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Attacco alla procura di Palermo: non solo Cosa Nostra

di Giorgio Bongiovanni

La cosiddetta inchiesta “Ghiaccio 2” basata essenzialmente sulle interecettazioni ambientali ha rivelato che l’assessore Mimmo Miceli, schierato nelle liste del CDU e vicino al presidente della regione siciliana Totò Cuffaro conversava spesso e volentieri con il boss di Brancaccio Giuseppe Guttadauro con il quale avrebbe concordato anche le modalità della sua candidatura politica.
L’indagine sulle “Talpe in Procura” ha messo in luce la figura di Michele Aiello: l’imprenditore più facoltoso della Sicilia e presunto prestanome di Provenzano. La realtà è al contrario ben più complessa. Più che legato al boss latitante Aiello, dalle prime risultanze dell’inchiesta, può essere considerato un mafioso di primo rango, forse un uomo d’onore riservato, probabilmente il capo mandamento di Bagheria, una sorta di “Salvatore Biondino” che godeva di un rapporto di assoluto privilegio con Salvatore Riina.

All’incrocio di queste due inchieste imperversa l’ennesimo violento attacco alla Procura di Palermo.
“Le talpe”: Ciuro e Riolo, invece di ammettere le loro colpe e confessare la propria debolezza umana e tiepidezza, quindi propendere per una richiesta di patteggiamento sono passati all’attacco. Non tanto Riolo quanto piuttosto Ciuro.
Questi, con squallida vigliaccheria, ha inscenato una pantomima nella quale accusa altre presunte talpe “molto più in alto” di lui e fa dapprima i nomi dei procuratori Lo Forte e Palma per poi attribuire la responsabilità di tali dichiarazioni ad altri.
Ciuro è di fatto un uomo di Cosa Nostra.
Tratta direttamente con Aiello del cui spessore già si è accennato. Ormai non può più tirarsi indietro e di fronte alle scelte possibili: togliersi la vita, trincerarsi nel mutismo o proseguire la sua azione mafiosa, ha scelto quest’ultima.
E’ stato scoperto, quindi può solo cercare di servire Cosa Nostra attraverso depistaggi e calunnie infami nei confronti di nemici che gli saranno stati di certo indicati.
Ma Ciuro, a nostro avviso, non è solo al servizio della mafia, ma di ben altri poteri molto più forti e potenti i cui interessi convergono con quelli di Cosa Nostra, e questo sicuramente a sua insaputa.
L’obiettivo comune è attaccare la procura di Palermo, delegittimarla, infangarla e se dovesse rendersi necessario perfino eliminare un loro rappresentante.
In questo momento alcuni magistrati sono, per i particolari ruoli che hanno svolto e che svolgono e ancora di più per ciò che simboleggiano, nel mirino di questi poteri che non sono solo nazionali, ma anche internazionali.
Poiché all’interno di un sistema internazionale di alta finanza e politica dettata dall’Impero, e intendo riferirmi all’attuale governo degli Stati Uniti d’America e ai suoi sostenitori (non certo al popolo americano), di cui l’Italia è una provincia oggi governata da Berlusconi, ma potrebbe essere chiunque altro, una giustizia pulita, indipendente e rigorosa non può essere permessa.
Pietro Grasso, Guido Lo Forte, Roberto Scarpinato, Gian Carlo Caselli, Anna Maria Palma, Antonino Di Matteo, Gioacchino Natoli, Gaetano Paci e Alfonso Sabella hanno dimostrato di non essere controllabili, di saper applicare la legge ugualmente per tutti i cittadini, senza particolari riguardi per nessun potere. E un regime politico-economico internazionale esige una giustizia controllata. Questi magistrati pertanto sono una mina vagante che va estirpata. Con tutte le strategie possibili: una campagna mediatica attraverso gli organi di informazione del governo, come Il Giornale o il Foglio, e in minor parte anche dell’opposizione; tramite giornalisti come Lino Jannuzzi, Giancarlo Lehner, Giuliano Ferrara e altri che diffamano o tacciono a seconda dell’opportunità, oppure tramite talpe, mafiosi, mezzi mafiosi, colletti bianchi, leggi obbrobriose, deputati corrotti, sociologi, storici disonesti intellettualmente e financo giudici più impegnati a far carriera che giustizia.
Alla base del sistema oggi non esistono più schieramenti di destra o di sinistra, ma solo ed esclusivamente il mercato imperiale per cui non si possono raggiungere certi risultati economici eclatanti se non attraverso l’illecito. Quindi i cosiddetti pezzi grossi non si devono e non si possono toccare. E questi magistrati rappresentano per questo sistema un pericolo.
