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“Quando si uccide un giornalista è per ridurlo al silenzio.
Ma se lo ricordiamo e ne leggiamo gli scritti, allora ci parla ancora. Se continuiamo a raccontarlo, Mario Francese ha vinto e loro hanno perso.”
—
Carlo Lucarelli
La vera storia di Mario Francese che sfidò la mafia e del figlio Giuseppe che gli rese giustizia
“Un libro che lacera le coscienze.”
— Roberto Saviano
PALERMO 1979. Sdraiato sull’asfalto, sotto un telo bianco che lascia intravedere lineamenti familiari, c’è un uomo che è morto per una colpa imperdonabile: ha parlato. Quell’uomo si chiama Mario Francese e per primo ha osato scrivere della trasformazione imprenditoriale di Cosa nostra, degli interessi mafiosi intorno alla ricostruzione del Belice terremotato e alla realizzazione della diga Garcia. Suo figlio Giuseppe quel giorno ha dodici anni. Sente sei colpi di pistola, ma non sa che giù in strada giace il corpo di suo padre. A distanza di vent’anni ha cercato testimonianze, ha raccolto materiali, si è fatto giornalista investigativo per regolare i conti col passato. E alla fine è riuscito a far condannare mezza Cupola: Bagarella, Riina, Provenzano, esecutore e mandanti della morte del primo cronista a fare il nome di Totò Riina su un giornale. Ma purtroppo anche per Giuseppe è in agguato un terribile epilogo. Come due fili intrecciati, le vite di Mario e suo figlio seguono una traiettoria simile, un percorso che condurrà entrambi a una morte prematura. Questo libro ricostruisce la vicenda che portò all’uccisione di Mario Francese, raccontando al contempo la storia di un padre e di un figlio – e di un’intera famiglia – spezzata dalla violenza della mafia. E restituisce alla coscienza collettiva un patrimonio di onestà che il tempo non può e non deve cancellare.