomi e cognomi. Il viaggio ci porta in Campania, dove l’autore incontra Arnaldo Capezzuto e Rosaria Capacchione, testimoni delle imprese della camorra nelle viscere di Forcella e delle infil – trazioni dei Casalesi nella politica e nell’economia; nella terra dei poveri cristi, la Sicilia, dove conosciamo, tra gli altri, Lirio Abbate, che segue accanto alla Squadra mobile di Palermo l’arresto di Bernardo Provenzano; in Calabria, dove colpire i giornalisti – una decina in due anni – sta diventando ormai un’abitudine; infine in Puglia, terra di Gianni Lannes, il giornalista più censurato d’Italia. Sui cronisti vittime delle mafie si sono scritti molti libri. Questo è il primo sulla vita dei cronisti dal fronte del Sud.