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Tremino politici e imprenditori di centro destra e centro sinistra

di Giorgio Bongiovanni

Gli utili rilevantissimi ricavati dalla produzione e dalla vendita dell’eroina, calcolati in diverse migliaia di miliardi, attraverso il cosiddetto riciclaggio, operato da istituti di credito, da casse rurali ed artigiane, alcune delle quali gestite, anche se per interposta persona, dagli stessi mafiosi, vengono investiti nell’edilizia, nella trasformazione agraria, in attività commerciali e industriali dall’apparenza del tutto lecita. Palermo, capoluogo della regione, è forse la sola città d’Italia nella quale si contano, a centinaia, i cantieri edili; è una delle poche città nella quale, malgrado la crisi economica, vengono aperti lussuosi negozi, dove si nota un certo benessere, dove il denaro circola abbondantemente.
L’accumulazione degli enormi profitti, tratti dalla produzione e dal commercio degli stupefacenti, dal contrabbando di tabacchi lavorati esteri, dalle estorsioni, dal cosiddetto pizzo, dai sequestri di persona, ha trasformato le famiglie mafiose in società imprenditrici.
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E’ questa una realtà nuova sulla quale si è rivolta recentemente l’attenzione di noti studiosi di sociologia e di economia. Si è rilevato da costoro che le famiglie mafiose, un tempo costituite e dirette da campieri e soprastanti, padroni e servi, in Sicilia, di baroni  e cavalieri, non sono più in condizione parassitaria, essendo diventate delle vere imprese che operano nell’edilizia, nell’agricoltura e nel commercio; e pertanto oltre che forza reazionaria e criminale, collegata da sempre col potere, la mafia, oggi, sarebbe diventata potenza economica che condizionerebbe financo il potere. Pur non negando validità a siffatta tesi, non si possono tuttavia condividere le conseguenze estreme alle quali gli stessi studiosi pervengono quando affermano che le organizzazioni mafiose, oggi, non avvertirebbero più la necessità di mantenere rapporti col potere. Chi scrive è convinto che, oggi più che ieri, la mafia inserita come è nella vita economica dell’isola non può fare a meno di tali rapporti; lo dimostrano avvenimenti, piuttosto recenti, che hanno visto imprese mafiose aggiudicarsi appalti di opere pubbliche per decine di miliardi estromettendo altre concorrenti, non mafiose, o comunque, non legate direttamente o indirettamente alla mafia.
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Se si dovesse dare interamente credito a notizie di stampa apparse in questi ultimi tempi, si dovrebbe ammettere che i gruppi e le famiglie mafiose che operano in campo internazionale nel settore degli stupefacenti, in modo particolare dell’eroina, sono finanziati e protetti da potenti società che gestiscono negli Usa istituti di credito con bilanci assai consistenti capaci di incidere nella vita economica non solo degli Usa, ma di taluni stati del centro e del sud America e del nostro paese. L’omicidio di Pio La Torre, deputato nazionale del Pci e segretario regionale in Sicilia, attivissimo combattente della lotta contro la mafia fin dagli anni dell’immediato dopoguerra, instancabile protagonista del movimento per la pace, organizzatore della campagna contro la installazione dei missili a Comiso, avvenuto a Palermo il 30-4-1982 con modalità tipicamente mafiose, sarebbe stato eseguito in attuazione di un disegno criminoso maturato in ambienti nei quali mafia, terrorismo politico e grossi interessi finanziari ed economici si fondono, nell’intento di porre ostacoli a quei movimenti progressisti che propugnano la libertà dell’uomo dallo strapotere economico-finanziario che lo soffoca.
E’ troppo presto per poter dire se una ipotesi siffatta abbia consistenza. La strage di Portella della Ginestra ed altri fatti delittuosi verificatisi in Sicilia in tempi recenti provano che la mafia – forza reazionaria per vocazione e per tradizione – non esita ad intervenire in favore del potere quando chi lo detiene ha timore di perderlo, o comunque tende a rafforzarlo ulteriormente. (Rocco Chinnici, Castelgandolfo 4/6 giugno 1982)
 
