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Le autorità giapponesi hanno formalmente incriminato il 42enne Tetsuya Yamagami, l'uomo che lo scorso luglio uccise a colpi di arma da fuoco l'ex premier, Shinzo Abe (in foto), durante un comizio elettorale nella città di Nara: la decisione segue una perizia psichiatrica dell'uomo durata sei mesi. Lo riportano i media locali. Yamagami è stato giudicato capace di intendere e di volere e sarà dunque presente in aula per sostenere un processo e rispondere alle domande sui motivi che hanno condotto al gesto che ha sconvolto il Paese. L'uomo era stato arrestato l'8 luglio, subito dopo aver compiuto l'omicidio, e il periodo di detenzione sarebbe scaduto il prossimo martedì. Durante gli interrogatori, l'ex membro delle Forze marittime di Autodifesa ha ammesso di aver assemblato autonomamente l'arma usata per l'uccisione, e ha raccontato agli inquirenti la dinamica del delitto. Yamagami ha detto di nutrire risentimento nei confronti della Chiesa dell'Unificazione, un'organizzazione religiosa con diversi milioni di seguaci tra Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti, alla quale apparteneva anche la madre dell'uomo, e le cui ingenti donazioni, pari a 100 milioni di yen (720.000 euro), avevano causato seri problemi economici alla famiglia. L'uomo aveva preso di mira Abe nella convinzione che l'ex primo ministro fosse legato direttamente al gruppo, riferiscono le fonti investigative. Nel corso dei mesi la vicenda ha messo in luce gli stretti legami tra diversi politici giapponesi e l'ente religioso, spingendo il Partito liberal democratico al governo a esaminare la legittimità dei rapporti con l'organizzazione. Abe è stato il primo ministro rimasto più a lungo in carica in Giappone, con i suoi otto anni e otto mesi distribuiti su due mandati, tra la fine del 2006 e il settembre 2020.

Foto © Imagoeconomica

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