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E intanto il presidente López Obrador adotta una politica pacifista

I narcos messicani appartenenti al violentissimo cartello di Jalisco hanno iniziato una pesante offensiva contro diversi membri di una forza di polizia d'élite di Guanajuato, considerato lo Stato più violento del Messico. Il modus operandi finora messo in atto è quello di rapirli dalle loro case, torturali per farsi dire i nomi dei colleghi e ucciderli. I poliziotti identificati vengono poi direttamente assassinati nelle loro abitazioni oppure davanti alle loro famiglie come monito.
Lo scopo di questa offensiva, secondo le autorità locali, sarebbe quella di sradicare la forza statale d'élite nota come "il gruppo tattico" che la banda accusa di trattare ingiustamente i suoi membri. "Se vuoi la guerra, otterrai una guerra. Abbiamo già dimostrato che sappiamo dove sei. Stiamo arrivando per tutti voi", si legge in uno striscione stampato, firmato dal cartello e appeso a un edificio a Guanajuato a maggio. "Per ogni membro della nostra azienda (CJNG) che arresti, uccideremo due dei tuoi tattici, ovunque si trovino, nelle loro case, nei loro veicoli di pattuglia", si leggeva ancora sullo striscione.
L'analista della sicurezza di Guanajuato, David Saucedo, ha affermato, che "questa è una guerra aperta contro le forze di sicurezza del governo statale. Il CJNG sta dando la caccia alle forze di polizia d'élite di Guanajuato" e che "molti agenti hanno deciso di disertare. Hanno preso le loro famiglie, hanno abbandonato le loro case e stanno scappando e si nascondono".
In base alle notizie fornite, la situazione nella zona è diventata così grave che il Governo messicano ha redatto un decreto speciale il 17 maggio con lo scopo di fornire un importo imprecisato di finanziamenti per i meccanismi di protezione della polizia e dei funzionari carcerari. "Purtroppo, i gruppi della criminalità organizzata si sono presentati nelle case degli agenti di polizia - si legge nel decreto - il che rappresenta una minaccia e un rischio maggiore di perdita di vite umane, non solo per loro, ma anche per i membri delle loro famiglie" e poi ancora "sono stati costretti a lasciare rapidamente le loro case e trasferirsi, in modo che i gruppi criminali non possano trovarli".
Andrés Manuel López Obrador, attuale presidente del Messico, ha cercato di contenere la violenza con un approccio risibile, definito di "abbracci, non proiettili". Infatti da quando è entrato in carica alla fine del 2008 ha evitato di confrontarsi apertamente con i cartelli della droga e ha persino rilasciato un capo (Ovidio Guzmán López, figlio di Joaquín “El Chapo” Guzmán) al fine di "evitare ulteriori scontri".
Un approccio al problema del narcotraffico fortemente criticato dall'ex ambasciatore americano Christopher Landau, il quale ha detto che "il presidente Lopez Obrador vede la lotta contro i cartelli della droga come una distrazione. Quindi ha sostanzialmente adottato un programma di laissez-faire nei loro confronti, che è piuttosto preoccupante per il nostro governo".
Finora il numero preciso delle vittime è difficile da stabilire ma la cooperativa di notizie di Guanajuato, la Poplab, ha affermato che i poliziotti uccisi sarebbero almeno sette. 
Inoltre, secondo le statistiche fornite, Guanajuato si classifica come lo Stato con più alto numero di poliziotti uccisi dal 2018 al 2021. Tra il 2018 e il 12 maggio, per fare un esempio, sono stati uccisi un totale di 262 poliziotti, con una media di circa 75 agenti ogni anno, più di tutti quelli uccisi in media negli Stati Uniti - tra sparatorie e assalti - che hanno 50 volte la popolazione di Guanajuato.

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