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Salvatore Lupo racconta le indagini, e le intuizioni, di Ermanno Sangiorgi il questore di Palermo che nel 1898 scoprì i legami politici di Cosa Nostra.
Per fortuna, sempre di più le ricerche storiche sul fenomeno mafioso vanno indietro nel tempo.
Scoprire come la mafia siciliana, ma anche le altre associazioni mafiose italiane, come la camorra campanae la ’ndrangheta calabrese, si siano comportate nei secoli scorsi, e in particolare nell’Ottocento, consente a tutti di comprendere meglio una caratteristica costante della nostra storia ma anche culture e modelli di azione che in parte sono cambiate negli ultimi decenni e in parte sono rimaste simili o addirittura identiche.
Perciò il libro di Salvatore Lupo (al quale si deve un’importante Storia della mafia, edita da Donzelli e più volte ristampata) che si intitola Il tenebroso sodalizio. Il primo rapporto di polizia sulla mafia siciliana. Edizioni XL (pp.186,15 euro) conun saggio finale sul questore Sangiorgi dello storico scritto insieme a John Dickie merita di essere segnalato e discusso.
Rispondiamo anzitutto a due domande che si faranno di sicuro i lettori di fronte a questo libro.
La prima è chi era Ermanno Sangiorgi, il questore di Palermo in quegli anni, e perché il suo rapporto (ma in realtà sono 31 rapporti legati tra loro per un complesso di 485 pagine tra il 1898 e il gennaio 1900) resta ancora oggi un documento importante.
A questo interrogativo Lupo e Dickie consentono di rispondere con una certa precisione. Sangiorgi, romagnolo, nato nel 1840 e diventato questore assai presto (a 48 anni, poco per i canoni di allora) è un funzionario di notevole capacità e intelligenza, anche se dalla moralità matrimoniale e sessuale almeno discutibile.
E - pur non essendo né siciliano né meridionale - intuisce alcuni aspetti fondamentali per ricostruire
la storia della mafia nella Conca d’Oro, cioè nella zona intorno a Palermo, già negli ultimi decenni dell’Ottocento, e con molta probabilità anche in un periodo precedente a quello dei documenti utilizzati nel volume.
Innanzitutto capisce che i quattro omicidi avvenuti allora, a cui si aggiunge nel 1889 il primo omicidio esplicitamente politico cioè l’assassinio di Emanuele Notarbartolo ex sindaco di Palermo e fatto uccidere dall’on. Palizzolo legato alla mafia, sono effetto di una guerra di mafia in corso e che, afferma il questore, non sono stati il prodotto di iniziative individualimaimplicavano leggi, decisioni collegiali e un sistema di controllo territoriale proprio dell’associazione siciliana.
L’indagine avviata allora in un’azienda di agrumi (il fondo Laganà) passò successivamente a due ricchissime famiglie palermitane, gli armatori Florio e i Whitaker.
Sangiorgi scoprì che le due dinastie familiari vivevano fianco a fianco con l’organizzazione mafiosa ma dalla quale erano allo stesso tempo minacciate (ed è quello che succederà anche di recente a politici molti noti che hanno intrattenuto rapporti - a quanto pare secondo i giudici - con le associazioni mafiose, a cominciare dall’attuale presidente del Consiglio).
«I capi della mafia - afferma il questore - stanno sotto la salvaguardia di senatori, deputati e altri influenti personaggi che li proteggono e li difendono per essere, poi, a loro volta da essi protetti e difesi».
Il questore scoprì che i cadaveri dei quattro mafiosi nascosti nel fondo Laganà appartenevano a dei “picciotti” che la mafia aveva inserito presso la famiglia Florio come cocchieri. I Florio non si sognarono di collaborare con la magistratura che aveva intrapreso le indagini sugli omicidi.
D’altra parte, come sembra avvenire anche oggi per il capo del governo e i ministri malgrado quel che dica la costituzione repubblicana tuttora in vigore, i Florio si rifiutarono di comparire davanti al questore per rilasciare una semplice testimonianza.
Di qui le difficoltà che ebbe la questura di Palermo per portare a termine l’indagine intrapresa sui quattro omicidi di mafia. Ed è significativo, ancora oggi, che nell’ottobre 1899 si presentò a testimoniare un uomo conosciuto dalla polizia, Francesco Siino, sfuggito miracolosamente a un agguato mortale.
Siino era considerato dal questore Sangiorgi i l capo “regionale” o“supremo” della mafia.
Nel 1896 proprio lui aveva scatenato la guerra contro la cosca di Giammona che non accettava il suo primato ma lo stava perdendo.
Il processo contro i supposti assassini ebbe inizio soltanto nel maggio1901 e, a quel punto, Sangiorgi aveva già perso il suo appoggio politico a Roma poiché nel giugno 1900 era caduto il governo di Luigi Pelloux. Il processo a questo punto finisce con una serie di assoluzioni.
La storia si ripete? Non per tutto, naturalmente, ma per il rapporto tra mafia e politica, tutto sembra restare immobile.