Caselli, Lo Forte, Scarpinato e Natoli non hanno temuto di processare l’uomo più importante d’Italia e nonostante le sentenze di assoluzione, chiunque abbia anche un briciolo di onestà non può non riconoscere che è stata provata la sua collusione mafiosa, almeno fino agli anni Ottanta. Ma in Italia la santificazione di Andreotti significa soltanto una cosa: che non si possono fare i processi mafia-politica.
Palma e Di Matteo, nei procedimenti per i cosiddetti Borsellino bis e ter, forse i più importanti della storia d’Italia oltre a quello di Capaci, non solo hanno processato tutta Cosa Nostra, ma hanno avuto il coraggio, assieme ad un altro di questi magistrati Luca Tescaroli, di condurre le indagini su Berlusconi e Dell’Utri accusandoli di essere i possibili mandanti esterni delle stragi del ‘92 e hanno interrogato, in pubblica udienza, che in teoria poteva essere ascoltata da tutta Italia, Salvatore Cancemi che riferiva di aver sentito pronunciare i loro nomi direttamente da Riina.
Questi magistrati non devono, secondo il sistema, né ora né in futuro intraprendere mai più iniziative alla ricerca di riscontri ed indizi che possano provare le collusioni mafiose dei potenti di turno. Quindi debbono essere attaccati!
Come Lo Forte in questo momento nel mirino di Ciuro che rappresenta il trait d’union tra Aiello, quindi l’imprenditoria, Cuffaro, quindi la politica, la mafia e altri ambienti esterni.
Ingroia, insieme a Mico Gozzo, è sotto tiro per il processo Dell’Utri, che secondo quanto riferito dal collaboratore Francesco Di Carlo è uomo d’onore. Se fosse vero questo vorrebbe dire che sarebbe ai massimi livelli di Cosa Nostra così come è ai massimi vertici del potere.
Ma in questa lontana provincia dell’Impero non si possono processare i potenti.
Lo stesso valga per Gaetano Paci, impegnato nel processo al deputato forzista Gaspare Giudice e nelle più recenti inchieste.
Alfonso Sabella, poi, oltre ad aver fatto arrestare tutta l’ala oltranzista dei corleonesi ha istruito il primo dei processi politici: quello contro Musotto. Non solo, ha rappresentato l’accusa anche nei confronti di Padre Mario Frittitta, simbolo di un altro potere forte, quello religioso della Chiesa Cattolica, una cui parte è invischiata negli affari di Cosa Nostra da tempo.
Il Procuratore di Palermo Grasso, nonostante le accese polemiche su scelte e metodologie avute con alcuni dei suoi aggiunti e sostituti, in merito alle quali abbiamo avuto modo di esprimere la nostra opinione, ha dimostrato di essere al di sopra della politica indagando il Presidente della Regione e dirigendo la procura in un momento difficilissimo e riuscendo, comunque, ad ottenere notevoli ed importanti successi. (Arresto di latitanti, sequestro di grossi quantitativi di droga, condanne esemplari, delicate inchieste su mafia-politica e mafia-imprenditoria che hanno portato alla scoperta delle Talpe, ecc...).
Con il potere che ancora detiene (potere che appunto stanno tentando con ogni mezzo di eliminare) il Pubblico Ministero è una minaccia non tollerabile per il sistema politico-finanziario-occulto-massonico-religioso- mafioso.
La strategia è quella classica: calunnia, delegittimazione, emarginazione... fino all’estrema ratio dell’eliminazione fisica.
E l’interesse politico, va sottolineato, è trasversale e converge con quello dei poteri forti anche d’oltreoceano. Poiché quando si tratta di mettere in difficoltà i magistrati di Palermo si muove anche Cosa Nostra americana. Prova ne sia che oggi, dopo 11 anni, Antonino Giuffré conferma che tra i mandanti esterni delle stragi vi era anche la mafia USA che aveva inviato i suoi avvocati mafiosi per chiedere a Riina e Provenzano, tramite Giuffré stesso, di sistemare la questione Falcone perché stava arrecando danno all’organizzazione e soprattutto all’economia americana illecita.
Sia chiaro che il rischio non riguarda solo i giudici qui citati, ma investe tutti i magistrati della DDA di Palermo, cioè: Lari, Pignatone, Morvillo, De Lucia, Asaro, Terranova, Guido, Gozzo, Siracusa, Prestipino, Russo, Sava, De Luca, Padova, Fasanelli, Sabella Marzia, Barbiera, Buzzolani.

 

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