Accordo tra Cina e Arabia Saudita: 700mila barili di petrolio al giorno scambiati con valuta cinese
“La mentalità della guerra fredda infesta ancora il mondo e la situazione geopolitica si sta facendo tesa. Le regole internazionali devono essere scritte e mantenute congiuntamente da tutti gli stati, invece che dettate da quelli con i muscoli più forti e la voce più alta. Noi riformeremo il sistema finanziario internazionale”. Sono state queste le parole che ha pronunciato il Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, durante il suo intervento a Johannesburg, in Sudafrica, durante il Summit dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) il 24 agosto scorso. Le parole pronunciate dal presidente cinese non fanno altro che alimentare la sensazione che potremmo essere davanti alla fine del dollaro e all’inizio di un nuovo ordine mondiale; soprattutto se consideriamo che a partire dal primo gennaio 2024, all’interno dei paesi BRICS, faranno il loro ingresso anche l’Argentina, l’Egitto, e l’Etiopia, insieme ai tre principali produttori di petrolio al mondo: l'Iran, l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. Con questi nuovi ingressi, i BRICS rappresentano il 36% del Pil mondiale, il 47% della popolazione dell’intero pianeta e il 41% della produzione globale di petrolio. Numeri non trascurabili che potrebbero rappresentare un nuovo paradigma mondiale e, forse, non solo dal punto di vista finanziario. Questo è quanto si potrebbe intuire anche dal discorso pronunciato del presidente russo, Vladimir Putin, intervenuto in video e non di persona, a causa del mandato di cattura emesso dalla Corte Penale Internazionale. “L’economia del mondo è stata seriamente danneggiata dalla pratica illegittima delle sanzioni che calpestano tutti i principi basilari della vita economica e del libero mercato. Il processo per utilizzare sempre meno il dollaro come moneta di scambio internazionale sta accelerando, stiamo lavorando per riprendere nelle nostre mani il controllo finanziario e monetario.La nostra associazione - ha spiegato il presidente russo - riflette le aspirazioni della maggioranza globale”.
Un mercato in espansione
Le aspirazioni di cui parla Putin, difatti, si vedono. Dalla fondazione dei BRICS, avvenuta nel 2009, fino ad oggi, il mercato dei paesi emergenti che si sono uniti per arrestare l’egemonia del dollaro è cresciuto in maniera esponenziale; la fiera commerciale allestita durante il Summit avvenuto a Johannesburg, con i suoi duecento espositori provenienti da tutta l’Africa, ne è la prova. Oltre alla “BT Industrial”, che produce tubazioni ma anche dispositivi medici, e alla “GC2T”, che produce sofisticati componenti elettronici e che ora punta alla Russia e al Brasile per vendere i suoi prodotti, alla fiera dei BRICS hanno partecipato settori di ogni genere: gastronomia, arredi, abbigliamento, ma anche l’immancabile e onnipresente settore delle tecnologie militari. Insomma, un mercato che fa gola a molti. Solo nell’ultimo anno - ha spiegato Persa Diretta - altre ventidue nazioni hanno presentato la richiesta ufficiale per poter entrare nei BRICS.
Sete di petrolio
Per limitare l’influenza del dollaro e promuovere gli scambi commerciali, la Cina sta concentrando la sua attenzione principalmente sull’Arabia Saudita, il paese con maggiore ricchezza a disposizione tra quelli che hanno chiesto di entrare nei BRICS; ma è anche il primo esportatore di petrolio al mondo e, per questo motivo, alleato storico degli Stati Uniti. Difatti, l’ingresso dell’Arabia Saudita nei BRICS dimostra che gli assetti finanziari che hanno dominato la scena mondiale fino ad oggi stanno attraversando cambiamenti considerevoli, al punto tale da riuscire a influenzare, fino a stravolgere nel medio e lungo periodo, l’attuale ordine mondiale. Lo ha confermato anche il ministro per l’Energia dell’Arabia Saudita, Abd al-Aziz bin Salman, che durante il Summit dei BRICS ha detto: “La domanda di petrolio della Cina sta crescendo e noi vogliamo soddisfarla. Vogliamo investire in Cina e sulla raffinazione abbiamo un programma ambizioso”. Intanto, per la prima volta, la compagnia nazionale petrolifera saudita ha stipulato accordi con la Cina per vendere quasi 700mila barili di petrolio al giorno, i quali non verranno scambiati in dollari, ma nella valuta della Repubblica popolare cinese: lo yuan. Insomma, l’alleanza dei paesi emergenti che stanno provando a ridisegnare un nuovo ordine mondiale in grado di soppiantare l’attuale economia dollaro-centrica sembra avanzare senza sosta. Resta da domandarsi se anche questo nuovo modello economico si concentrerà solo ed esclusivamente sui profitti e sugli affari, oppure se inizierà a riconoscere il valore e la dignità degli esseri umani, ponendo maggiore attenzione ai diritti umani anziché limitarsi al perseguimento del profitto e della ricchezza a scapito di tutto il resto.
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