La crisi di violenza che sta dilaniando gli stati di Sinaloa e Chiapas rappresenta la prima grande sfida per il nuovo governo messicano, guidato dalla presidente Claudia Sheinbaum. Entrata in carica il 1 ottobre 2024, Sheinbaum si è trovata di fronte a una realtà devastante: il controllo del narcotraffico su intere città, come Culiacán, e l'escalation di violenza che ha trasformato il paese in un campo di battaglia quotidiano.
A Sinaloa, culla di alcuni dei più potenti cartelli della droga, le sparatorie tra bande rivali sono all'ordine del giorno. Le scuole sono chiuse, le attività commerciali paralizzate, e molte strade sono diventate deserte. La città di Culiacán, in particolare, vive in uno stato di perenne paura, con la popolazione che si ritrova a convivere con una violenza che non conosce tregua. La causa scatenante di questa ondata di violenza sembra essere stata l’arresto, a luglio, di Ismael 'El Mayo' Zambada, uno dei capi del Cartello di Sinaloa, e di Joaquín Guzmán López, figlio del celebre narcotrafficante Joaquín 'El Chapo' Guzmán.
Le tensioni, già alte tra le fazioni del cartello, sono esplose in un vero e proprio conflitto armato tra il gruppo dei "Chapitos", legato ai figli di 'El Chapo', e quello dei "Mayitos", sostenitori di Zambada. Da settembre, Sinaloa è immersa in una spirale di violenza che le forze di sicurezza, nonostante il potenziamento della presenza militare, non riescono a fermare. La presidente Sheinbaum ha promesso di affrontare il problema, ma ha chiarito che non seguirà la stessa linea militare del suo predecessore Felipe Calderón, che nel 2006 dichiarò guerra ai cartelli con conseguenze devastanti.
Nel frattempo, anche a sud del Paese, la situazione è drammatica. In Chiapas, l'assassinio del sacerdote Marcelo Pérez Pérez, una figura di riferimento della comunità indigena, ha scosso profondamente l’opinione pubblica. Pérez Pérez era noto per le sue denunce contro l’ingerenza dei cartelli nella regione e per la difesa dei diritti della popolazione locale. Il suo omicidio, avvenuto a San Cristóbal de las Casas, ha evidenziato il crescente controllo del crimine organizzato in questa regione, tradizionalmente meno esposta alla violenza rispetto a Sinaloa.
La presidente Sheinbaum, però, ha più volte ribadito che la risposta non sarà militare, né a Sinaloa né a Chiapas. Invece, il suo governo si concentrerà su misure a lungo termine per risolvere le cause profonde del narcotraffico: la povertà, la mancanza di opportunità per i giovani e la debolezza delle istituzioni locali. "Non ripeteremo la guerra al narcotraffico che ha solo causato più morti e sofferenze", ha affermato Sheinbaum in una delle sue conferenze mattutine.
Ciononostante, le critiche non mancano. Alcuni media accusano il governo di non dare sufficiente attenzione ad altri stati, come Guanajuato, dove la violenza è altrettanto grave, se non peggiore. In effetti, Guanajuato, governato dall'opposizione, registra il maggior numero di omicidi a livello nazionale, ma le notizie tendono a focalizzarsi sulle regioni governate dal partito di Sheinbaum.
La governatrice di Guanajuato, Libia García, si è incontrata di recente con la presidente per discutere di una strategia congiunta contro i cartelli che operano nella sua regione. "Non c'è dubbio che la violenza in tutto il Paese sia una delle sfide più grandi del nostro tempo", ha dichiarato García. "Ma dobbiamo lavorare insieme per garantire la sicurezza dei nostri cittadini, indipendentemente dalle nostre differenze politiche."
Con il Messico stretto nella morsa del narcotraffico e delle faide tra cartelli, la domanda che tutti si pongono è se la nuova strategia di Sheinbaum riuscirà a spezzare questo ciclo di violenza. Il suo approccio, centrato su riforme sociali e miglioramento delle condizioni di vita, è ambizioso, ma i risultati, come la stessa presidente ha riconosciuto, non saranno immediati.
Foto © Imagoeconomica

La violenza dei narcos a Sinaloa e Chiapas sfida il governo di Claudia Sheinbaum
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