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Non rassegnati, resistiamo

di Giorgio Bongiovanni

Resistiamo, sebbene consapevoli che gli uomini del nostro governo, a parte qualcuno, non vogliono né combattere né tanto meno sconfiggere la mafia, ma hanno deliberatamente scelto la politica della convivenza. Resistiamo, anche se la maggior parte degli italiani riconosce l’esistenza di Cosa Nostra solo quando viene ucciso qualche giusto, ma ignora l’essenza profonda di questo male.
Giovanni Falcone sosteneva che Cosa Nostra fosse un fenomeno umano per cui, prima o poi, come tutte le umane cose, avrebbe avuto una fine, ma le sue parole trovano un senso logico solo se l’uomo decide di rinnovarsi culturalmente, moralmente e spiritualmente, e di spogliarsi di tutti quegli atteggiamenti interiori che danno alimento e forza alla mafia. Che è potente perché è ricca economicamente, perché ha collusioni a livello politico, finanziario, istituzionale, ma anche perché noi cittadini sposiamo spesso valori tipicamente mafiosi. Questo ci irrita, non lo ammetteremo mai, per noi la mafia è solo quella di Riina che dissemina di bombe il nostro bel paese, ma non è così.
Lo prova il fatto che in Italia è praticamente impossibile ottenere la condanna dei potenti, nonostante la mole incredibile di prove che attestano i loro rapporti con i mafiosi. Fortunatamente c’è stata qualche eccezione, come la condanna del giudice Carnevale, ma è quasi un caso isolato, si vedano il processo Andreotti così come si presti attenzione allo stravolgimento che sta avendo il fenomeno di «Mani Pulite».
Non è cambiato nulla dai tempi di Falcone e Borsellino, anzi la situazione è senz’altro peggiore. Le gravose parole dell’onorevole Violante circa il difficile clima che si sta vivendo, tanto da raffrontarlo a quello precedente le stragi, sono condivisibili se egli intende riferirsi alla possibile frattura interna a Cosa Nostra tra chi è in libertà e chi è detenuto. Tuttavia se Provenzano e i suoi riusciranno ad ottenere il riconoscimento della  dissociazione, allora a mio avviso non vi sarà alcun pericolo di bombe, perché la «trattativa» sarà andata in porto.
Credo che le accorate parole di Saverio Borrelli in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario siano l’ultimo appello ad una vera resistenza da opporre ad un regime pressoché dittatoriale che, oltre a disporre del suo esercito ufficiale composto da carabinieri, polizia e guardia di finanza, mira ad annettere al suo nefasto potere la nuova Cosa Nostra. Una nuova mafia, priva dei vecchi corleonesi, sì anche di Provenzano!, comandata da giovani rampanti e sanguinari che hanno saputo seguire sia la linea di Riina che quella del boss   latitante; e tra questi emerge senza dubbio, Matteo Messina Denaro, per farne il braccio armato pronto, in qualsiasi momento, a risolvere la fastidiosa possibile interferenza di qualche magistrato, giornalista, imprenditore o politico rompipalle.
Io sono un credente e prego che ciò non avvenga, ma se dovesse esserci un altro delitto eccellente, tutti noi, cittadini, dovremo assumerci la nostra parte di responsabilità perché la nostra apatia è complice, così come la nostra voluta ignoranza.
C’è anche la nostra colpevole indifferenza dietro all’inciuciosa, omertosa e omissiva politica di centrosinistra dal 1995 al 2001 che invece avrebbe dovuto sostenere i magistrati in prima linea. E se le parole del pentito Di Carlo che accusa il senatore Marcello Dell’Utri di “appartenere a Cosa Nostra” dovessero essere riscontrate, nell’attesa delle sentenze di I°, II° e III° grado, allora sapremo definitivamente che la mafia è al governo.

ANTIMAFIADuemila
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