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A 48 anni dalla dittatura militare, imprenditoriale ed ecclesiastica una marea di corporazioni e collettivi in Plaza de Mayo

Storico è dire poco. È stata resistenza pura la mobilitazione di questo 24 marzo nella città di Buenos Aires ed in altre città dell'interno del paese, 48 anni dopo il colpo militare imprenditoriale ed ecclesiastico in Argentina. Una ferma espressione popolare di rivendicazione del “Nunca más” e un confronto con il potere, dimostrando la piena validità della lotta sociale ed il più che meritato omaggio ai 30.000 desaparecidos.   
Ancora una volta, il gran viale di Mayo è stato il palcoscenico naturale del sentimento più nobile dei popoli liberi, come quello di esercitare la protesta sociale e ricordare - non certo in termini di celebrazione - una dittatura che oggi si cerca di negare, da nefasti seggi governativi, giustificando un terrorismo di Stato che ha lasciato un orrendo saldo di morte.   
È stata una giornata memorabile ed eroica. Perché il collettivo popolare militante del paese fratello si è incaricato di mostrare al mondo intero qualcosa che chi governa oggi - Javier Milei e Victoria Villarruel oltre a dei sinistri personaggi affini, come il responsabile del Ministero della Sicurezza Patricia Bullrich - non ha contemplato, ossia che a 48 anni dalla dittatura - ad opera della casta militare e forze di polizia - le mobilitazioni popolari non si sono arrese, né sono state sconfitte dal silenzio o dalle paure imposte dall’ombra. Come è accaduto quando una donna membro del collettivo di Diritti Umani “Hijos” (Figli, ndr.), è stata aggredita e violentata nella propria abitazione; o quando, qualche ora fa, è emerso che il governo Milei ha cercato di abbozzare - sulla base di artifici giuridici infondati- la liberazione dei repressori, la maggior parte dei quali gode degli arresti domiciliari o di detenzione in strutture “carcerarie” (fin troppo comode) in Campo de Mayo.
La cosa più inimmaginabile, in quanto a resistenza popolare, si è visto oggi nella marcia da Plaza del Congreso fino a Plaza de Mayo, dove si è svolta la manifestazione principale. Fin dalle prime ore di domenica mattina si sono radunate dense colonne di militanti di organizzazioni per i diritti umani, sindacati, partiti politici dell'opposizione, studenti, artisti, attivisti e cittadini, che sono stati la più indescrivibile cornice per una mobilitazione fondamentalmente critica nei confronti delle azioni dell'attuale governo argentino.
Slogan, striscioni, canti e interventi artistici - con il tipico fervore popolare - hanno sfilato lungo il viale di Mayo e le strade adiacenti per poi dare luogo, a metà pomeriggio, agli interventi su un palco allestito dietro la Casa Rosada. 

