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 Nella guerra tra politica e giudici i boss mafiosi stanno alla finestra

di Luca Tescaroli 

L’aggressione alla magistratura si fa, giorno dopo giorno, sempre più virulenta. Un’aggressione che si traduce nel proposito di taluno di incidere sull’autonomia e sull’indipendenza del pubblico ministero sottoponendolo all’autorità governativa. E’ in atto la rivincita della politica contro la giurisdizione, che aveva saputo diffondere nel Paese la convinzione che la Giustizia non fosse solo di classe. Tutto questo deve preoccupare chiunque nutra un minimo senso dello Stato, che evidentemente manca a quanti usano con leggerezza frasi che suonano come obbiettiva delegittimazione ed intimidazione dell’ordine giudiziario nella sua fondamentale funzione.Ed i mafiosi stanno a guardare come spettatori di una cruenta rappresentazione teatrale dove gli attori sono reali e le loro azioni foriere di conseguenze perniciose. E ciò accade in Italia ove vi sono intere aree geografiche nelle quali la prima garanzia da stabilire è quella dell’effettività delle leggi statuali e della difesa dei cittadini contro le intimidazioni e i delitti mafiosi . Mi chiedo quale possa essere l’impatto della conflittualità in atto tra apparati delle istituzioni sui signori dell’onorata società e quali possano essere le conseguenze. Tale stato di cose ha indotto e induce gli organi giudicanti ad orientarsi verso interpretazioni più rigorose e restrittive e contribuisce alla creazione di condizioni particolarmente favorevoli all’inserimento da parte dei sodali mafiosi di elementi di disturbo nelle investigazioni e nei processi come quello di falsi collaboratori di giustizia capaci di dosare informazioni veridiche ed altre mendaci. L’uomo d’onore percepisce la distrazione dello Stato, inteso nella sua globalità, e delle classi politiche sul terreno del contrasto alla criminalità organizzata ed avverte l’accettazione del potere mafioso nella coscienza media dei gruppi sociali. Reclama la sua parte, i detenuti si sentono abbandonati per la definitività del regime del carcere duro ( il 41 bis ), e lanciano proclami minatori dagli istituti penitenziari sperando in nuove regolamentazioni contenute in progetti di legge all’attenzione del Parlamento. I mafiosi liberi potrebbero muoversi verso l’effettuazione di nuovi attentati, e pretendere l’attuazione di pregressi accordi con uomini politici e muoversi verso la ricerca di nuove intese con referenti istituzionali. L’intreccio tra mafia e politica è molto più complesso di quanto si pensi e la mafia, capace di sfruttare le tensioni e le incertezze istituzionali, non è abituata a sentirsi trascurata e a non essere coinvolta nella gestione del potere e dei benefici che dallo stesso è avvezza trarre. I cittadini, a loro volta, non essendo posti nelle condizioni di percepire segnali non equivoci di un proposito istituzionale di aggressione alla mafia, non sono favoriti a mobilitare le loro energie contro Cosa Nostra, le altre associazioni mafiose ed i suoi alleati. Di qui la loro accettazione silenziosa delle attività e la loro indifferenza nei confronti dei morti ammazzati, delle lunghe latitanze dei boss e del condizionamento delle gare di appalto. Temi e problemi che ritengono costituire affari di pochi, gli addetti ai lavori. Questo è lo stato di cose auspicato dal mafioso che appare in sintonia con la strategia di non conflittualità dallo stesso portata avanti nei confronti dello Stato, sempre più orientato ad impegnare il proprio apparato repressivo a combattere criminali comuni extracomunitari ed invisibili e silenziosi guerrieri appartenenti a strutture internazionali ed a gruppi eversivi italiani, protesi a portare il terrore nel cuore delle città. E’ imprescindibile il richiamo al principio di responsabilità della politica affinché non commetta l’errore di inceppare l’antimafia e congelare la giurisdizione, con improvvide regolamentazioni della funzione requirente nel processo penale, ed inizi il confronto sui rimedi da adottare per affrontare durevolmente ed efficacemente la lotta alla criminalità mafiosa.

Luca Tescaroli - Pubblico ministero, Roma 

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