Non solo la natura sta portando terrore e scompenso in Sicilia. Di terremoto infatti ne è in arrivo un altro con epicentro Caccamo: la collaborazione del boss Nino Giuffré, inteso «manuzza».
E l’entità delle scosse si può gia intuire leggendo i profetici stralci di una conferenza che il Giudice Istruttore Rocco Chinnici tenne nel 1982 a Castelgandolfo, la cui sorprendente attualità potrà senza dubbio essere svelata dall’uomo che amministrava gli affari miliardari del superlatitante Bernardo Provenzano.
Rivelazioni sismiche che, a ragione, il Procuratore di Palermo Piero Grasso sta letteralmente blindando.
Ma sono molte le domande a cui ci piacerebbe rispondesse il neocollaboratore Giuffré.
Innanzitutto, nelle tasche di chi sono finite le migliaia di miliardi che Cosa Nostra ha ricavato dal giro del traffico di droga? Attraverso quali canali finanziari ed economici sono stati riciclati i soldi in Sicilia, in Italia e all’estero? Qual è il condizionamento che Cosa Nostra e le altre organizzazioni criminali, in testa la ‘Ndrangheta, possono esercitare sul nostro paese, a livello di politica e istituzioni, e nel mondo? Qual è il vero potere di Cosa Nostra oltre a quello intimidatorio?
Chi protegge la latitanza di Bernardo Provenzano?
Chi ha tratto immensi vantaggi dalla strategia stragista di Cosa Nostra?
Quali insospettabili finanzieri, banchieri, religiosi e politici, al di là del capro espiatorio Andreotti, danno protezione o collaborano da esterni con Cosa Nostra?
Qual è quindi il terzo livello mai esistito? E’ forse come cercò più volte di spiegare Falcone, vale a dire, nessun potere è in grado di dare ordini a Cosa Nostra poiché essa ormai siede al ponte di comando, insieme ad «altri», ed è parte stessa del potere?
Leonardo Messina parlava di una cupola mondiale, è ipotizzabile un collegamento tra le pericolosissime organizzazioni criminali internazionali come Cosa Nostra italiana e americana, ‘Ndrangheta, mafia russa e cartelli colombiani?
Quali sono i legami di Cosa Nostra con l’alta finanza italiana e americana?
Non possiamo assolutamente dimenticare che sulla elezione di Giuffré a capo mandamento influì la sua stretta parentela con Joe Stanfa, boss di Memphis. Dalle indagini degli inquirenti è emerso che oggi la mafia americana è riuscita ad infiltrarsi notevolemente nel mondo economico legale attraverso il perfetto inserimento dei figli o dei nipoti delle cinque famiglie mafiose di Cosa Nostra più potenti d’America (Gambino, Genovese, Lucchese, Bonanno, Colombo) all’interno di consigli di amministrazione di grandi multinazionali della finanza internazionale.
E’ su questi e altri temi che Antonino Giuffré potrebbe aprire scenari inaspettati quanto destabilizzanti.
Si comprende dunque la scelta di assoluta riservatezza del procuratore Grasso, ed è, forse, anche questo il motivo per cui ha incontrato il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Anche se non è da escludere che abbia voluto rassicurarlo circa la riacquisita serenità all’interno della Procura dopo la forte polemica insorta sulla gestione del pentito Giuffré, tempestivamente risolta grazie alla professionalità e all’alto senso di responsabilità dei magistrati Scarpinato, Lo Forte e del procuratore stesso.
Ci si aspetta poi che il collaboratore delinei il nuovo organigramma di Cosa Nostra e spieghi chi oltre a Provenzano, Salvatore Lo Piccolo, Matteo Messina Denaro, Andrea Manciaracina, Luigi Putrone e Joseph Focoso siano gli altri capimandamento o le nuove figure di cui già si parla.
Di questo sarebbe il caso di occuparsi piuttosto che perdere tempo in continue dietrologie sulla cattura o sul possibile traditore che lasciano il tempo che trovano. Conviene concentrarsi su quel che per ora si sa: che Giuffré è stato tradito, quindi vuole vendicarsi, senza, con tutto il rispetto, tralasciare la motivazione religiosa che lo avrebbe convinto al passo decisivo.
Ciò che invece è fondamentale, ma non conosciamo, è fino a quale limite vuole spingersi Giuffré e quanto possano essere compromettenti per l’apparente serenità della nostra democrazia le sue dichiarazioni.
Di recente il senatore Brutti ha detto in merito: “Molti politici devono tremare a Roma e a Palermo”. Io concordo, ma mi permetto di aggiungere che questi politici apparterranno  tanto alla destra quanto alla sinistra.
Giuffré ha la facoltà di confermare le accuse ad onorevoli appartenenti allo schieramento di governo imputati per mafia come Dell’Utri o Giudice, ma anche di spiegare con quali imprenditori, politici o forze istituzionali Cosa Nostra è venuta a patti durante i cinque anni di governo di centro sinistra.
Molti tremeranno a Palermo, altrettanti a Roma, perché Giuffré può finalmente rivelare, una volta per tutte, la mafia trasversale.

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