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I primi piani d’azione del governo brasiliano confermano le promesse del presidente in campagna elettorale

Luiz Inacio Lula da Silva, attuale presidente del Brasile, dopo il suo arrivo al governo nel 1° gennaio del 2023 aveva promesso una svolta e un’opposizione alle attività intraprese dal suo predecessore Jair Bolsonaro. Come riportato da Pagine Esteri Lula aveva dichiarato: “Il Brasile è pronto a riprendere la sua leadership nella lotta alla crisi climatica, proteggendo tutti i nostri biomi, in particolare la foresta pluviale amazzonica. Lotteremo per raggiungere la deforestazione zero in Amazzonia”. “Un albero in piedi - aveva continuato - vale più di tonnellate di legname estratto illegalmente da chi pensa solo al facile guadagno. Un fiume con acque limpide vale molto di più di tutto l’oro estratto con il mercurio che uccide la fauna selvatica e mette a rischio la vita umana”.

Uno dei principali punti del piano d’azione del governo di Lula è quello di preservare la foresta dell’Amazzonia e le popolazioni indigene, che sono state ridotte in gran numero a causa delle decisioni prese dal governo di Bolsonaro, che ha permesso e incentivato lo sfruttamento del polmone verde del mondo e l’illegalità nelle attività estrattive. L’area di Amazzonia disboscata è passata da 1234 ettari ai 5053 durante il suo mandato. Secondo l’INPE (Istituto Nazionale per le Ricerche Spaziali) negli ultimi 35 anni le attività illegali minerarie sono aumentate di ben 12 volte.

In particolare le comunità Yanomane, che vivono nelle foreste pluviali al confine con il Venezuela, sono state ridotte a 30.000 membri e negli ultimi quattro anni sono morti più di 570 bambini, secondo il Ministero dei Popoli Indigeni, istituito in questo mandato da Lula e al cui capo vi è la leader indigena Sonia Guajajara.

Queste comunità oggi nutrono grande fiducia nelle parole pronunciate da Lula: “Riprenderemo il monitoraggio e la sorveglianza dell’Amazzonia e combatteremo qualsiasi attività illegale, che si tratti di estrazione illegale di oro o di altri metalli, disboscamento o occupazione agricola”.

Le popolazioni indigene sono state sterminate dagli omicidi, dalla fame e dalle malattie come la malaria, la polmonite e il Covid.

Bolsonaro e il suo governo sono stati inclusi in un’inchiesta per genocidio a danno delle popolazioni indigene dal giudice Luis Roberto Barroso della Corte Suprema Federale. Inoltre, come descritto da Pagine Esteri, la Confederazione dei Popoli Indigeni del Brasile e la Commissione ARNS hanno presentato delle denunce per genocidio e crimini contro l’umanità contro l’ex presidente, accusandolo di cattiva gestione della pandemia di Covid. Le due denunce sono ora in valutazione alla Corte Penale Internazionale dell’AIA.

Bolsonaro durante il suo mandato ha smantellato gli enti pubblici incaricati a difendere le popolazioni indigene e i loro diritti in linea con la sua affermazione del 2019: “Le riserve ostacolano lo sviluppo del Paese”. Nel 2020 poi ha permesso l’estrazione mineraria e la produzione di elettricità nelle riserve indigene, generando il disaccordo e l’opposizione di ong e organizzazioni a difesa dei nativi.

A fine gennaio Lula ha visitato i territori settentrionali del Brasile e ha affermato: “Più che una crisi umanitaria, ciò che ho visto a Roraima è stato un genocidio. Un crimine premeditato contro gli Yanomami”. Per dare sostegno concreto ai nativi il mese scorso l’attuale governo ha avviato un piano per fornire assistenza sanitaria e cibo e ha imposto l’espulsione delle mafie minerarie dalle riserve delle comunità Yanomami, dove si erano insiedati 20-25 mila garimpeiros.

I garimpeiros, ossia i cercatori d’oro illegali, hanno iniziato a insediarsi nelle riserve intorno al 1970-1980, poi anche grazie al presidente Collor de Mello, che ha istituito come riserva 10 milioni di ettari dei territori dei nativi, i minatori sono stati allontanati dalla foresta. Successivamente la loro presenza in Amazzonia è nuovamente aumentata fino ad arrivare al culmine con Bolsonaro.

Grazie alle decisioni prese dal governo di Lula la polizia ha smantellato 200 accampamenti illegali di garimpeiros e ha sequestrato barche e gommoni, con cui i minatori risalivano i fiumi e giungevano nelle riserve Yanomami, generatori di elettricità, motoseghe, attrezzature per l’estrazione e mercurio, elemento necessario per dividere i minerali dai sedimenti. Il governo ha poi firmato per il divieto di sorvolo delle riserve con abbattimento dei velivoli in caso di violazione della norma. Sono state mappate circa 800 piste di atterraggio clandestine, di cui 75 nel solo territorio della comunità Yanomami. Il The Guardian a dicembre ha documentato l’esistenza della cosiddetta “strada del caos” un percorso di 120 km nelle riserve yanomane utilizzato dai minatori illegali.

I garimeperos inoltre utilizzano la rete Starlink per intercettare e fuggire ai blitz preparati dalla polizia. La rete Starlink, che si compone di 4000 satelliti, nasce dall’accordo di Elon Musk con Jari Bolsonaro che aveva l’obiettivo di collegare a internet 19 mila scuole rurali. L’allacciamento alla rete è però avvenuto per sole tre scuole.

Vista l’impossibilità di arrestare tutti i minatori illegali, che sono purtroppo migliaia, secondo il ministro della giustizia Flavio Dino è necessario identificare tutte le imprese che lavorano e commercializzano l’oro, finanziando l’attività dei garimpeiros e riciclando i profitti.

Le attività illegali dei cercatori d’oro portano alla distruzione delle foreste, alla contaminazione dei fiumi e alla morte dei nativi, in quanto spesso sono un ostacolo a questo business, uccisi per mezzo della diffusione di malattie, alcol e droga.

L’attività dei garimpeiros non si ferma allo sfruttamento del territorio, infatti, il ministro brasiliano dei Diritti Umani, Silvio Almeida ha denunciato vari rapimenti ad opera dei minatori di donne e bambine native che vengono stuprate e costrette a prostituirsi. Recentemente poi l’IBAMA (Istituto Brasiliano dell’Ambiente) ha denunciato alcuni cercatori d’oro per aver sparato contro alcuni agenti dell’istituto lungo il fiume Uraricoera, fiume nello stato Roraima, territorio delle riserve indigene.

Un primo risultato positivo delle azioni del governo di Lula è la diminuzione del 62% degli incendi nelle riserve Yanomami.

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