Il bacio del padrino
di Giorgio Bongiovanni
Storie di baci, di matrimoni principeschi e di inviti a cena. Nel nostro Paese cominciano a non contarsi più. E non sono solo i pentiti, i soliti calunniatori, a riferire degli episodi di vita inconscia in cui politici e uomini in vista vengono ritratti, spesso con fotografie e filmati, e ascoltati, tramite le intercettazioni telefoniche, mentre banchettano con i mafiosi.
Lo confermano anche le motivazioni delle sentenze, sebbene se spesso li vedono assolti, per insufficienza di prove. Così, nonostante la beatificazione, a quei pochi che hanno letto la sentenza Andreotti non sarà sfuggito che i giudici ritengono “sufficientemente provato” l’incontro del senatore con il boss di Cosa Nostra Andrea Mangiaracina, così come è stata ampiamente riscontrata la sua assidua frequentazione con i cugini Salvo, uomini d’onore di Cosa Nostra. Per quanto riguarda invece il famigerato bacio, scambiato con il capo assoluto Salvatore Riina, la Corte d’Appello, che in primo grado non ha creduto a Di Maggio, sta vagliando nuovamente l’ipotesi, nel processo di secondo grado.
Pure l’onorevole Mannino è stato assolto, non si riesce a spiegare però perché avesse fatto da testimone alle nozze di Gerlando Caruana, uno dei rampolli del potentissimo clan italo-canadese. Lui ha spiegato che era stato invitato dalla sposa e che nulla sapeva delle sue pericolose scelte amorose. Il pm, tuttavia, ha fatto presente che raramente i mafiosi invitano sconosciuti, tanto più se sono criminali di fama internazionale.
La malasorte vuole che anche il senatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri abbia presenziato ad un matrimonio un po’ sconveniente. Questa volta a Londra, dove convolavano a nozze Jimmy Fauci e signora, lui trafficante di droga, era in affari con Bontade in persona e aveva scelto come testimone di nozze Francesco Di Carlo, uomo d’onore della famiglia di Altofonte, oggi collaboratore di giustizia e teste di punta al processo a carico di Dell’Utri, accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso.
Analoga la recentissima vicenda del deputato di Forza Italia, Angelino Alfano, invitato alla cerimonia nuziale della figlia del boss di Palma di Montechiaro, Croce Napoli, oggi deceduto. Anche lui inconsapevole, seduto al posto sbagliato. Ancora, un bacio incriminante, peraltro filmato...
Dulcis in fundo, anche se di fatto non iscritto nel registro degli indagati, l’onorevole Bartolo Pellegrino è stato sentito dalla Procura di Palermo come persona informata dei fatti. Questa volta sono le intercettazioni ambientali a restituire una conversazione piuttosto sospetta in cui l’assessore regionale starebbe parlando con alcuni esponenti della cosca di Monreale, tra cui il mafioso Benedetto Buongusto, del controllo di alcuni beni confiscati a Cosa Nostra tramite la cooperativa “XXI marzo” che fa capo proprio al Buongusto, uomo legato al boss latitante Giuseppe Balsano.
“Lui non dovrebbe risultare in nessun posto”... “... perché se viene fuori che il gestore è lui... non succede niente, ma... siccome uno ha fatto l’infame con gli sbirri...”.
Stava parlando solo di politica quel giorno, nulla più.
Se poi andiamo a sfogliare l’album di famiglia, tutti ricorderanno il sorriso smagliante di “the voice” Frank Sinatra che brinda attorniato dai suoi amici Gambino, la famiglia newyorkese di Cosa Nostra americana. E per tornare a noi, Nitto Santapaola in compagnia di esponenti politici e dell’imprenditoria catanesi.
E chi sa quante storie stiamo tralasciando...
Sarà per difetto di memoria o per mancanza di discernimento che questi illustri signori si incontrano con boss mafiosi, che, è bene sottolinearlo, non sono mafiosetti da quattro soldi, ma quelli che comandano, senza ricordarsi di volti, nella maggior parte dei casi, arcinoti oppure della loro dubbia fama.
Una domanda ci sia concessa, ma per quali scopi rappresentanti del popolo hanno a che fare con personaggi sordidi, mostri sanguinari, autori di migliaia di omicidi, di stragi di uomini delle Istituzioni e di bambini ? Per dirsi cosa?
Comunque sia, questo è l’esempio di vita più lampante che, in osservanza del principio Lunardi, ci insegna a convivere con la mafia.
La guerra ai pentiti
Principio numero due: screditare i pentiti, “il nostro male peggiore”. Era l’ultimo desiderio di Salvatore Riina “ci dovessimo ammazzare tutta la settima generazione a partire dai bambini di sei anni”. Fortunatamente il proposito stragista ha subito una battuta d’arresto, non certamente la campagna di delegittimazione orchestrata in questi anni per distruggere l’istituto dei collaboratori che ha trovato il suo culmine nell’ultima disposizione di legge che tutto fa, tranne che incentivare i mafiosi a passare dalla parte dello Stato. Sarà per questo che la mafia si sente autorizzata a ritornare alle maniere forti? Sono stati assassinati, infatti, il fratello del pentito di ‘Ndrangheta Filippo Barreca e la nipote del pentito di Cosa Nostra Calogero Pulci. Entrambi importantissimi. Il primo perché sta confermando al pm Mollace, nel corso di un recente dibattimento “Quattrone Francesco + 14”, ciò che solo qualche anno fa fu tollerato dalla violenza criminale: le connessioni tra mala calabrese, massoneria e politica; il secondo, dopo un’iniziale reticenza e qualche tentativo di depistaggio, sta invece contribuendo in maniera fattiva al recupero di ingenti somme di denaro sporco e all’individuazione di quei personaggi politici che sarebbero in contatto con la cosca di Piddu Madonia, uno degli uomini più vicini a Provenzano. Ma, cosa più importante, sta fornendo agli inquirenti nuovi elementi circa le indagini sulle stragi e sui possibili mandanti esterni. Sebbene gli investigatori escludano la vendetta trasversale, ci rimane un dubbio. Perché questa reazione, proprio adesso, con questo clima di sfavore nei confronti dei collaboratori?