Nella Capitale Europea una carovana internazionale da Bilbao. Cortei e workshop hanno anticipato il sit-in davanti all’Europarlamento
“Rights! No Deaths - Diritti! No Morti”. E’ l’insegna sotto cui centinaia di associazioni e persone si sono mosse in questi giorni da varie parti del mondo in carovana per arrivare a Bruxelles.
Un appello indetto principalmente dai collettivi spagnoli, baschi e catalani di “Caravana Abriendo Fronteras”, a cui il mondo attivista tutto ha risposto mobilitandosi da varie parti dell’Europa e dell’Africa per giungere fino al Parlamento Europeo, luogo in cui vengono prese le principali decisioni in merito all’immigrazione.
La carovana è partita lunedì 26 settembre a Bilbao e ha fatto diverse tappe lungo il percorso che dalla Spagna ha attraversato la Francia per finire in Belgio, passando per città come Irùn, Poitiers, Parigi, Calais, Vottem e Liegi. Ogni tappa della carovana, costituita da due autobus, è stata caratterizzata da workshop, cortei, assemblee e visite guidate nei quartieri di periferia per ascoltare e comprendere i disagi e le richieste di famiglie rifugiate senza documenti delle varie località. Il gruppo è arrivato quindi a Bruxelles il 29 settembre dove una delegazione di alcune associazioni hanno avuto un colloquio con europarlamentari. Qui, il 1° ottobre si è svolta la tanto attesa manifestazione, alla quale hanno aderito altre realtà per un totale di 300 persone circa, ritrovatesi a Place de Luxemburg, una piazza antistante l’edificio del Parlamento Europeo. Nel corso della manifestazione, seguita dalla stampa, si sono tenuti i discorsi dei rappresentati della lotta dei migranti. Una lotta che continua da molto tempo, nei vari aspetti che coinvolgono le vite dei migranti. Sono state avanzate numerose richieste volte alla difesa della dignità e della vita dei migranti, ma solo dopo una sequenza di interventi in cui sono state illustrate le politiche di morte che l’Unione Europea continua a mettere in pratica e la complicità dei suoi Stati membri nelle violenze che avvengono alle frontiere nei confronti dei migranti. Un aspetto importante è quello dei centri di accoglienza, di cui si sono occupati i Sanspapiers provenienti da Parigi, che in Place de Luxemburg, hanno esposto le condizioni di vita dei migranti. I Sanspapiers sono attivisti senza documenti che si battono per i diritti dei migranti giunti dall’Africa sino al cuore dell’Europa, luogo in cui vengono stipulati i trattati e gli accordi volti a fermare e ridurre le migrazioni con i governi Africani.
“Più di 28.000 persone hanno perso la vita dal 2014 mentre cercavano di raggiungere o attraversare l’Europa, 49.000 dal 1993”, hanno ricordato i Sanspapiers. “Queste sparizioni in mare o in montagna, nel deserto e sulle strade, sono intollerabili. Per coloro che riescono a varcare questi confini, ogni giorno vengono erette altre barriere: non avendo i documenti giusti, vengono discriminati e viene impedito a loro di accedere a una vita dignitosa”, hanno spiegato. “Quante tragedie, quanti naufragi nella Manica, nel Mediterraneo o cimiteri sui sentieri ghiacciati nelle Alpi o nei Pirenei ci vorranno perché questa politica disumana e assurda cessi?".
Un'analisi corretta, quella effettuata dal gruppo e a dimostrarlo sono i dati ufficiali raccolti dal giorno del tragico naufragio avvenuto al largo delle coste di Lampedusa nel 2013, in cui ad oggi risultano essere più di 25.000 i migranti e rifugiati che hanno perso la vita nell'attraversamento delle frontiere, di cui 20.000 nel mediterraneo, in questo 2022 le morti nel solo Mediterraneo sono state 1400, l'84% nella rotta del Mediterraneo Centrale che si conferma essere la più pericolosa e allo stesso tempo la più attiva al mondo.
I numeri parlano chiaro, nelle politiche migratorie Europee c'è qualcosa che non funziona.
Non si tratta più quindi della rabbia dei migranti che dopo aver rischiato la vita si ritrovano nuovamente di fronte a numerose difficoltà, come detto, dovute alle norme discriminatorie degli Stati Europei, ma di diritti umani basilari che vengono costantemente violati.
A ribadire il coinvolgimento e la responsabilità dell'Unione Europea e dei suoi Stati membri è stato Thierno Mbengue attivista per i diritti umani del movimento Our Voice e studente di giurisprudenza dell’Università di Palermo, che in un breve discorso ha parlato di come i migranti siano vittime di un sistema disumano e malato.
"Questo luogo dove siamo oggi è responsabile di tutte le decine di migliaia di morti alle frontiere, perché non si tratta di semplici morti, ma di omicidi avvenuti a causa delle azioni dei governi europei”, ha affermato. “L’Europa ci ha mentito sulla funzionalità di enti come Frontex, ci ha mentito su tutto ciò che riguarda la nostra vita in quanto migranti. Ci ha tolto le nostre risorse di vita, ha pagato per destabilizzare i nostri governi, costringendoci così a lasciare le nostre case".
Un discorso toccante ed emozionante in cui l'attivista di seconda generazione, ha spiegato il motivo più profondo che ha animato l’appello “Rights! No Deaths”, facendo appello all'umanità delle persone, concludendo così il suo intervento: “Come figli di migranti e come migranti, chiediamo che gli organi istituzionali come Frontex siano aboliti e che l'Unione Europa obblighi i paesi che ne fanno parte a salvare tutte le vite in pericolo nel Mediterraneo e in tutte le altre frontiere globali. Che i centri di accoglienza siano riformati e tolti dalle mani della mafia e che paesi come l'Italia smettano di criminalizzare i migranti".
Foto © ACFB
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