Media occidentali accusano brogli e poca trasparenza nel voto online. A mezzogiorno migliaia di russi si sono presentati in cabina elettorale come protesta
Vladimir Putin ha vinto nuovamente le elezioni in Russia, apprestandosi a rimanere al potere fino al 2030 e quindi raggiungere e superare il record di Stalin. I risultati ufficiali lo hanno dato addirittura all'87,8%. Una cifra da record frutto di una propaganda dilagante e di elezioni praticamente senza rivali, ma anche poco trasparenti e con denunce di irregolarità che potrebbero, come accusa l’Occidente, aver gonfiato i numeri fino a quanto desiderato dal regime. Ed è all’Occidente che Putin ha rivolto le sue prime parole da presidente rieletto, “nessuno può spaventarci”, ha detto per poi ringraziare i russi della fiducia e “chi combatte sulla linea del fronte”. Nel suo discorso ha anche promesso di rendere “l'esercito più forte”.
Il successo di Putin alle elezioni era praticamente scontato, sia per il sostegno di cui gode da parte di moltissimi cittadini, sia per la propaganda incessante che entra ogni giorno prepotente nelle case dei russi, e al fatto che nessun oppositore si è potuto candidare.
Facendo un parallelismo sportivo: Putin aveva già la vittoria in pugno ma, riportano i media occidentali, avrebbe comunque deciso di fare uso di “doping” (cioè brogli elettorali) per avere la certezza matematica del successo alle urne.
Il punto, infatti, poteva essere su come Putin avrebbe vinto. E qui sono entrati in gioco gli architetti elettorali del regime. Il Cremlino ha voluto trasformare le elezioni in un plebiscito per dimostrare che il Paese sostiene in massa Putin e l'invasione dell'Ucraina (tesi peraltro confutata dalle proteste di questi giorni). Secondo fonti del giornale Meduza, l'obiettivo era stato fissato all'80% dei voti con un'affluenza di almeno il 70%: percentuali ampiamente superate. Raggiungerlo è stato senz'altro più facile senza elettori internazionali di rilievo come quelli dell'Osce (non invitati). Il New York Times, accusa di brogli e urne aperte persino nelle regioni ucraine occupate e dilaniate dalla guerra, dove, denuncia il giornale, "si è votato sotto gli occhi di soldati armati”. Nonostante ciò, ieri migliaia di russi alle 12 si sono messi in fila davanti ai seggi elettorali come protesta contro l’eterno presidente della Federazione Russa.
Una coraggiosa sfida al regime, che nei giorni scorsi aveva minacciato conseguenze penali per chi avesse partecipato a manifestazioni non autorizzate. Si chiama "Mezzogiorno contro Putin" la protesta lanciata dall'opposizione per far sentire la propria voce. Rilanciando un'idea fatta propria da Navalny, l’oppositore politico russo morto in carcere in circostanze misteriose, i dissidenti si sono dati appuntamento davanti alle urne alle 12 di ieri, ultima delle tre giornate elettorali: con l'obiettivo dichiarato di far vedere che in Russia non sono poche le persone che si oppongono al regime. L’affluenza in alcuni seggi è così improvvisamente aumentata. Le file andavano da decine a diverse centinaia di persone, a volte “persino migliaia”, scrive la Reuters. Lunghe file si registravano soprattutto a Mosca e a San Pietroburgo, ma la gente ha manifestato anche a Yekaterinburg, Novosibirsk e in altre città. Anche nel seggio 51 di via Skornyazhnij, nel centro di Mosca, l'affluenza è aumentata alle 12, tanto da far formare una discreta fila fatta soprattutto di giovani e persone di mezza età, ma anche di famiglie con bambini.
Quelle conclusesi ieri sono state le prime presidenziali russe spalmate su tre giorni e con la possibilità di votare online in molte regioni: due
circostanze che fanno aumentare i sospetti sulla trasparenza del voto.
In Russia ieri la polizia ha fermato almeno 80 persone in 20 città per proteste in qualche modo legate alle elezioni, tra loro una donna accusata di aver scritto «No alla guerra» sulla propria scheda e un'altra che avrebbe deposto quattro garofani davanti a un seggio di Kirov per “la morte della libertà”. Al “Mezzogiorno contro Putin” hanno partecipato anche molte persone in varie città del mondo, da Roma a Seul, da Parigi a Berlino, nella cui ambasciata russa ha votato Yulia Navalnaya, la vedova dell'oppositore Alexey Navalny, dietro la cui morte si stende prepotente l'ombra del Cremlino.
La rielezione di Putin è stata criticata sia da Kiev che da Washington. “Non c'è legittimità in questa imitazione delle elezioni. Questa persona dovrebbe essere processata all'Aja”, ha dichiarato Vlodymyr Zelensky, mentre la Casa Bianca ha parlato di elezioni “né libere né giuste”. Stessa posizione l’hanno assunta anche Francia e Germania.
Diversa la postura politica della Cina, con il presidente Xi Jinping che si è congratulato con Putin sottolineando che la rielezione alla presidenza “riflette pienamente il sostegno del popolo russo. Negli ultimi anni, il popolo russo si è unito per superare le sfide. Credo che sotto la tua guida la Russia sarà in grado di raggiungere maggiori risultati nello sviluppo e nella costruzione nazionale”. E ha poi ribadito la vicinanza tra i due Paesi, rinsaldatasi dopo l’invasione russa dell’Ucraina e il tentativo degli alleati occidentali di isolare Mosca: la Cina, ha detto Xi, “attribuisce una grande importanza alle relazioni bilaterali ed è disposta a mantenere una stretta comunicazione con la Russia allo scopo di promuovere ulteriormente lo sviluppo duraturo, sano, stabile e approfondito dei legami bilaterali”.
Intanto Putin ha fatto sapere che la Russia è favorevole ai colloqui di pace con l'Ucraina, ma solo quando la parte opposta è veramente determinata a ricucire i rapporti e non stia semplicemente cercando di guadagnare tempo per la diminuzione delle scorte di munizioni. "L'ho già detto e lo ripeto: siamo favorevoli ai colloqui di pace, ma non se organizzati semplicemente perché il nostro avversario sta finendo le munizioni". A suo avviso inoltre i colloqui di pace sono possibili "se sono seriamente disposti a costruire relazioni pacifiche di vicinato tra i due paesi in una prospettiva a lungo termine e non cercano solo di prendersi una pausa di 18 o 24 mesi per il riarmo".
Foto © Imagoeconomica
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