I dieci comandamenti della Ndrangheta nelle parole degli affiliati
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Attraverso la loro attenta analisi i due autori sono giunti a chiarire i codici espressivi della 'ndrangheta, che stabiliscono cosa si può fare e cosa no, cosa si può dire e cosa no e che associano ad ogni trasgressione una pena. Oltre a questo, però, gli autori sono riusciti ad enucleare i "comandamenti" dell'ndrangheta: 1. La 'ndrangheta è una e una sola; 2. Chi tradisce brucerà come un santino; 3. Non si sgarra né si scampana; 4. La famiglia è sacra e inviolabile; 5. Cumandari è megghiu chi futtìri; 6. A tavola tutto si divide e tutto si discute; 7. Senza soldi non si cantano messe; 8. Cu campa campa, cu mori mori; 9. Tutto passa, anche il carcere; 10. È sempre stato così e sarà così per sempre.
Lo scopo del libro è quello di cercare di conoscere meglio la 'ndrangheta, a partire dalle parole degli stessi affiliati e soprattutto dai loro silenzi, da quello che tacciono. Gli affiliati, infatti, non pronunciano mai la parola 'ndrangheta. "Attraverso le nostre ricerche - precisa lo scrittore Antonio Nicaso - abbiamo scoperto che la 'ndrangheta ha una struttura molto antica, risale alla seconda metà del 1800. Il codice del 1867 è molto simile a quello trovato due anni fa. Le norme del codice sono poche, ma vengono applicate con scrupolo dagli affiliati, mentre i capi-mafia si permettono spesso di avere comportamenti ipocriti e contradditori". Lo scrittore ha inoltre aggiunto che "sin dall'inizio la mafia ha stretto rapporto con la classe dirigente. E' un prodotto della modernità, un fenomeno che non invecchia. Le mafie si sono affermate perché non siamo riusciti a comprenderle e a combatterle, perché sono servite a certa politica e a tanti imprenditori del Nord. Ci troviamo di fronte ad una situazione preoccupante, la politica non riesce a fare a meno dei soldi e dei voti dei mafiosi. La lotta alla mafia è scomparsa dall'agenda politica. Ad esempio alle primarie del Pd nessuno ha parlato di lotta alla mafia, che sopprime le speranze dei giovani".
Affinché qualcosa possa davvero cambiare, conclude il procuratore Gratteri, è necessario mettere davanti tanti se: "se cambia il codice penale, se cambia il codice di procedura penale, se cambia l'ordinamento penitenziario, se cambia la scuola"