Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Ieri il rapporto del Pentagono sulle possibili strategie offensive contro Taiwan

Gli Stati Uniti devono smettere di minare la stabilità strategica globale e assumersi una responsabilità per il disarmo nucleare: lo ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese Zhao Lijian (in foto) in un briefing, commentando il rapporto che ieri ha diffuso il Pentagono sullo stato della potenza militare cinese. In quel documento si sostiene che la Cina, nel prossimo decennio, può accelerare il ritmo della modernizzazione delle sue forze nucleari e avrà circa 1500 testate nucleari entro il 2035. "Gli Stati Uniti devono riconsiderare seriamente la propria politica nucleare, abbandonare la mentalità e la logica egemonica della guerra fredda e smettere di minare la stabilità strategica globale", ha detto il diplomatico.
Il rapporto del Pentagono, inviato al Congresso federale, identifica quattro possibili linee di condotta che la Cina potrebbe adottare nel caso intraprendesse una offensiva militare a Taiwan, contro cui la Cina ha intensificato negli ultimi anni la propria campagna di pressione diplomatica, economica, politica e militare.
Si evidenzia, ad esempio, che la Cina ha condotto nel 2021 20 simulazioni navali di invasione e conquista dell'isola, sette in più rispetto all'anno precedente; nel 2021 gli aerei da guerra cinesi hanno inoltre varcato il limite della zona di identificazione aerea taiwanese per 240 giorni su 365. Secondo il rapporto, nel caso la Cina decidesse di invadere Taiwan, potrebbe optare a grandi linee per una di quattro linee d'azione: la prima costituirebbe in un blocco marittimo dell'isola, accompagnato magari da attacchi missilistici o dall'occupazione delle isole taiwanesi più vicine alla Cina, e da attacchi informatici ed elettronici. La Cina potrebbe optare invece per "operazioni di forza o coercitive limitate", con "attacchi informatici o cinetici limitati" contro le infrastrutture politiche, militari ed economiche dell'Isola - tesi a demoralizzare la popolazione - e con possibili infiltrazioni di forze speciali per attacchi mirati a infrastrutture e alla leadership.
La terza opzione sarebbe una campagna aerea e missilistica, con attacchi di precisione tesi a degradare significativamente le capacità di difesa di Taiwan e "neutralizzarne" la leadership. La quarta opzione, infine, sarebbe una invasione militare in forze con sbarchi coordinati su tutti i territori insulari taiwanesi, e il tentativo di stabilire una testa di ponte sulla costa occidentale dell'isola. Il rapporto evidenzia che la Cina continua a sviluppare e testare le capacità necessarie a condurre tale operazione, che però resta "una tra le operazioni militari più complesse e difficili", e oltre a mettere sotto forte pressione le forze armate cinesi innescherebbe probabilmente un intervento diretto da parte della comunità internazionale. Ciononostante, il Pentagono ritiene che la Cina sia già capace di operazioni anfibie di portata inferiore a una invasione su larga scala, come ad esempio lo sbarco e la conquista delle piccole isole di Pratas e Itu Aba, controllate da Taiwan, e le isole, meglio protette e di maggiori dimensioni, di Kinmen e Matsu: operazioni che comporterebbero comunque un rischio politico elevatissimo e "possibilmente proibitivo" per la Cina.
Secondo il rapporto presentato dal Pentagono al Congresso, la Cina rappresenta "la sfida sistemica più significativa" per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e per una comunità internazionale libera e aperta. Durante una call organizzata con i giornalisti prima della pubblicazione del documento, un funzionario del Pentagono rimasto anonimo ha affermato che le ambizioni della Cina sono "sempre più chiare", in ambito militare e non solo. "Un elemento importante nella loro strategia è rappresentato dal tentativo di espandere a dismisura la propria influenza, al fine di modificare alcuni aspetti dell'ordine internazionale e fare i propri interessi", ha spiegato il funzionario del Pentagono, sottolineando un approccio militare "sempre più coercitivo" da parte di Pechino nella regione indopacifica.
Un secondo elemento significativo, si legge nel documento, è rappresentato dal progressivo rafforzamento della capacità di deterrenza cinese: non solo per quanto riguarda la capacità nucleare, ma anche nell'aerospazio, nella sicurezza cyber, nel controspionaggio e nella guerra informatica. Le ultime stime del dipartimento della Difesa Usa indicano che ad oggi la Cina dispone di più di 400 testate nucleari pienamente operative, e che dovrebbe raggiungerne 1.500 entro il 2035. Nel rapporto viene dedicata particolare attenzione alle "pressioni diplomatiche, economiche, politiche e militari" su Taiwan. "La leadership cinese vuole che lo sviluppo economico, politico e sociale sia accompagnato dal rafforzamento della sicurezza e delle capacità militari, in maniera tale da sostenere gli obiettivi ambiziosi che il presidente Xi Jinping ha inserito nella sua strategia al 2049", ha detto il funzionario Usa, parlando di un approccio teso a "fondere" l'aspetto militare con quello civile.

Foto © China News Service

TAGS: ,

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos