La trattativa Stato-Mafia
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di Giorgio Bongiovanni
Un libro che molti avrebbero preferito fosse finito nel dimenticatoio. Un libro irritante, scomodo, fastidioso per tutti coloro i quali in Italia - e purtroppo non sono pochi - non hanno la coscienza pulita rispetto a quanto accadde negli anni ormai lontani delle stragi.
Un libro, che, come si vedrà, tiene aperto quello scenario che non potrà mai vedere l'esclusione dell'opinione pubblica con il suo sacrosanto e legittimo diritto di sapere e conoscere.
Un libro, insomma, contro i muri di gomma del silenzio. Contro il nascondimento dei fatti. Contro chi vorrebbe l'oblio e la cancellazione della memoria.
Tutto questo c'è nella nuova edizione aggiornata de “Il Patto sporco e il silenzio” (edito da Chiarelettere), che vede per la seconda volta il magistrato Nino Di Matteo (pm di punta del processo Stato-Mafia che ha rappresentato l'accusa insieme ai colleghi Francesco Del Bene, Vittorio Teresi e Roberto Tartaglia) tornare a confrontarsi con Saverio Lodato (giornalista e scrittore) su un argomento scomodo e scabroso per il Potere: la trattativa Stato-Mafia.
Rispetto all'edizione precedente c'è una nuova e ampia introduzione di Saverio Lodato che analizza gli elementi di novità scaturiti dalla sentenza d'appello.
L'analisi prosegue con la pubblicazione di suoi articoli, già scritti a suo tempo per ANTIMAFIADuemila.
Pagina dopo pagina si offre al lettore uno spaccato della verità giudiziaria e della verità storica che la trattativa Stato-Mafia ha rappresentato e rappresenta ancora oggi.
Un anno fa, nel settembre 2021, è stata emessa la sentenza che ha condannato i mafiosi (Leoluca Bagarella e Antonino Cinà) ed ha assolto, a nostro avviso non in maniera condivisibile, gli ufficiali dell'Arma, Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno (“perché il fatto non costituisce reato”), così come ha assolto l'ex senatore di Forza Italia Marcello Dell'Utri (“per non aver commesso il fatto").
Ad agosto, mentre gli italiani erano in vacanza e si udivano in sottofondo i primi rumori della campagna elettorale, furono depositate le motivazioni di quella sentenza, scritta dai giudici della Corte d'Assise d'Appello di Palermo (Presidente Angelo Pellino e a latere Vittorio Anania) in cui si evidenzia, pur non riconoscendo il reato, che la "trattativa ci fu" e che fu un'azione "improvvida" per il "bene" dello Stato.
E così, come era accaduto nel 2018, anche in questo caso, salvo poche eccezioni, i grandi organi di informazione e i rappresentanti dei partiti hanno evitato di mettere a conoscenza dell'opinione pubblica i gravi fatti emersi durante i dibattimenti. Fatti che sono stati analizzati scrupolosamente nelle motivazioni della sentenza di primo grado (cinquemila pagine) e di secondo (tremila pagine) che, nonostante le assoluzioni, raccontano di pesanti responsabilità degli organi istituzionali che furono protagonisti in quegli anni di bombe, stragi e delitti.
Da sinistra: lo scrittore e giornalista, Saverio Lodato, e il consigliere togato del Csm, Nino Di Matteo © Paolo Bassani
E' ormai certo che durante gli attentati a Lima, Falcone, Borsellino, le bombe a Milano, Firenze, Roma, quando lo Stato si ritrovò in ginocchio, c'era chi, proprio in nome di quello Stato, "dialogava" e interagiva con il nemico.
Nel libro si mettono in fila fatti incontrovertibili e, soprattutto, viene ignorato quel bavaglio messo ai pm, inserito tra le pieghe della riforma di legge Cartabia.
Provvedimenti che hanno limitato gravemente il diritto all'informazione. Con il risultato che magistrati e uomini delle forze dell'ordine oggi hanno l'obbligo di tenere la bocca chiusa. Una assurdità.
Se questo provvedimento, a firma Marta Cartabia, fosse stato in vigore ai tempi del primo Maxiprocesso alla mafia, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sarebbero stati chiamati a rispondere per violazione di legge essendosi permessi di commentare pubblicamente le dichiarazioni di Tommaso Buscetta, primo grande pentito di Cosa nostra, quando ancora non si era giunti ad una sentenza definitiva.
In questi anni, gli attacchi a quei magistrati, che condussero questo processo, non sono mai cessati.
E' finita nel mirino della politica persino la stessa normativa antimafia con provvedimenti che rischiano di minare le colonne portanti delle iniziative pensate e volute da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Si spiega quindi il ricorso presentato in Cassazione dalla Procura generale di Palermo all'indomani della presentazione delle motivazioni della sentenza di secondo grado.
La storia continua.
La partita è tutt'altro che finita e questa nuova edizione de “Il Patto sporco e il silenzio” di Nino Di Matteo e Saverio Lodato offre interrogativi sui quali la politica farebbe bene a riflettere.
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La rubrica di Saverio Lodato
Dossier Processo Trattativa Stato-Mafia
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