Alcuni giorni fa, in Perù, è stato catturato Franco Pompili, ricercato in Italia per traffico di stupefacenti e latitante da ben 22 anni.
Il “nonno della droga”, così veniva chiamato nell’ambiente criminale, viveva in Perù da una decina di anni e aveva tenuto i collegamenti con il gruppo criminale con base ad Ostia capeggiato dal boss Carmine Fasciani, organizzando spedizioni di cocaina in Italia e in Europa.
La vicenda ci da lo spunto per ricordare qualcosa di questo paese che rimane sempre il secondo produttore di cocaina al mondo. Un paese che solo dal 1978, con le elezioni di un’Assemblea costituente, ha assunto le sembianze di un paese di democrazia almeno formale che si è andato sviluppando, non senza contraddizioni e sussulti, fino al referendum dell’ottobre 1993, con la conferma di stretta misura della Carta Costituzionale voluta dall’allora presidente Fujimori condannato, negli anni seguenti, a 25 anni di carcere per violenze e torture durante la guerra civile compiute dai paramilitari legati ai servizi segreti contro il gruppo guerrigliero Sendero Luminoso. Nel dicembre 2023 Fujimori è stato scarcerato a seguito di una decisione della Corte Costituzionale peruviana.
In generale, poi, si registra una certa sfiducia nella polizia i cui membri, in passato, si sono macchiati spesso di reati di corruzione o di violenza. Anche tra i giudici si sono manifestati numerosi casi di corruzione. In questo quadro, che presenta notevoli squilibri e arretratezze, si deve inserire il discorso sulla criminalità organizzata che, anche da queste parti, fa perno sul traffico di droga.
Il fenomeno droga in Perù, come ha ricordato anche la DCSA nella sua ultima relazione annuale (2023 su dati 2022), “affonda le sue radici nella tradizione storico-sociale del Paese; basti pensare all’uso delle foglie di coca da parte delle tribù andine come anestetico per combattere la “fame d’aria” ed il freddo in alta quota”.
Sono ormai circa 80mila gli ettari coltivati a foglie di coca (erano poco più di 61mila nel 2020) con una produzione stimata di cocaina di oltre 800 tonnellate (poco più di 44 ton sequestrate di pasta basica e cloridrato di cocaina nel 2022) e, dopo un periodo di diminuzione delle eradicazioni nel biennio 2020-2021 si è registrata una ripresa nel 2022 che ha interessato ampie zone del paese per circa 21mila ettari di arbusti eradicati.
Le zone di produzione sono la Valle del Rio Huallaga (dipartimenti di Huanuco e San Martin), dell’Aguaytia (dipartimento di Ucayali), del Rio Maranon (dipartimento di Amazonas Las Libertad e Loreto), dell’Ene e dell’Apurimac (dipartimento di Aiacucho), dell’Urubamba (dipartimento di Cuzco), di Tambolada (dipartimento di Madre de Dios). Il commercio si sviluppa per via aerea, attraverso le “avionetas”, piccoli aerei privati che usufruiscono di piste seminascoste nella giungla amazzonica, oppure per via fluviale o marittima.
Il punto dolente da decenni della politica antidroga è quello legato alla riconversione delle aree coltivate a coca, che interessano diverse decine di migliaia di contadini. L’esercizio di una azione governativa in questa direzione può esercitarsi solo a patto di usufruire di un forte aiuto internazionale, secondo il principio della spartizione della responsabilità tra paesi produttori e paesi consumatori e di transito, un principio spesso invocato e mai osservato.
Le organizzazioni locali risultano composte da pochi uomini (massimo una decina, sporadica la presenza femminile), spesso legati al capo da parentela diretta o indiretta. Si occupano della coltivazione, della gestione dei laboratori, della vendita delle partite di pasta base, del trasporto, del lavaggio del denaro e, talvolta, della protezione degli acquirenti. La zona del Perù in cui negli anni le forze di polizia sono riuscite a intervenire con una certa efficacia è la valle del fiume Huallaga dove sono stati individuati una trentina di gruppi criminali costretti a spostarsi verso sud e verso est, dalle parti del rio Ene, dell’Apurimac e del Tambo.
Esponenti della criminalità italiana (e tedesca) sono presenti da molto tempo e, tra questi, ricordiamo la partecipazione, anni fa, dei fratelli David e Fabio Bisceglie e di Giovanni Polillo che in combutta con gruppi peruviani inviavano cocaina nel nostro paese attraverso Mosca e Varsavia, usando come nascondiglio la suola delle scarpe.
Tratto da: liberainformazione.org