Nel covo fatto di paranoia e lusso, le autorità hanno rinvenuto diversi telefoni “usa e getta”, laptop e armi di tipo militare
Tale padre, tale figlio. Questo è ciò che verrebbe da pensare davanti all’ultima fuga di Iván Archivaldo Guzmán, figlio di Joaquín “El Chapo” Guzmán, attualmente uno dei maggiori trafficanti di fentanyl al mondo. All’inizio dell’anno, le forze speciali messicane hanno lanciato un’operazione ad alto rischio nella città di Culiacán, cuore pulsante del cartello di Sinaloa, con l’obiettivo di catturare, appunto, il figlio di “El Chapo”. Nonostante l’elevata segretezza dell’operazione, il noto narcotrafficante è riuscito ancora una volta a scappare. Ci è riuscito dandosi alla macchia attraverso un tunnel nascosto dietro un armadietto del bagno: un espediente che ricorda molto i metodi usati dal padre per evadere, nel 2015, da un carcere di massima sicurezza. Il passaggio sotterraneo, ben strutturato e sufficientemente alto da permettere di camminarci, conduceva fino a un’abitazione abbandonata distante tre isolati. Da lì, Iván Guzmán si sarebbe dissolto tra le strade di Culiacán.
All’interno della casa abbandonata - ha fatto sapere il Wall Street Journal - sono stati rinvenuti oltre quindici telefoni “usa e getta”, computer portatili, fotografie di famiglia e cimeli sportivi. Tutti elementi che suggeriscono una presenza continua all’interno dell’abitazione, trascorsa quasi certamente tra le paranoie di chi teme di poter essere catturato da un momento all’altro. Guzmán, oggi quarantunenne, ha preso le redini del cartello dopo la cattura del padre avvenuta nel 2016 e la sua successiva estradizione e condanna all’ergastolo negli Stati Uniti. Da allora, Iván ha consolidato sempre di più il suo potere all’interno del cartello della droga chiamato “Chapitos”, accrescendo senza sosta la propria influenza nel traffico di fentanyl: un mercato tanto redditizio quanto letale per i suoi consumatori.
Ad ogni modo, Iván Archivaldo Guzmán non è un semplice boss del narcotraffico, conosciuto per essere “figlio d’arte”. È anche il volto più feroce della nuova generazione di “narcojuniors”, cresciuti nel lusso e temprati dalla violenza. Non è un caso, infatti, che proprio le autorità degli Stati Uniti - dove l’emergenza fentanyl è in piena espansione - lo descrivano come uno dei più brutali esponenti della nuova élite criminale. Fu sua, infatti, la capacità di organizzare, nel 2019, in poche ore, una vera e propria forza armata composta da centinaia di uomini per costringere l’esercito a liberare suo fratello Ovidio, arrestato proprio in quel momento. La repressione, durissima, è arrivata solo diversi anni dopo: nel 2023, con una nuova operazione che provocò uno scontro sanguinoso, durante il quale morirono più di 150 uomini armati del cartello, insieme a dieci soldati. Ovidio fu catturato ed estradato negli Stati Uniti, dove ora sta negoziando un accordo con la giustizia americana.
Intanto, Iván resta libero e continua a guidare la sua fazione in una guerra sotterranea contro bande rivali per il controllo del territorio. Continua, dunque, la sua latitanza, favorita non solo dalla fortuna e dalle abilità personali, ma anche da un vero e proprio sistema di protezione capillare, che si estende in ogni angolo di Culiacán; dove decine di uomini armati si muovono sempre insieme a lui durante i suoi spostamenti, con molti altri fedelissimi posizionati ovunque per informare il narcotrafficante di qualsiasi movimento ritenuto sospetto. Operatori aeroportuali, impiegati d’hotel, poliziotti corrotti, venditori ambulanti: tutti partecipano, volontariamente o meno, alla sua protezione. Nemmeno i lavavetri e i venditori di tamales sono esclusi dal dover contribuire a questa rete di sorveglianza attiva, fatta di sentinelle sempre presenti sul campo.
Come dicevamo, all’inizio di quest’anno le autorità messicane sembravano essere finalmente molto vicine alla cattura di Guzmán. Lo scorso febbraio, dopo aver arrestato uno dei suoi piloti e due luogotenenti fidati, le autorità sono riuscite, infatti, a risalire al suo rifugio. Giunti davanti all’abitazione, quando le forze speciali hanno sfondato la porta blindata si sono trovate davanti ai segni inequivocabili della sua presenza in quella casa: fotografie familiari appese alle pareti, cimeli firmati da famose stelle del baseball, armi di livello militare. Intanto, la presidente messicana Claudia Sheinbaum continua a subire pressioni da parte degli Stati Uniti, che chiedono maggiore impegno contro i cartelli della droga messicani. Il presidente Trump, nel frattempo, ha spinto pesantemente per un’operazione ancora più drastica: permettere all’esercito americano di intervenire direttamente sul suolo messicano contro i narcos.
Foto © jenikirbyhistory.getarchive.net
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