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Oltre 100.000 partecipanti. Conte: “No a nuovi invii di armi senza confronto in Parlamento”. Don Ciotti: “Nessuna pace se il valore del denaro è superiore a quello della vita”

L’Italia si mobilita in massa per fermare la follia di un’escalation che rischia di gettare l’intero genere umano nel baratro.
Da oltre duecento giorni una guerra cruenta sta martoriando l’Ucraina, notato che non si sente più pronunciare la parola pace? In questi giorni si sente solo parlare di armi, di strategie militari e di nuovi invii di arsenali bellici. Ma le ipotesi di negoziati e di lavoro diplomatico e le speranze diplomatiche sembrano non scaldare i cuori di politica e media mainstream”. Con questo videomessaggio l’ex premier Giuseppe Conte ha avallato la manifestazione del 5 novembre a Roma.
Questa volta nella Capitale, la marcia "Europe for peace" è stata organizzata da oltre 500 sigle di associazioni che hanno lanciato un forte appello affinché in Ucraina tacciano le armi e si ritorni ai negoziati subito. Tutto è stato coronato da un immenso corteo di oltre 100.000 persone che ha riempito con bandiere, musica, performance artistiche ogni via che da piazza della Repubblica, arriva a piazza San Giovanni.
Nelle stesse ore una contro-manifestazione a Milano lanciata dal così detto “terzo polo”, con la partecipazione anche di Letizia Moratti e Carlo Cottarelli, è stata invece marchiata dallo slogan "Salva ukraini", il saluto della resistenza anti-Russa. Di fatto, un forte appello al continuo invio di armi all’Ucraina fino all’ipotetica “vittoria finale”.
"Se l'ideale della pace è disarmare gli ucraini è l'ideale della sottomissione. Tutti vogliamo la pace, ma da dove deriva la pace? Dalla libertà o dall'asservimento?", ha affermato il leader di azione Carlo Calenda, avallando l’idea che tutto potrà risolversi con la sconfitta del “nemico”.
Forse si è dimenticato il leader di Azione, che l’intera umanità rischia oggi più che mai di venire annientata in uno scontro nucleare tra Russia e Stati Uniti, con entrambi i leader delle due superpotenze che parlano della crisi diplomatica più grave dalla crisi dei missili di Cuba del 1962.


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© Imagoeocnomica


Il rischio di una guerra totale senza vincitori
In Ucraina, con l’annessione alla Federazione Russa delle regioni di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia, anche a questi territori si applica la dottrina nucleare della Federazione Russa che permetterebbe l’uso di armi nucleari qualora venga messa a rischio l’integrità territoriale dello Stato. Il vicepresidente del consiglio di sicurezza russo Dmitrij Medvedev parla di guerra Mondiale se gli Stati Uniti invieranno missili a lungo raggio a Kiev, mentre gli Stati Uniti, stando alla National Defense Strategy (NDS), pubblicato a fine ottobre di quest’anno, non escludono più il primo uso dell’arma atomica.
Ci sembra doveroso evidenziare inoltre, come questa guerra abbia responsabilità da entrambi gli schieramenti in lotta, con gli Stati Uniti che hanno finanziato un colpo di stato in Ucraina nel 2014, portando al potere una forza golpista anti russa, prossima a inglobare l’intero territorio nella Nato e dunque anche infrastrutture militari americane vicine ai confini della Russia. Una prospettiva inaccettabile per Mosca che si è vista anche rifiutare un trattato per l’assicurazione di una non ulteriore espansione dell’Alleanza ad est. Una dinamica che non tiene nemmeno conto della guerra che gli ucraini hanno condotto dal 2014 contro le repubbliche russofone di Donetsk e Lugansk.
“Il cessate il fuoco è la condizione indispensabile, ma l’Italia e l’Europa avrebbero dovuto essere parti terze perché gli accordi di Minsk erano garantiti da Merkel e Sarkozy. Ma dopo 8 anni di guerra in Donbass ci siamo girati dall’altra parte. Nel Donbass nel 2015 ho visto una vera guerra di pulizia etnica”, ha dichiarato il vignettista Vauro Senesi, presente alla manifestazione pacifista di Roma.
Uno scenario catastrofico, in cui il nostro paese si sta addirittura glorificando di inviare a Kiev armi High Tech, come i lanciarazzi Multiple Launch Rocket System, a guida gps, i semoventi Pzh2000 o gli obici M109L da 155 mm.


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© Imagoeocnomica


L’invio di armi a Kiev? Il ministro Crosetto ha preannunciato che sta preparando il sesto invio. Bene, noi gli diciamo che visto che è stata votata una risoluzione che impone al governo di avere un confronto in Parlamento, non si azzardi questo governo a fare un ulteriore invio di armi senza venire a confrontarsi in Parlamento", ha affermato Conte nel merito.
Uno scenario in cui, se anche il nostro paese continuerà a sostenere lo scontro diretto tra le superpotenze, l’esito finale potrà essere solo un’ultima grande guerra dove non vi saranno né vincitori né vinti. Un concetto ribadito anche dal movimento Our Voice con una breve performance, più volte riproposta durante la marcia a Roma. Nella scena i figuranti in lotta, rappresentanti le superpotenze nella loro volontà di predominio, legano e brutalizzano un personificatore del popolo. Uno scontro che si conclude con lo sguardo atterrito dei tre rivolto al cielo, che apre lo scenario all’olocausto nucleare finale che non vede vincitori. Tutti i figuranti cadono rovinosamente a terra, mentre il silenzio funereo del fallout radioattivo rompe ogni dinamismo.

