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Categoria: Mafia
Editore: edizioni la meridiana
Pagine: 164
Prezzo: € 16,00
ISBN: 978-88-6153-207-6
Anno: 2013

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Recensione

Raccontare la storia della mafia del Gargano vuol dire innanzitutto raccontare la storia del conflitto tra due parole, dietro le quali si sono trincerati per anni e anni eserciti di malviventi, famiglie, ma anche di conniventi, di omertosi, di indifferenti. Le due parole sono “faida” e, appunto, “mafia”. Aver voluto per anni, per  decenni, chiamare la mattanza in atto nei paesi del Gargano, soprattutto Monte Sant’Angelo, Mattinata, San Nicandro Garganico, Vieste, come una “faida familiare”, tesi peraltro accolta in una storica sentenza degli anni Novanta che inficiò gran parte del lavoro dei giudici nel contrasto al conflitto in atto in quei paesi, è infatti servito a ignorare i molteplici aspetti che rendevano un contrasto tra due famiglie un affare di ben più ampia portata, come il racket delle estorsioni, lo spaccio di stupefacenti, le mani sugli appalti della pubblica amministrazione. Il libro di Domenico Seccia, La mafia innominabile (edizioni la meridiana, pp. 164, euro 16) ha soprattutto questo merito: alzare il velo che ha nascosto così a lungo uno dei più cruenti conflitti mafiosi che tuttora, proprio a causa della minore considerazione che ha ricevuto negli anni scorsi, non viene neppure nominata quando si elencano i gruppi della criminalità organizzata più potenti del paese.
Nato a Barletta nel 1959, Seccia è un magistrato entrato a far parte nel 2003 della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari e attualmente è Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lucera. Si è quindi occupato in prima persona della mafia del Gargano, e ha coordinato le indagini che sono state alla base del maxiprocesso che hanno recentemente condotto alla condanna in Cassazione dei capi del clan Li Bergolis. Il libro è perciò principalmente frutto dell’esperienza diretta del magistrato negli ultimi anni di lavoro, e lo si comprende bene dalla cura certosina con cui l’autore elenca, uno ad uno, gli omicidi eccellenti che hanno tirato le file della mafia del Gargano dal 1978 ai giorni nostri. Una cronaca minuziosa che si avvale anche di documenti preziosi, come gli stralci dei provvedimenti giudiziari o degli interrogatori dei collaboratori di giustizia. Nulla o quasi è concesso alla “riscrittura” letteraria dei fatti, come pure sarebbe stato possibile fare seguendo un filone assai in voga. Al contrario, proprio in assenza di altri volumi che abbiano tracciato in precedenza la storia della mafia del Promontorio, La mafia innominabile si pone l’obiettivo di coniugare ricostruzione storica, cronaca e attività giudiziaria. E ci riesce senza dimenticare di raccontare la storia dei personaggi chiave del conflitto, come Franco Li Bergolis, Raffaele Primosa, Matteo Ciavarrella o la compagna di quest’ultimo, Rosa Lidia Di Fiore, già moglie di un Tarantino e quindi legata alla famiglia che Ciavarrella s’incarica di sterminare per vendicare l’omicidio del padre. La storia della Di Fiore, oggi collaboratrice di giustizia, introduce uno dei capitoli finali, I volti, dedicato a chi ha voluto testimoniare con coraggio contro il potere della mafia sulla propria terra. Ed è con un appello a loro e a tutta la popolazione garganica che il volume si chiude: Dobbiamo farcela, scrive Seccia, e per farlo «occorre innanzitutto ricordare, perché senza memoria non si può costruire il futuro, senza il quale si vive schiacciati da un eterno, immutabile presente».

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