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E' attesa oggi a Kinshasa la terza udienza del processo aperto per accertare i responsabili della morte dell'ambasciatore d'Italia in Repubblica democratica del Congo (Rdc) Luca Attanasio, ucciso il 22 febbraio del 2021 nell'est congolese in un attacco armato insieme al carabiniere Vittorio Iacovacci ed all'autista del Programma alimentare mondiale (Pam) Mustapha Milambo. Dopo le udienze del 12 e 28 ottobre, i cinque accusati - un sesto e' sfuggito all'arresto ed attualmente ricercato - compariranno oggi nuovamente davanti al tribunale militare di Kinshasa-Gombe, inserito nella struttura carceraria militare di Ndolo, con l'accusa di aver partecipato all'assassinio dell'ambasciatore e dei suoi due accompagnatori. Secondo la polizia congolese, che a gennaio scorso li aveva presentati alla stampa come i responsabili dell'omicidio, i sei "criminali" non avrebbero tuttavia avuto l'intenzione di uccidere Attanasio ma di sequestrarlo per richiedere un riscatto di circa 998mila euro. Come riferisce "Jeune Afrique", all'udienza di mercoledi' 28 ottobre il tribunale ha respinto la richiesta di libertà provvisoria avanzata dalla difesa la settimana precedente, sostenendo che una corte militare non e' indicata ad esprimersi sul caso di imputati civili, mentre ha mantenuto come capi d'accusa la detenzione illegale di armi e munizioni di guerra, l'associazione a delinquere e l'omicidio. L'ambasciatore Attanasio, 43 anni, è morto dopo essere stato colpito da colpi di arma da fuoco quando il convoglio del Pam sul quale viaggiava è caduto in un'imboscata a nord di Goma, alla periferia del Parco nazionale di Virunga. 
Nel corso della seconda udienza, l'accusato Issa Seba Nyani - il primo ad essere interrogato dai magistrati - ha negato le accuse e sostenuto che le ammissioni di colpevolezza registrate a suo nome gli sono state estorte sotto tortura. Parlando in lingala, l'uomo di circa 30 anni ha dichiarato di aver appreso della morte dell'ambasciatore dalla televisione, respingendo l'accusa di essere coinvolto non solo nell'attentato di Attanasio ma anche in altri rapimenti e tentativi di sequestro nell'est del Paese: presentato dall'accusa come un ex militare che nel 2012 ha integrato i ranghi della ribellione del Movimento del 23 marzo (M23), gruppo armato armato attivo nell'est congolese e che Kinshasa ritiene sostenuto dal Ruanda, Seba Nyani ha quindi sostenuto di essere un semplice autista di moto taxi arrestato per errore mentre stava lavando il suo veicolo in strada, di non conoscere i fucili di tipo AK-47 - il modello di arma che in base all'autopsia ha sparato il colpo che ha ucciso Attanasio - e di non avere nulla a che fare con attivita' criminali. Nelle dichiarazioni registrate dalle forze di polizia durante l'arresto dell'imputato, Seba Nyani riconosce invece un ruolo come autista durante diversi rapimenti, denuncia alcuni suoi complici ed in particolare quello che avrebbe sparato uccidendo l'ambasciatore. In tribunale, l'uomo ha ripetuto di essere stato costretto a firmare queste dichiarazioni sotto tortura, versione supportata dai due legali che lo hanno difeso. Il processo riprende oggi dopo la sospensione.

Foto © Imagoeconomica

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