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Il traffico degli stupefacenti così come quello delle armi, dei rifiuti nocivi e pericolosi, degli esseri umani, addirittura degli organi umani, è una tipica manifestazione della criminalità transnazionale che si caratterizza per l’intervento di gruppi criminali di diversi Stati che agiscono sinergicamente fra loro, ricevendo da ciò, ciascuno di essi, un “valore aggiunto” alla loro originaria potenza.

La transnazionalità del crimine è, poi, frutto e conseguenza della mobilità delle “merci” (fra queste anche le persone considerate tali da chi le “maneggia”) che costituiscono oggetto dei mercati illeciti e che devono, pertanto, essere trasferite dai luoghi di produzione a quelli di destinazione finale, attraverso i territori di “Stati ponte”.

È dunque necessario acquisire, per contrastare il fenomeno sotto il profilo della elaborazione di linee di politica criminale ma anche per valutare l’orizzonte entro il quale la singola investigazione si muove, la possibilità di una lettura globale dei dati, delle metodologie di azione, delle rotte dalle quali – e mediante le quali – il traffico degli stupefacenti è caratterizzato, attivato e movimentato nel mondo. La leale collaborazione tra le forze di polizia in questo ambito è fondamentale.

Il narcotraffico continua ad essere l’attività criminale più redditizia, una miniera di denaro i cui rivoli scorrono in varie direzioni ma tutte contrarie al tessuto fondante di uno Stato che voglia dirsi tale. Un rivolo si incanala verso la creazione di attività solo apparentemente lecite che, oltre ad adempiere alla diversificazione degli investimenti, hanno quello di coagulare il consenso sociale e di consentire il controllo del territorio.

Un altro filone di denaro va a governanti corrotti che, dunque, non attueranno politiche di contrasto al narcotraffico. E questo dimostra l’assunto secondo cui quando l’economia e il denaro sono nelle mani della criminalità, difficile è il percorso verso la democrazia perché i gruppi criminali – che rifuggono la trasparenza – hanno la possibilità di inquinare, strumentalizzandola ai propri fini, la classe politica della quale entrano anche a far parte con propri rappresentanti.

La terza porzione di denaro è diretta, infine, al finanziamento di gruppi terroristici, anch’essi a direzione transnazionale, che vogliono destabilizzare gli Stati governati da istituzioni democratiche. La lotta al narcotraffico, dunque, non può essere disgiunta da quella ai proventi che ne derivano.

L’impegno per le forze di polizia e la magistratura è dunque straordinariamente grande e la strada da percorrere è quella che passa attraverso alcuni snodi che debbono costituire il “contraltare” alla narcoglobalizzazione: l’armonizzazione delle normative e l’incentivazione a strumenti e strutture (le squadre investigative comuni) che le rendano operative.

Il crimine transnazionale ha “abolito” lo spazio mentre gli Stati trovano ancora un limite alla loro azione nel territorio.

È necessario, dunque, che anche gli Stati “aboliscano” lo spazio quando esso si pone come limite alla repressione di delitti quali il narcotraffico. Qualcosa è stato fatto negli ultimi anni ma c’è ancora molto da fare per un’azione di contrasto più incisiva anche se l’antidroga sembra interessare sempre meno la politica.
(2 Febbraio 2022)

Tratto da: liberainformazione.org

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