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Stava protestando contro la detenzione amministrativa. Anp e Hamas accusano Israele: “E’ un omicidio”. Razzi da Gaza e proteste in tutto il Paese

Khader Adnan, noto prigioniero politico palestinese, è morto nel carcere israeliano di Nitzan dopo 87 giorni di sciopero della fame. Adnan, 45 anni, esponente del partito paramilitare Jihad Islami e figura politica molto conosciuta in tutta la Palestina, dallo scorso 5 febbraio stava protestando contro la sua “detenzione amministrativa”, un sistema di detenzione unico nel suo genere e considerato illegale secondo la 4° convenzione di Ginevra, che prevede la reclusione senza accusa né processo rinnovabile di sei mesi in sei mesi. Dei quasi 5000 palestinesi in carcere, sono circa mille quelli reclusi in detenzione amministrativa, il numero più alto da diversi anni a questa parte. Questo tipo di “arresto cautelare a tempo indeterminato” risale ai tempi del Mandato britannico sulla Palestina (1917-1948). Dopo la sua nascita Israele lo ha conservato nel suo ordinamento giuridico ma lo attua quasi esclusivamente contro i palestinesi nei Territori occupati. In passato Khader Adnan aveva condotto altri quattro lunghi digiuni di protesta contro questo sistema di reclusione punitiva. Il primo risale al 2004. Durante i suoi scioperi Adnan è diventato un portavoce dei prigionieri politici palestinesi. Il suo sciopero della fame del 2012, durato 67 giorni, ispirò una protesta di massa nelle carceri e molti detenuti hanno preso il suo esempio scioperando a loro volta. Questa volta, però, la sua protesta è terminata con la sua morte. Solo altri tre palestinesi sono morti in sciopero della fame, rispettivamente nel 1970, nel 1980 e nel 1992.

Nelle ultime settimane la famiglia dell’attivista 45enne aveva allarmato che Adnan stava morendo, accusando Israele di negligenza medica e di rifiutarsi di trasferirlo in un ospedale civile.

Il primo ministro dell’Autorità nazionale, Muhammad Shtayyeh, ha accusato le autorità israeliane di aver commesso “un assassinio”. Si tratta di “un omicidio volontario”, ha affermato il primo ministro, annunciando che presenterà una denuncia alla Corte penale internazionale (Cpi). Hamas ha puntato il dito contro Israele, affermando tramite il proprio portavoce Hazem Kassem che Tel Aviv ha “la piena responsabilità della morte di Khader Adnan. È stata un’esecuzione a sangue freddo commessa dai servizi di sicurezza israeliani. Il popolo palestinese non lascerà passare questo crimine sotto silenzio e risponderà in modo adeguato. Il cammino della rivoluzione e della resistenza si intensificherà”. Kassem ha anche puntato il dito contro la comunità internazionale, affermando che “sta a guardare e non sostiene i prigionieri palestinesi, incoraggiando così l’occupazione a continuare i suoi crimini”. Durissime parole anche dalla Jihad islamica che ha avvertito che la morte di Adnan non resterà impunita. Uno sciopero generale è stato proclamato a Gaza, in Cisgiordania, Gerusalemme Est. Ventidue razzi sono stati lanciati da Gaza e sono caduti nel sud di Israele ferendo gravemente una persona. In risposta Israele ha ripreso a bombardare la Striscia con colpi di artiglieria ma nella notte le milizie palestinesi di Gaza e le autorità israeliane hanno subito raggiunto un cessate il fuoco. Le manifestazioni e i raduni di protesta, però, continuano nei Territori palestinesi occupati. La vedova di Adnan ha invece chiesto di non dare inizio a una nuova escalation, affermando di non volere ulteriori lanci di razzi da Gaza. A suo parere occorre prevenire spargimenti di sangue perché Israele potrebbe rispondere bombardando la Striscia. La donna ha precisato che il marito lascia nove figli che seguiranno la strada da lui indicata.

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