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Categoria: Mafia
Editore: Monetti Editore
Pagine: 120
Prezzo: € 14.00
ISBN: 9788899881764
Anno: 2018

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Recensione

Da chi è stata composta e quali trasformazioni ha subito nel corso del tempo l’organizzazione criminale chiamata Cosa Nostra? Quali sono stati gli effetti delle guerre di mafia che hanno insanguinato la Sicilia nella seconda metà del secolo scorso? Perché, dopo la tragica morte dei giudici Falcone e Borsellino e le bombe del 1993, la Cupola ha deciso di abbandonare la strategia stragista e di trattare con lo Stato italiano? “La Repubblica punciuta” prova a rispondere, documenti alla mano, a queste delicatissime domande.

Introduzione
Era un caldo pomeriggio di Aprile quando varcai i cancelli del cimitero di Corleone.
Le mie gambe erano come paralizzate e un estremo contrasto di sensazioni aveva preso il sopravvento su di me. La pace silenziosa del luogo, la visione delle lapidi allineate, il cinguettio di uccellini completamente ignari della drammatica importanza storica degli atti criminali di quegli uomini sepolti sotto terra ma sempre vivi, vivissimi nella nostra tradizione culturale: tutto contribuiva a stordirmi e a farmi perdere i miei punti di riferimento.
Dopo essere passato davanti alla tomba di Placido Rizzotto, sindacalista corleonese ucciso dalla mafia nel 1948, mi diressi verso la parte centrale del cimitero. Per qualche decina di minuti passeggiai tra le tombe cercando di non farmi influenzare da ciò che avevo letto sui libri che mi avevano narrato i fatti, i codici, i misteri della mafia, ma fu tutto inutile. Ad un tratto notai di avere addosso gli occhi di un inserviente del cimitero che, in quel momento, era intento a riempire alcune brocche d’acqua davanti ad una fontanella. In Sicilia capisci molto di chi ti sta di fronte già da uno sguardo, e io compresi che dovevo farmi avanti in maniera tanto rispettosa quanto decisa e si- cura. Passando vicino all’uomo, gli sorrisi cercando di mascherare la mia silenziosa inquietudine e di palesare una certa dose di serenità. Ma ecco arrivare subito la sua stoccata tagliente: "Ehi tu, cerchi qualcuno?". Non sapevo chi avevo davanti (quell’uomo avrebbe potuto essere un parente o un amico di chiunque), ma dal tono della sua voce intuii una velata apertura. Ebbi pochi secondi per calibrare una risposta che manifestasse al contempo delicatezza e curiosità. "Buongiorno! Sono qui di passaggio, stavo solo dando un’occhiata" risposi, cercando di fargli intuire le sfumature della mia mezza verità. Subito lui: "Se cerchi qualcuno, io ti posso aiutare". Toccava di nuovo a me. Sempre in maniera molto cauta, dissi che ero un appassionato di “vecchie storie”, ma che l’ultima cosa che volevo era essere invadente, in particolare all’interno di un cimitero. Lui si girò, prese le brocche in mano, e dopo qualche secondo mi disse: "La vedi questa piccola viuzza? Ti porta ad un albero. Conta due, tre tombe a sinistra dell’albero e troverai la tomba di Totò Riina. A poche lapidi di distanza, invece, c’è Bernardo Provenzano". Senza dirmi altro, l’uomo si dileguò nei meandri del campo santo.
Seguì esattamente le sue indicazioni. In pochi secondi mi ritrovai davanti alla lapide di Totò Riina, colui che aveva regnato per decenni sulla Commissione di Cosa Nostra e il primo responsabile dei più gravi ed eclatanti omicidi contro i più autorevoli simboli della lotta alla mafia. A fianco a lui, Binnu Provenzano, che da Riina prese il testimone di boss indiscusso di Cosa Nostra. Davanti a quei nomi resti inerme, non respiri. Ma pensi, pensi molto e ti lasci guidare dai sentimenti forti che nutri dentro.
Pensai a tutti quegli uomini innocenti che hanno perso la vita per la loro sete di potere, per la loro indegna predisposizione alla violenza, al ricatto, alla corruzione. Pensai alla politica ita- liana, che per decenni ha camminato per mano con un’entità che avrebbe dovuto contribuire a distruggere fin dal primo dopoguerra e che ha invece costituito, e ancora costituisce, uno dei suoi più importanti e succulenti bacini di voti. Pensai a quanto poco avessero a che fare con quelle storie le raffigurazioni di Dio, della Madonna e degli angeli presenti sulle tombe, il cui effetto paradossale era quello di offrire un’aura di sacralità e pace alle fotografie di quei volti sorridenti che mi guardavano.
Non ho lasciato alcuna preghiera su quelle tombe, ma solo uno sguardo sprezzante che si porta dietro un enorme desiderio di rivincita.
Questo libro è frutto anche di quel pomeriggio passato a Corleone. Spero davvero che, nel suo piccolo, possa contribuire ad accendere una luce di consapevolezza su fatti e misteri che hanno tenuto l’Italia in ombra per sessant’anni.

ANTIMAFIADuemila
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