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Omicidio dalla Chiesa: fu chiesto un “favore”a Cosa Nostra

di Giorgio Bongiovanni 

Avevo 19 anni quando lessi sul Giornale di Sicilia della strage di via Carini.
Non potrò mai dimenticare quella scritta «Qui è morta la speranza dei siciliani onesti».
Sono trascorsi ventuno anni da quell’eccidio.
Giustizia è stata fatta: sia i capi di Cosa Nostra che l’ordinarono sia i killer Nino Madonia, Giuseppe Lucchese, Pino Greco «scarpuzzedda» (poi assassinato) e altri sono stati condannati.
Fin da subito si parlò anche di mandanti esterni all’organizzazione criminale, se ne occupò il pool nel maxi processo, lo scrisse chiaramente il figlio del generale Dalla Chiesa Nando nel suo libro Delitto imperfetto, risultato delle inchieste che lo portarono sulla pista della DC siciliana e dei poteri deviati.
Oggi dopo tutto questo tempo la conferma che il delitto Dalla Chiesa sia stato un favore che Cosa Nostra ha accordato a qualcuno viene proprio da uno dei suoi capi. Ma non si tratta di un pentito, tutt’altro! Ma del rappresentante di uno dei mandamenti più importanti di Palermo: Brancaccio.
Giuseppe Guttadauro è stato intercettato mentre, comodamente seduto nel salotto della sua casa, dialoga con un suo sodale e lamentandosi del trattamento riservato all’organizzazione dai politici si sfoga rinnegando quel favore.
Nel 1982 qualcuno chiese a Salvatore Riina e Bernardo Provenzano, diventati capi di Cosa Nostra al prezzo di centinaia di vite, di eliminare un uomo che non aveva paura di nessuno e che infastidiva molti.
Manca quel tassello. Mancano ancora quei nomi e quei cognomi.
Si dice che il tempo sia più galantuomo degli uomini; prima o poi quei nomi ce li dirà.
Così arriverà la loro fine politica e anche spirituale.
Solo allora sarà veramente reso il giusto onore a uno dei più grandi martiri ed eroi della Repubblica italiana, il Generale di Corpo d’Armata Carlo Alberto dalla Chiesa.

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