Allo sfascio
di Giorgio Bongiovanni
Questa villa del Settecento fa pensare un po’ al nostro Paese. Grande, piena di storia, antica, ricca, bella. E allo sfascio. Fatiscente, sporca, corrosa nelle sue fondamenta, divenuta grigia come il cielo poco promettente che la sovrasta.
Al suo interno: saccheggiata. Dalla criminalità, dalla corruzione, dalla violenza, dalla povertà, dalla volgarità.
Una classe politica senza identità in cui i cittadini non si riconoscono più, attraversata da mille e più contraddizioni e unita solo su interessi trasversali e di pochi. Gli italiani vanno a votare incerti sul male minore e guardano con apatico sgomento la danza delle poltrone. Che pena!
Questa villa del Settecento è anche un bene confiscato. E fa pensare un po’ anche alla lotta alla mafia. Contraddittoria, debole, senza mezzi. Allo sfascio.
I magistrati non hanno la carta per le fotocopie e i mafiosi riciclano così tanti miliardi che non riusciamo nemmeno a contarli. I beni di cui, grazie agli sforzi di pochi, riusciamo a rientrare in possesso vengono lasciati marcire e si rischia con inavvedute, o avvedutissime ?, leggi di farli rientrare nelle mani della criminalità, magari vendendoli o mettendoli all’asta. E decine di giovani che potrebbero ritrovare proprio nei beni confiscati ai mafiosi l’inizio per costruirsi un futuro e una speranza se ne vanno, o peggio, imboccano vie senza più ritorno.
Il ministro dell’Interno Amato è rimasto sconcertato dalla mostruosa crescita della domanda di cocaina nel Paese e un caro amico impegnato da sempre in questa battaglia ci ha detto senza riserve: la guerra contro la droga è persa. Non c’è più niente da fare: è un’invasione. E con i soldi della droga si finanziano le armi e viceversa, si sobillano guerre, si rendono schiavi migliaia di esseri umani e si trasformano i bambini in soldati assassini o, peggio, li si vende come la più redditizia delle merci. Chi gestisce questi orridi business? Non sono forse le mafie? Così ricche e potenti da finanziare campagne elettorali e sostenere nazioni? E’ per questo che la lotta alle mafie non è mai tra le priorità dell’agenda dei governi, e non solo del terzo mondo?
Possibile che in un Paese come il nostro, insanguinato da stragi e omicidi eccellenti, si debba leggere che a boss mafiosi, colpevoli di reati gravissimi come Nino Madonia, venga revocato il 41 bis? Cioè ci permettiamo che uno tra i più spietati assassini del generale dalla Chiesa, stragista, la cui famiglia vanta tra le sue infauste gesta anche contatti con i servizi deviati negli attentati degli anni Settanta, riprenda i contatti con il mondo mafioso interno ed esterno alle carceri, davvero lo possiamo fare?
Sono consentite in Italia sottovalutazioni o superficialità di questo genere?
Ancora dobbiamo sentire dai racconti di un ex-mafioso che si era delineato il quadro perfetto per eliminare un altro servitore dello Stato? E per fare un favore ai soliti interessi di ambienti politico-economici.
E dall’altra invece le intercettazioni in cui i mafiosi si lamentano perché Cuffaro, il presidente della regione amico che doveva garantirgli tranquillità, nonostante le accuse, gira ancora libero. Almeno loro si fanno la domanda.
Questa è la mia rabbia!
Fortuna che vi sono uomini illuminati come Don Ciotti e altri Giusti che, animati dall’Amore per il prossimo, non si fermano mai e tracciano la via, nonostante i tempi bui e i cieli carichi di tempesta. Noi li seguiamo e li appoggiamo determinati a fare la nostra seppur piccola parte di dovere. Nella ferma speranza che un moto di indignazione e disgusto smuova le coscienze. Ma Cristo esiste e voi sapete, cari lettori, che io credo in Lui, come in suo Padre che si chiama Adonay. Ed è il Dio della Giustizia.