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Riina attacca lo Stato

di Giorgio Bongiovanni 

Nel silenzio più assoluto e nell’indifferenza sempre più ostentata è passato inosservato l’ultimo discorso-messaggio pronunciato dal capo di Cosa Nostra Totò Riina durante un’udienza al processo per il fallito attentato allo stadio Olimpico del ‘94.
Nelle parole del boss, che riportiamo integralmente, sono molti gli spunti per avventurarsi in più riflessioni. Ciò che però ha attirato maggiormente la nostra attenzione è il filo di collegamento che Riina traccia tra le stragi del ‘92 e del ‘93.
In ognuna di esse, per le quali è imputato e già condannato (l’ultimo ergastolo per le bombe del ‘93 gli è stato comminato proprio mentre scriviamo), il padrino richiama l’attenzione sulla presenza inquietante dei servizi segreti.
Il riferimento all’aereo per la strage di Capaci, il Castello Utveggio per quella di via D’Amelio e ancora i colloqui avuti da Di Carlo in carcere fino alla morte misteriosa di suo cugino Nino Gioè...
Comodo - dice - addossare tutte le colpe a Riina. Ma in Italia non si ha il coraggio di investigare seriamente sul perché, lo ripete, sul perché «io ho commesso questo delitto o ho fatto commettere questo delitto». Non si sa se per lapsus o per difficoltà grammaticali, sta di fatto che Riina lancia un messaggio preciso: cercate oltre me, cercate oltre Cosa Nostra, se volete sapere la verità.
E riallacciandosi a quanto già aveva detto in una precedente udienza circa la possibilità che la sua cattura sia stata frutto di un tradimento, si richiama alla trattativa e al ruolo del figlio Ciancimino, che accompagnò sempre il padre, ora scomparso, durante i vari incontri avuti con i carabinieri per pervenire all’arresto del boss. Chiede che questi possa essere interrogato, e domanda a voce alta: «Perché il figlio di Ciancimino non è stato mai sentito?».
Ancora. Dopo un riferimento al proiettile dei Boboli che sa più che altro di un suggerimento ripropone la domanda cruciale sul ruolo dell’allora Ministro degli Interni Mancino che, pochi giorni prima di quel 15 gennaio 1993, annunciò la storica cattura del boss. «Perché questo Ciancimino che collaborava con sto colonnello non ci viene a dire il perché cinque, sei giorni prima l’onorevole Mancino ci dice che Riina viene arrestato, ma a Mancino chi ce lo disse? Allora ci sono dei signori che mi ha venduto?»
Mi sta bene la verità, conclude. Purché venga cercata e pagata da tutti, non solo da me, dal «parafulmine d’Italia».
Anche a noi, oltre che ovviamente a tutti i familiari delle vittime, piacerebbe tanto sapere qual è la verità, nient’altro che la verità sulla morte dei giudici, delle loro scorte e dei civili, innocenti, che hanno pagato il conto per questo Stato fatto anche di Istituzioni deviate e devianti, che, come disse Falcone stesso, si sono rese responsabili di avere ispirato crimini efferati.

Dichiarazioni di Riina al processo per il fallito attentato all’Olimpico del 1993

“…Signor Presidente, la verità, è che io, forse allo Stato servo per parafulmine, perché tutto quello che succede in Italia e che è successo in Italia, all’ultimo si imputa a Riina, Riina è il parafulmine e Riina sta bene per tutte le “pietanze”, per tutte le “processe” che si vengono fatte a Riina o ai compagni di Riina. Quindi che cosa succede? Parlo di questa situazione qua di Firenze, ma se io sono lì (isolato in carcere ndr) che non ho contatti con nessuno, a chi lo mandai a dire, come lo mandai a dire, come sono ideatore, come lo ideai? Allora si cerca di… quello di Mazara, il pentito che dice… vabbé ma Riina abitava a Mazara, ma questo Sinacori che dice che Riina abitava a Mazara dice delle bugiarderie, dice delle cose che non sono vere, perché a Mazara, Signor Presidente, signori della Corte, c’è un mio fratello che si è fatto fidanzato nel ’72, si è sposato nel ’74, ha abitato sempre a Mazara, si è fatto la famiglia a Mazara, mio fratello è mazarese perché abita lì. Io da latitante come stavo a Mazara o facevo il Mazarese? Quindi sono anche cose inventate di questo signor Sinacori e cose…
Poi ci sono il discorso degli altri processi. Io mi trovavo nel processo Falcone.
Nel processo Falcone c’è un aereo nel cielo nel mentre che scoppia la bomba. Quest’aereo non si può trovare di chi è, allora quindi si condanna Riina perché certamente Riina è stato a compierlo.
Mi troviamo nel processo di Borsellino. Lì sul monte Pellegrino c’è l’hotel e nell’hotel ci sono i servizi segreti e quando succede che scoppia la bomba i servizi segreti scompaiono però non vengono mai citati perché si condanna a Riina, perché l’Italia così e combinata. Cioè quando Scalfaro dice “io non ci sto”, io devo dire, Signor Presidente, “io non ci sto!” a queste condanne così. Queste sono condanne di Stato, fatte a tavolino. Non sono condanne perché si cerca la verità, perché io ho commesso questo delitto o ho fatto commettere questo delitto.
Sono delle trovate assurde! Perché se lei vede il Di Carlo viene creduto quando accusa a me o accusa ad altri, ma quando il Di Carlo dice che sono andati a trovarlo nel carcere dell’Inghilterra i servizi segreti americani e quelli israeliani e quelli dell’Inghilterra perché volevano aiuto per uccidere a Falcone, lui c’ha nominato a suo cugino, quello che si venne a trovare poi impiccato al carcere di Roma, quindi che cosa succede? Che il cugino, poverino, si è messo a disposizione però poi c’ha lasciato le penne. E quindi questo qua c’andava per esempio a trovarlo pure il terrorista per commettere delitti, che questo terrorista… si cita, l’avvocato mio, Cianferoni, e altri lo citano per essere citato, però non si deve citare questo testimoni perché glil’ha mandato i servizi segreti, era mandato del colonnello Conforto che oggi è generale. C’è tutta una situazione per dire… c’è Brusca che dice che alle Boboli fece mettere un proiettile, Riina non sapeva niente…, però tutte cose vanno avanti, Signor Presidente. Quando l’avvocato chiede o cerca il testimonio del figlio di Ciancimino, il figlio di Ciancimino non è stato mai citato, non è stato mai sentito, perché non si deve sentire il figlio di Ciancimino che era in contatto con il colonnello dei carabinieri e l’allievo di quelli che mi hanno arrestato? Perché questo Ciancimino che collaborava con sto colonnello non ci viene a dire il perché cinque, sei giorni prima l’onorevole Mancino ci dice Riina in questi giorni viene arrestato, ma a Mancino chi ce lo disse cinque giorni prima che io venissi arrestato? E allora ci sono dei signori che mi ha venduto? Allora cercare la verità non è che significa commettere delitti, la verità sta bene a tutti, Signor Presidente, può stare pure bene a me, ma perché mi si deve condannare per le cose che io non so, che io non ho commesso e che io non ho fatto? Io, Signor Presidente, ringrazio a lei e alla Corte per avermi sentito, però mi sento la persona additato per dire: “tu sei il parafulmine dell’Italia! Tu devi pagare il conto di tutti!” E io sono qua, malato…malandato eh, ci affidiamo alla volontà di Dio… Che Dio può pensare anche per tutti”.

 

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