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Con Giovanni Falcone, insieme al quale inizia il suo tirocinio in magistratura, Antonio Ingroia incontra il primo segno del suo destino futuro. Subito dopo, a Marsala, si troverà accanto a un altro giudice: Paolo Borsellino. Falcone e Borsellino, i precursori. Con loro muove i primi passi: li affianca negli interrogatori, li osserva, ne studia i gesti e le parole, ne ricava una lezione risolutiva di impegno professionale e di passione civile. Poi le stra gi di Capaci e di via D’Amelio…
Da sostituto procuratore a Palermo, Ingroia diventa un protagonista della lotta a Cosa Nostra. Si inoltra nei luoghi in cui per antica tradizione, o per dannazione, lo scempio della giustizia e del diritto avviene con la violenza più sistematica. Penetra nei misteri dei delitti, delle stragi e delle connivenze, nella rete delle relazioni tra società criminale, società legale e poteri istituzionali. Inizia il suo cammino nel Labirinto degli dèi, raccontato in questo libro. Come a comporre un funesto e dolente album della nostra storia, scorrono nelle sue pagine i volti e le testimonianze dei pentiti Tommaso Buscetta, Marino Mannoia e Antonino Calderone, fino ai collaboratori più recenti, come Gaspare Spatuzza o Massimo Ciancimino, figlio di Vito, sindaco del «sacco di Palermo» e uomo di Provenzano. Ci sono le reticenze e i silenzi omertosi dei mafiosi irriducibili. Da nascondigli ben mimetizzati, fanno la loro apparizione le figure di imputati «eccellenti», i colletti bianchi annidati nei centri del potere economico, finanziario e politico. Un album guarnito della presenza di Marcello Dell’Utri, senatore plurindagato e condannato, e di un’occasione perduta, un silenzio, un avvalersi della facoltà di non rispondere, da parte del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Questo non è un libro di storia, ma di storie. Storie che narrano fatti, esperienze, avvenimenti di vita, personale e pubblica. Un esercizio della me moria, compiuto insieme ai lettori, alla ricerca di una comune via di uscita dal labirinto, dove un minotauro asserragliato pretende di resistere a oltranza a un principio elementare: la legge è uguale per tutti.