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Un tribunale di New York ha riconosciuto Genaro Garcia Luna, già ministro della Sicurezza del Messico, colpevole di cinque reati, quattro dei quali collegati al traffico degli stupefacenti organizzato dalle potenti bande criminali che doveva combattere. A riportare la notizia è l’agenzia Nova. 
Ascoltate le parole di 26 testimoni, i giurati hanno confermato all'unanimità - tra le altre - l'accusa secondo cui Garcia Luna avrebbe ricevuto milioni direttamente dal Cartello di Sinaloa, la banda un tempo guidata da Joaquin "El Chapo" Guzman, il boss che sta scontando diversi ergastoli proprio nelle carceri Usa. 
Durante il processo i legali dell'ex ministro hanno sottolineato il profilo "criminale" di gran parte dei testimoni, in cerca solo di "sconti e patteggiamenti di pena". Entro il 7 aprile, il collegio di difesa potrà presentare appello. 
Secondo le valutazioni della procura, i reati potrebbero portare a pene comprese tra i venti anni e l'ergastolo, ma per conoscere l'entità della pena comminata occorrerà attendere il 27 giugno. Si tratta del funzionario messicano di più alto rango a ricevere una condanna dalla giustizia statunitense. 
Nello specifico Garcia Luna è stato riconosciuto partecipe di una "organizzazione criminale", di aver "cospirato" per l'importazione, la distribuzione internazionale, il possesso di cocaina e dichiarazioni false per ottenere la cittadinanza Usa. L'ex ministro, ha detto il procuratore Breon Peace, "adesso vivrà il resto della sua vita essendo svelato come un traditore del suo Paese e dei membri onesti delle agenzie legali che hanno rischiato la loro vita per smantellare i cartelli della droga". 
Per l'agente speciale Ivan J. Arvelo, "le organizzazioni criminali al livello del Cartello di Sinaloa non possono funzionare senza l'appoggio di politici corrotti come Genaro Garcia Luna". 
Così come ricostruito dall'accusa Genaro Garcia Luna, 54 anni, è stato dal 2001 al 2006 a capo dell'Agenzia federale investigativa (Afi), sotto la presidenza di Vicente Fox Quesada, e dal 2006 al 2012 ministro della Sicurezza nel governo dell'allora presidente, Felipe Calderon. Una collaborazione che si rivelò centrale nella "guerra alla droga" lanciata da Calderon, un programma di "tolleranza zero" contro i Cartelli portato avanti, soprattutto, con l'impiego dell'esercito in funzioni di polizia militare. I numeri hanno però certificato una impennata delle morti violente - 120.935 omicidi nel sessennio di governo -, frutto non solo dell'acuirsi dello scontro interno, ma anche del coinvolgimento, spesso coatto, dei militari negli scontri tra bande.

Foto © Defense Visual Information Distribution Service

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