plaza de mayo 24 marzo


Ma era un unico grido diretto a chi governa ignorando le necessità del popolo argentino. Un solo sentimento, non solo di lotta sociale, ma anche di denuncia e rivendicazione dei molteplici diritti che sono stati calpestati negli ultimi anni, come preludio ai giorni nostri dove le difficoltà economiche, la perdita di posti di lavoro, le manovre istituzionali e tagli al bilancio, oltre ad altre deviazioni che hanno alterato uno stato di Diritto, sono parte dell'agenda della convivenza tra gli argentini. A ciò si aggiunge l’intensificarsi della violenza narco, scatenata nella città di Rosario in provincia di Santa Fe, che sicuramente sarà molto bene strumentalizzata dai subalterni di Milei in materia di sicurezza, per criminalizzare con un colpo di penna la protesta sociale. 
Questa domenica 24 marzo non hanno osato né reprimere, né intimidire. La presenza di migliaia e migliaia di persone è stata una ragione più che sufficiente tanto che se mai ci fosse stata un'idea del genere da parte del governo, è svanita in pochi secondi. Le strade di Buenos Aires e di alcune province appartenevano al popolo. Del popolo, senza esitazioni o dubbi. E reprimere quel popolo sarebbe stato un suicidio politico. Uno scandalo, forse il maggiore in molti anni.
Non c’è stata violenza di stato. Ma lotta e festa. Arte militante, danza, teatro, coscienza politica. C’era maturità ideologica. C’era libertà. C’era coscienza politica negli innumerevoli cartelloni. Manifesti e striscioni di ogni grandezza e con testi diversi. Nelle rivendicazioni. Richieste ed espressioni legittime. Che dimostrano la stanchezza del popolo argentino di fronte ad un governo di chiara impronta fascista, dittatore e che affama il popolo.
E sebbene la presenza di sindacati e organizzazioni sia stata massiva, gli artisti militanti hanno dato il tocco indispensabile a questa grande giornata di protesta, con la satira, l'umorismo, la danza, le percussioni. Con la voce. È stata una protesta di massa. Secondo dopo secondo. Metro dopo metro. Edificio dopo edificio. Passo dopo passo, sull'asfalto del grande viale e negli spazi destinati ai fugaci interventi. 
Una delle espressioni artistiche che si è distinta, e lo dico obiettivamente, è stata quella del Movimento artistico, culturale ed internazionale Our Voice. Due marionette esibite, dai volti inconfondibili: Javier Milei e Victoria Villarruel, più due artigli che partivano dalle loro viscere, e cartelloni con dei messaggi molto precisi, hanno dato forma al quadro artistico militante, presentato al pubblico. E non è passato inosservato. Al centro dell’attenzione delle migliaia e migliaia di cellulari, delle telecamere e dei reporter dei giornali, agenzie internazionali e media alternativi. 

plaza de mayo 24 marzo


“Sono 30.000 desaparecidos”, “Picchetti e pentola, la lotta è una sola”, “Attenzione che sono vivi gli ideali dei desaparecidos”, “Debito”, “Austerity, Terrorismo di Stato, FMI”, erano alcune delle scritte sul mantello nero attaccato alle marionette di Milei e Villarruel.
Ad un certo punto, la deputata del Frente de Izquierda Myriam Bregman, presente alla marcia insieme ad altri referenti del suo schieramento politico, si è unita per alcuni istanti al quadro militante di Our Voice, e ha poi dichiarato ad Antimafia Dos Mil la sua conformità a questa mobilitazione “specialmente in un momento storico molto particolare in Argentina, in cui un governo come quello di Milei si caratterizza per andare contro le classi lavoratrici con l'impronta dell'autoritarismo”.
Infine, gli artisti di Our Voice, cartelloni e figure in mano, si sono uniti alla colonna umana fino alla destinazione finale, in prossimità della Plaza de Mayo. Lì, i discorsi sono stati forti, diretti, rafforzando lo spirito di una mobilitazione definita dai media -che fanno parte della resistenza nel paese vicino- come una marcia senza precedenti, una delle più massive degli ultimi 40 anni di democrazia, non solo per la partecipazione, ma anche per il messaggio rivolto ai governanti. Un messaggio che dice chiaramente che il popolo argentino (che ha sofferto gli effetti della dittatura) non appoggia questo negazionismo lacerante proclamato da personaggi sinistri in posizione di potere, con Javier Milei in prima linea.  
Il caldo intenso della capitale argentina, nel giorno di questa inedita mobilitazione, e i messaggi di autoritarismo che recentemente sono stati diretti sulla bocca dei settori popolari e delle Madri di Plaza de Mayo, Hijos, e molti altri difensori di diritti umani, non hanno contribuito in alcun modo a far abbassare le braccia nè diminuito l'intensità dalla resistenza. 
Al contrario: quelle braccia continueranno a stare lì; quelle voci di resistenza saranno ancora lì. Militanti presenti, attenti ed uniti. Sempre. Sempre per fortificare il grido di “Nunca más”. Affinché loro, che sono lì dal lato opposto, lo tengano ben presente. 
“Nunca más” è il grido che sentiranno sempre. Il grido che Javier Milei e Victoria Villarruel, ed i repressori, non hanno potuto (né potranno) mettere a tacere.

Foto: Antimafia Dos Mil e Paola Becco

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