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L'Organizacija e i nuovi equilibri economici

Secondo un rapporto dalla società irlandese Fanergo, specializzata nelle forniture di software per la trasformazione digitale degli operatori finanziari, le multe contro banche e istituzioni finanziare internazionali per violazione delle norme antiriciclaggio sono tornate a crescere prepotentemente nel mondo. Più precisamente si parla di oltre il 50 percento in più rispetto al 2021.
Le sanzioni sono salite a 193 milioni di dollari con una crescita del 92% rispetto all'anno precedente e si è verificato un fenomeno nuovo: le prime violazioni legate agli Esg-Environmental Social Governance - investimenti responsabili che prendono in considerazione fattori di natura ambientale sociale e di governance.
Le multe legate all'antiriciclaggio hanno superato complessivamente 5 miliardi di dollari nel 2022 portando ad oltre 56 miliardi la somma totale delle sanzioni comminate a banche ed istituti finanziari dal 2008 a oggi. Quest'ultima cifra tiene conto delle ammende legate a tutte le violazioni di legge e non solo al riciclaggio. La multa più salata, come riportato da 'Il Sole 24 Ore", è stata pagata dalla banca Danske Bank, finita al centro di un grande scandalo finanziario da oltre 230 miliardi di dollari: soldi riciclati tra il 2007 e il 2015 da clienti dalla Russia e di altri stati ex sovietici attraverso la filiale estone della banca.
Denske Banck ha inoltre versato 1,2 miliardi di dollari al Dipartimento di giustizia Usa, 678,6 milioni all'unità speciale anticrimine danese e altri 178, 6 milioni alla Sec. Quasi 1,2 miliardi sono stati combinati alla società svizzera Glancore della Commodity Futures Trade commission americana e 777 milioni di dollari alla francese Lafarge.
Ricordiamo che le multe arrivano di solito dopo diversi anni da quando viene rilevata la constatazione e dunque le sanzioni conteggiate nel 2022 e il loro trend di crescita non si riferiscono a fatti relativi allo scorso anno, così come non è ancora possibile riscontrare gli effetti sui comportamenti delle banche contro la Russia e gli oligarchi in seguito all'invasione dell'Ucraina. Tra gli esperti di antiriciclaggio resta viva quindi la sensazione che le multe non riescano a scoraggiare efficacemente i comportamenti scorretti delle istituzioni finanziarie. Infatti all'interno delle strutture le sanzioni vengono infatti spesso conteggiate come "costi" più o meno necessari da sostenere per incrementare i ricavi.
In questo contesto, stando a un comunicato diffuso da Fenergo - e visionato sempre da ‘Il Sole 24 Ore” - in vista della pubblicazione del report integrale nel mese di febbraio, anche le multe nei confronti delle società di criptovalute e dei loro dipendenti hanno subito un’impennata nel 2022 (+92% rispetto al 2021) raggiungendo i 193 milioni di dollari. Basti pensare a Coinbase, che proprio a inizio gennaio ha accettato di pagare una sanzione di 50 milioni di dollari al Dipartimento dei servizi finanziari dello Stato di New York e di investire altri 50 milioni per prevenire future violazioni. Le più consistenti sanzioni individuali sono state emesse dalla Commodity futures trading commission statunitense ai tre co-fondatori di BitMex, per un totale di 30 milioni di dollari. Colpite anche BlockFi (100 milioni di dollari), Robinhood (30 milioni), Bittrex (29,2 milioni), Binance Holding (3,3 milioni) e Kraken (362mila dollari).