Le basi statunitensi in Italia, bersagli in una potenziale guerra atomica
Alla fine del corteo tutta l’attenzione è stata rivolta agli interventi in piazza San Giovanni.
Per la prima volta si parla dell’uso dell’atomica non come di una frontiera invalicabile ma come di una possibilità reale..noi abbiamo le atomiche di Aviano e Ghedi, il Sole 24Ore afferma che ci sono 100 bombe atomiche e 120 basi Nato. Questi luoghi non sono solo avamposti militari, sono bersagli!”, ha affermato il presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo.
Un pericolo concreto se teniamo conto che entro dicembre le bombe nucleari B61, presenti nelle basi di Aviano e Ghedi saranno sostituite con le nuove B61-12, teleguidate e progettate per penetrare i bunker dei centri di comando del nemico. Questi ordigni, abbinati ai nuovi caccia F35, secondo il colonnello dell’U.S Air Force responsabile del Comando per il combattimento aereo e della divisione per la deterrenza strategica e l’integrazione nucleare Daniel Jackson costituiscono una capacità di livello strategico che si aggiunge a quella del bombardiere B-2, l’aereo stealth sino ad oggi prominente per l’attacco nucleare. Fattore che renderebbe il nostro paese un obiettivo ancora più sensibile in caso di guerra atomica.


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© Paolo Bassani


Emergency: “Basta criminalizzare chi parla di pace”
“Gino sarebbe felicissimo di vedere questa pace oggi”, ha esordito Rossella Miccio, presidente di Emergency, accolta da un forte applauso nel ricordo di Gino Strada.
Chi ha parlato di pace in questi ultimi mesi - ha continuato la Miccio - è stato criminalizzato, ridicolizzato e addirittura accusato di essere dalla parte dei dittatori. Ecco noi queste accuse le rifiutiamo fermamente perché parlare di pace vuol dire essere dalla parte della nostra Costituzione”.
Agli interventi ha preso parte anche Flavio Lotti, coordinatore della marcia per la pace Perugia-Assisi:
Non c’è pace senza una politica di pace e noi dobbiamo chiedere di tagliare le spese militari perché nessun soldo deve essere tolto alla cura dei giovani e le persone che non ce la fanno più”, ha ribadito Lotti in piazza San Giovanni.
Nessuna pace, dunque,  senza un nuovo sistema che abbandoni finalmente le logiche della competizione e della sopraffazione, della crescita infinita in un mondo finito di risorse. Concetti ribaditi da Giuseppe De Marzo (Rete dei numeri pari).
La guerra in Ucraina rafforza l’imperativo di rivedere i nostri orientamenti filosofici e politici”, ha affermato. “Questo sistema economico è la più grave minaccia per la razza umana e ha dichiarato guerra alla madre terra. Va cambiato prima che sia troppo tardi perché la Terra è una rete di vite interconnesse dove ciascuno dipende dall’altro, la chiave dell’evoluzione è la cooperazione che massimizza il risultato per tutti, non della competizione”, ha affermato De Marzo.


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Il presidente di Libera, don Luigi Ciotti © Imagoeconomica


Le parole di Don Ciotti
A dare uno sguardo più profondo sulla grave crisi internazionale è stato don Luigi Ciotti, acclamato in piazza San Giovanni da un caloroso applauso.  Il presidente di Libera ha lanciato un forte appello ad una vera pace, che parte dal riconoscimento di pari dignità di tutti gli uomini della terra e dalla concezione di un nuovo sistema che abbandoni la logica criminale della competizione economica, vera progenitrice di tutte le guerre: per promuovere la pace è necessario garantire giustizia sociale e giustizia ambientale. L’attuale sistema economico produce disuguaglianze, ingiustizie, degradando i diritti in privilegi. La logica competitiva del mercato economico non è che l’anticamera di quella competizione tra vincitori e vinti, tra aggressori ed aggrediti chiamata guerra. Le guerre meno visibili, quelle economiche, della finanza, di quella economia che uccide la dignità e libertà di tante persone. Sono anche guerre queste! Meno visibili. Una guerra non dichiarata ma ancora più pericolosa, ipocrita, nascosta, subdola...Quando il valore del denaro è superiore al valore della vita si è già in stato di guerra e di conflitto”, ha affermato Don Ciotti, che ha concluso con la proposta di permettere di destinare il 6XMille a favore della pace. Un’azione volta a garantire “la libertà di poter scegliere che le nostre tasse vadano nella direzione di essere usate nella lotta ai poveri, per produrre lavoro, per avere libertà e dignità… Non vogliamo che i nostri soldi vadano nella direzione sbagliata”.

Foto di copertina © Imagoeconomica

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