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Lo Skyvan era negli Stati Uniti, e sarà collocato nel museo dell'ex ESMA

Da questo aereo furono gettate in mare tre delle fondatrici di Madri di Plaza de Mayo

Nudo, ammanettato e sedato, un corpo incapace a qualsiasi movimento, cade nel vuoto nel silenzio di una notte eterna, silenzio che viene interrotto dal rumore dello schianto contro l’acqua che, per effetto della velocità, perde momentaneamente il suo stato liquido, trasformandosi in un vero e proprio muro, in una lapide che divora un corpo senza nome, senza identità, che svanirà dall'esistenza. Non può sparire qualcosa che non è mai esistita.

Lo Stato argentino ha avviato l’iter burocratico per rimpatriare uno degli aeroplani utilizzati dalle Forze armate per effettuare i nefasti voli della morte, durante la fase militare della dittatura civica, imprenditoriale ed ecclesiastica. L'aereo in questione, il modello Skyvan, era stato venduto nel 1994 ad una firma con sede a Lussemburgo, eliminando in questo modo un'evidenza critica di crimini contro l’umanità, commessi contro la popolazione.

L'aeroplano fu localizzato nel 2010 negli Stati Uniti, grazie ad un lavoro instancabile portato avanti dalla giornalista Miriam Lewin – sopravvissuta dell'ESMA -, e dal fotografo italiano Giancarlo Ceraudo. L'aereo, registrato originariamente come PA-51, era in servizio effettuando viaggi postali a Fort Lauderdale nello Stato della Florida, targato N80GB, di proprietà dell'impresa GB Airlink Inc. Successivamente è stato ceduto all'impresa Win Win Aviation, che lo registrò con la targa N190WW, e ne è l’attuale proprietaria. 

Il superministro dell’Economia Sergio Massa ha messo in pausa il suo piano di adeguamento antipopolare e ha firmato i documenti per ampliare il preventivo affinché lo Stato argentino acquisisca l'aereo e possa rimpatriarlo. Al momento è stato approvato un budget di 323 milioni di pesos (circa 2 milioni di dollari, al cambio ufficiale). Questo gesto di Massa, letto in chiave politica, cerca di riappacificare un po' la relazione tesa che il governo di Alberto Fernández ha con i movimenti dei diritti umani, che non si sentono rappresentati nella linea adottata dal governo. Ma, al di là di questo, le Madri di Plaza de Mayo hanno celebrato il rimpatrio: “Noi non facciamo altro che ringraziare Sergio Massa perché disse ‘lo facciamo’ e lo ha fatto. Una decisione storica adottata con l’approvazione del governo”, ha detto Taty Almeida a Página/12. 

L'Armata argentina aveva un totale di otto aerei pronti per i voli della morte, tre Electra e cinque Skyvan. Uno degli Electra fu utilizzato dall’ex capitano Adolfo Scilingo, che poi confessò l'esistenza dei voli della morte al giornalista Horacio Verbitsky in una serie di dialoghi poi raccolti nel libro ‘El Vuelo’, pubblicato per la prima volta nel 1995. La testimonianza di Scilingo fu un elemento fondamentale per cominciare a ricostruire la cruda verità dietro il destino finale di centinaia e centinaia di detenuti desaparecidos. Dei cinque Skyvan, due furono utilizzati e abbattuti durante la guerra delle Malvine nel 1982. Gli altri tre furono venduti nel 1994. 

Le prove finora raccolte permettono di affermare che lo Skyvan che si intende rimpatriare, è stato quello utilizzato per gettare in mare Azucena Villaflor, Esther Ballestrino di Careaga e María Eugenia Ponce de Bianco, tre delle fondatrici di Madri di Plaza de Mayo, sequestrate nel dicembre del 1977 e scomparse pochi giorni dopo, in quello che è noto come il caso dei 12 di Santa Cruz. In quel volo - che si sarebbe effettuato mercoledì 14 dicembre del 1977 -, furono gettate in mare anche le suore francesi Alice Domon e Leonie Duquet. Quella notte l’aereo fu pilotato da Enrique José di Saint Georges, Mario Daniel Arru ed Alejandro Domingo D'Agostino. Il meccanico era David Fernández. 

È importante rilevare che la Marina Militare non ha mai fornito alcuna informazione sui voli, mantenendo una posizione contraria agli interessi della popolazione e dello Stato argentino. La dirigenza politica, dal ritorno alla democrazia, ha mantenuto una posizione accondiscendente con il silenzio ufficiale, almeno per quanto riguarda questo tema. Gli Skyvan erano sotto la tutela della Prefettura Navale, ma operativamente rispondevano alla Marina. La Prefettura teneva un registro su ogni partenza, ma non sulle operazioni che eseguivano. Questi registri - riscattati grazie alla gestione di Nilda Garré, quando era al fronte del Ministero della Sicurezza nel periodo 2010-2013 -, permisero di identificare la regolarità dei voli. 

“Sull’aereo si trova quello che viene chiamato technical log. Non sono piani di volo reali, ma fogli di annotazione meccanica. Vengono segnate le date, chi erano i piloti e il tempo di volo. I moduli - forniti dalla Prefettura - ti danno molte più informazioni”, ha affermato il fotografo Giancarlo Ceraudo durante un'intervista con Página/12. “Se la Prefettura fosse dipesa dall'Armata, forse quelle carte non sarebbero mai apparse, perché c'era divieto di fornire informazioni”, ha detto da parte sua Lewin.  

La ricostruzione della memoria è molto più di un gesto politico. I simboli del genocidio non dovrebbero occupare i musei come reliquie di un passato estinto. Il fatto che l’aereo fosse ancora in funzione ci invita a riflettere sugli effetti e sulla continuità delle politiche di Stato imposte dalla dittatura. Una dittatura che ha voluto occultare dietro la violenza sistematica la propria logica corporativa. Una logica che continua ad operare impunemente fino ai nostri giorni.

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