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Il Potere e la Mafia
A dieci anni dalle stragi

di Giorgio Bongiovanni 

A dieci anni dalle stragi
Dieci anni. Si commemorano le stragi di Capaci e via D’Amelio. Si ricordano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Francesca Morvillo e gli uomini delle loro scorte.
E’ trascorso molto tempo, eppure, se si guarda allo stato attuale della lotta alla mafia, sembra che il tempo si sia fermato, sembra che ben pochi si ricordino di Giovanni e di Paolo, del loro sacrificio, ma soprattutto del loro lavoro e delle loro lotte.

E’ per questo che abbiamo voluto onorare la loro memoria con quanto scrissero, anche più di quindici anni fa, su argomenti che sono ancora tanto attuali e che, tristemente, ripropongono questioni che sono al centro delle polemiche oggi come allora. Forse ci eravamo illusi che l’esempio di questi due fedeli servitori delle Istituzioni sarebbe stato sufficiente per chiudere definitivamente la partita. E per un po’ i successi giudiziari e la partecipazione dei cittadini avevano fatto ben sperare che la storia non si sarebbe più ripetuta. Ma non è così. Ancora i magistrati subiscono gli stessi vili attacchi delegittimanti che subirono loro, le leggi approvate ostacolano il lavoro, già di per sè difficilissimo e delicato, di contrasto alla potenza mafiosa, i giochi, grandi e piccoli, inghiottono gli sforzi investigativi e andiamo incontro al «diluvio universale».
Il vuoto lasciato da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino si fa ancora più grande. Abbiamo allora cercato di riportarli tra noi, per farci consigliare, per indicarci di nuovo la via, e in buona parte, per mettere a tacere coloro che si appropriano indebitamente delle loro valutazioni ed insegnamenti per poi travisarli a piacimento.
A tutti coloro che vissero o che operarono con Giovanni Falcone abbiamo chiesto di raccontarcelo, ognuno con la sua esperienza, ognuno con la sua storia. Abbiamo domandato come fosse «il metodo Falcone», quanto, vivere fianco a fianco con un personaggio di tale spessore abbia influito sulle loro vite e quanto manca loro e in che cosa.
Emerge il quadro di una persona umana, vera, vicina, ma anche di un professionista, forse il migliore, un riferimento, un amico, un consigliere, un capo, un fratello ... ucciso dal suo nemico, Cosa Nostra, ma anche dalla vigliaccheria di chi con la mafia è da sempre invischiato, di chi con Cosa Nostra ha trattato e, senza dubbio, continua a trattare.
Le parole più belle per ricordarlo, però, e siamo sicuri che nessuno se ne sentirà offeso, sono sicuramente quelle che Paolo Borsellino, il suo «fratello gemello», il suo erede unico, colui che con Falcone condivise tutto, anche il destino, gli dedicò il giorno dell’ultimo saluto all’amico, nella cattedrale di Palermo. Città capitale di quella terra «bellissima e disgraziata» che entrambi amarono fino all’estremo sacrificio.
Morì, è morto assieme a sua moglie, assieme agli agenti della sua scorta... Allora tutti sì che si accorgono che dimensione ha questa perdita. Anche coloro che per averlo denigrato, ostacolato, e talora odiato hanno perso il diritto di parlare.
Nessuno tuttavia ha perso il diritto, anzi il dovere sacrosanto di continuare questa lotta. Occorre evitare di ritornare indietro, occorre dare un senso a questa morte di Falcone, di sua moglie, della sua scorta.
Sono morti per noi e abbiamo un grosso debito verso di loro.
Questo debito dobbiamo pagarlo gioiosamente continuando la loro opera, facendo il nostro dovere, rispettando le leggi, anche quelle che ci impongono sacrifici, evitando di trarre dal sistema mafioso anche i benefici che possiamo trarne. Gli aiuti, le raccomandazioni, i posti di lavoro...
Testimoniando i valori in cui crediamo anche nelle aule di giustizia, accettando in pieno questa gravosa e bellissima eredità dimostrando a noi stessi e al mondo che FALCONE E’ VIVO!!!

 

ANTIMAFIADuemila
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