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Gabriel Shipton, filmmaker e fratello del giornalista: “Nel film le 'circostanze' che hanno trattato mio fratello come un demonio”

Gabriel Shipton, fratello del giornalista di “WikiLeaksJulian Assange e produttore del film “Ithaka” che ne racconta la storia, intervistato dalla giornalista de “Il Fatto Quotidiano” e autrice del libro “Il potere segreto”, Stefania Maurizi, ha descritto l’inferno che inevitabilmente investe un giornalista deciso a svolgere il suo lavoro.
Sensibile, generoso e altruista, questa la personalità che emerge dal ricordo del fratello di Assange, Gabriel Shipton, mentre, insieme alla giornalista Stefania Maurizi, ricorda le sue chiacchierate con Julian, sempre pronto a spiegare con parole semplici anche i temi più complessi. “Non siamo cresciuti insieme, Julian e io - ha ricordato Shipton -. L’ho conosciuto negli ultimi anni della mia adolescenza e i miei primi ricordi sono di lui che veniva a trovare me e mio padre a Sydney.” - prosegue - “Da moltissimi anni era interessato a usare strumenti come Internet, la sua architettura e la crittografia per rivelare ingiustizie o tutelare fonti giornalistiche  - ha spiegato Shipton -. Anche prima di WikiLeaks lavorava sulla crittografia per le fonti e per i giornalisti, per cercare di fare in modo che potessero proteggere le informazioni anche sotto tortura. Ha sempre puntato a utilizzarla per proteggere le persone e rivelare la corruzione, non ha mai pensato: ‘come posso farci più soldi?’ ”.
Attraverso il film “Ithaka”, Gabriel Shipton, ha denunciato le “circostanze” che hanno “disumanizzato fino a demonizzare” Assange, attraverso una pellicola che ha incontrato diversi ostacoli, tra questi - ha ricordato la giornalista Stefania Maurizi -, anche il festival del cinema di Roma e Torino che hanno rifiutato la proiezione del film sul giornalista di “WikiLeaks”. “In tutto il mondo del cinema, che siano organismi finanziati dai governi, Netflix oppure festival, vengono bloccati progetti che non si adeguano alla narrativa politica del momento - ha fatto notare Shipton -. Ma ci sono anche persone perbene in queste organizzazioni e ogni volta troviamo qualcuno disposto a rischiare qualcosa, anche la carriera”. Tra queste, anche alcune interne ai principali media come: New York Times, Guardian, Der Spiegel, El País e Le Monde, insieme per chiedere all’Amministrazione Biden di lasciar cadere le accuse contro Julian Assange.  “Quello a cui assistiamo è un effetto domino che diventa sempre più grande. Di norma, è veramente difficile riuscire a fare in modo che cinque media globali si mettano insieme e facciano una dichiarazione congiunta sulla persecuzione legale senza fine contro Julian. È qualcosa di enorme e senza precedenti. In aggiunta, i giornalisti di ‘WikiLeaks’, Kristinn Hrafnsson e Joseph Farrell, stanno incontrando il nuovo presidente del Brasile, dopo aver incontrato quello della Colombia. Stanno facendo un lavoro favoloso - ha sottolineato con ottimismo Gabriel Shipton -. Mio padre e io abbiamo incontrato il presidente del Messico. Ci sostengono questi media, questi leader mondiali, ogni singola organizzazione per la difesa della libertà di stampa e dei diritti umani”.

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