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La lavatrice londinese
Ma non è stata solo la Danske Bank ad aver 'scoperto' il fianco alla Russia.
Londra, per esempio, è risaputo essere un porto sicuro del riciclaggio internazionale.
Lo ha rivelato un rapporto dell'organizzazione non governativa Occrp (Organized crime and corruption reporting project) e dal giornale russo Novaya Gazeta. Tra il 2010 e il 2014 almeno 20 miliardi di dollari sono stati riciclati nella capitale britannica attraverso una dozzina di grandi banche internazionali. I soldi, frutto di tangenti e corruzione, confluivano nelle banche londinesi provenienti dalla Russia dopo essere transitati per la Moldova e la Lettonia. I reporter dell'Occrp sostengono che i miliardi riciclati dai russi in questo periodo siano stati molti di più: una cifra superiore agli 80 miliardi di dollari. Ma non tutto il flusso di denaro è stato ritrovato.
Il meccanismo per 'lavare' il denaro era molto ingegnoso: società fantasma, di fatto inesistenti, ma registrate a Londra. Nello specifico la società A prestava una grossa somma di denaro alla società B. Falsi debiti, ma formalmente a posto, con la garanzia di una società terza che aveva sede in Moldavia. La società B non riusciva a onorare il debito e a restituire il denaro. A quel punto entrava in gioco un giudice corrotto in Moldavia, il quale riconosceva l'esistenza del debito e chiedeva alle società russe debitrici di trasferire fondi su un conto di una banca Moldava per ripagare il falso debito alla società garante. Da qui il denaro veniva trasferito a una banca in Lettonia, ed entrava in modo legale e perfettamente pulito nell'area euro. Pronto per essere investito in Occidente.
A garantire l'espansione della "City" londinese è stata certamente la regolamentazione molto blanda e un sistema fiscale che ha favorito i grandi capitali stranieri. Nel 1914 era stata introdotta la norma che consentiva agli stranieri residenti, ma non domiciliati nel Regno Unito, di non pagare le imposte sui redditi percepiti a livello mondiale e di essere tassati solo sui redditi guadagnati in Gran Bretagna. Così oggi il proprietario di fondo d'investimento o di un hedge fund non domiciliato può fare in modo che il suo reddito venga registrato contabilmente al di fuori della Gran Bretagna e non versare neppure una sterlina di tasse. Ecco perché Londra è diventata il rifugio (fiscale) di uomini d'affari, banchieri, finanzieri, milionari di mezzo mondo e, soprattutto, dei loro capitali.


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Il presidente della federazione russa, Vladimir Putin


Organizacija: i "capi" dell’economia russa
Nei rapporti con il potere la mafia russa ha guardato con ammirazione a quella italiana, seguendone a lungo le medesime logiche e violenze.
Parliamo di strutture che non hanno nulla da invidiare, per violenza e spietatezza, ai narcotrafficanti del Sud America. Seppur secondo gli studiosi non vi sia una struttura verticistica, vi sono però forti alleanze con il potere, al punto che i capi stessi sono oggi i leader dell'economia del Paese.
E' con queste persone che Vladimir Putin ha trattato, raggiungendo un nuovo equilibrio.
Sono questi gruppi di potere a riciclare miliardi di euro. Sono le organizzazioni criminali a garantire un certo equilibrio interno alla Nazione. E la loro esistenza viene in un certo senso tollerata a patto che non si uccidano giudici o poliziotti.
Una trattativa Stato-mafia di colore russo.
Tra gli oligarchi spiccavano e spiccano figure di primissimo piano.
Basti pensare all'ex oligarca Mikhail Khodorkovsky, che subì una condanna per truffa e frode fiscale, per poi essere esiliato in Siberia, ai lavori forzati, e successivamente graziato proprio dal Presidente Putin.
Si pensi all'oligarca russo Boris Berezovskij, nel 2013 rinvenuto morto nel bagno della sua proprietà nel Berkshire (sud-ovest di Londra). Era lui una delle eminenze grigie della Russia durante l’era Eltsin e che era a capo di una potente organizzazione mafiosa, la Confraternita di Solntsevo. Dopo aver appoggiato in un primo momento Putin si trovò ben presto costretto a fuggire nel Regno Unito. In Inghilterra iniziò una "guerra" contro un altro oligarca, Roman Abramovich (proprietario del Chelsea Football Club).
Ed anche quest'ultimo ha i suoi scheletri nell'armadio, con accuse di riciclaggio di denaro sporco e di rapporti con la criminalità organizzata. Ed è con soggetti di questo tipo che Putin ha stretto patti, consapevole che la Russia non può permettersi di entrare in bancarotta.
Un po' lo stesso motivo per cui in Italia la lotta alla mafia viene lasciata a pochi magistrati e forze dell'ordine, e non viene affrontata mai in ambito politico. Perché i 150 miliardi di euro l'anno, approssimati per difetto, che vengono guadagnati dall'ipotetica Mafia Spa, offrono respiro alle casse Nazionali ed alle più importanti aziende del Paese. Perché le mafie, come ricordato in più occasioni da magistrati come Roberto Scarpinato, offrono servizi e contribuiscono al nostro Pil. Basti pensare che la stessa Ue, dal 2014, ha stabilito che nel calcolo del Prodotto interno lordo va inserito il traffico di droga e la prostituzione.
In sintesi le ricchezze provenienti dalla mafia sono immense. E forse una parte di esse è finita proprio in quelle ‘lavatrici’ internazionali, pronte a investire nuovamente quei soldi nelle economie Occidentali “filo - ucraine”.
Come dire: si combattono i russi ma non i loro soldi.

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