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“L'arma con la quale ha cercato di sparare non è la mia, io gli avevo dato una calibro 22 a canna corta”

Il caso, sul quale indaga il giudice María Eugenia Capuchetti, del fallito attentato contro la vicepresidente Cristina Fernández Kirchner, ha portato, fino a questo momento, all’arresto di quattro persone, ma ci sono ancora un'infinità di interrogativi da chiarire. Quali sono i moventi dell'attentato? Politici? Ci sono finanziatori e sostenitori esterni al gruppo operativo? La Procura rilascia informazioni pubbliche con il contagocce, mentre, all’esterno, nell’arena politica, cerca di avere uno spazio nella scena, non tanto il tema in sé dell’attentato fallito, bensì la guerra civile che avrebbe potuto scatenare qualora fosse andato a segno.  

Credibilità nel processo, e altro ...
Troppi attentati e troppi depistaggi ha conosciuto la storia dell’Argentina. Ricordo quando Carlos Saúl Menem, al tempo presidente della Nazione, dopo solo mezz'ora dalla strage causata dall'esplosione della polveriera della fabbrica di armi di Rio III, disse in conferenza stampa, rivolgendosi alla stampa presente: “Voi avete l'obbligo di dire che questo è stato un incidente”. Quello, che fu un attentato architettato ed organizzato dall'interno dello Stato e del potere, aveva la finalità di occultare l’assenza di armi, determinata dal fatto che il governo di Menem, in complicità con il sistema criminale, aveva le vendute in maniera illegale a Croazia ed Ecuador. Dal presidente in giù una buona parte dello Stato cospirò per nascondere un crimine atroce, ed, allo stesso tempo, assicurare l'impunità dei colpevoli, dell'attentato e delle cause che lo determinarono.

Nessuno, o comunque chiunque sia sensato, può desiderare che una nullità fermi un fatto politicamente grave, sarebbe come se il Titanic fosse affondato per aver sbattuto contro un cubetto di ghiaccio. Per questo motivo, attraverso queste pagine, esprimiamo il nostro pensiero che gli accusati saranno rappresentati da avvocati di primo livello. Questo permetterebbe, almeno in teoria, di rassicurare l'opinione pubblica che il dovuto processo si realizzi con tutte le garanzie e le attenzioni necessarie. A partire dallo stesso presidente Alberto Fernández che ha richiesto, sin dall'inizio, che sia protetta la vita del killer. Anche se il telefono di Sabag Montiel è stato trovato ‘resettato di fabbrica’.

Nelle ultime ore la Corte ha esteso l'indagine sul quarto arrestato, Nicolás Carrizo, capo dei “Los Copitos”, gruppo presente nella cerchia di conoscenze della coppia accusata di aver tentato di assassinare la vicepresidente. Carrizo è rappresentato legalmente dall’avvocato Gastón Matías Marano. Marano, prima di assumere la rappresentanza legale di Carrizo - al fine di non avere alcun conflitto di interessi, si presuppone - si è dimesso dal suo incarico di consigliere nella Commissione Bicamerale di Intelligence del senatore macrista, Ignacio Torres. Marano, oltre ad avere legami diretti con il macrismo, ha partecipato a formazioni e corsi organizzati dall’Ambasciata degli Stati Uniti e ha tenuto conferenze nei circoli della massoneria argentina. In definitiva, un avvocato tutto di un pezzo; un rappresentante con accesso all'espediente e che è soggetto al segreto istruttorio.   

Duplice arma
Come ha riferito alla stampa l'avvocato Marano, Carrizo si è dissociato dai fatti di cui viene accusato. Ha detto che il 28 agosto si trovava nel Parque de la Costa, nella località di Tigre, ad oltre 30 km. di distanza, a vendere zucchero filato. A questo proposito l'avvocato ha detto che presenteranno delle prove al riguardo. Ricordiamo che secondo fonti informative la Procura afferma che gli assalitori hanno fatto un lavoro di intelligence durante i giorni precedenti all'attentato. L'immagine di Sabag Montiel è stata registrata sul posto e anche i tabulati telefonici lo dimostrano. Le autorità cercano di dimostrare che gli altri detenuti, Brenda Uliarte, Agustina Díaz e Nicolás Carrizo, hanno partecipato a queste attività di premeditazione.

In questo quadro, una delle prove di cui dispone il tribunale contro Carrizo è una comunicazione telefonica avvenuta dopo il fallito attentato con una donna identificata come 'Andrea', che sarebbe la sua “sorellastra”. In questa conversazione Carrizo dice: “Andrea, l'arma è mia”. E aggiunge: “Questo era pianificato di realizzarlo entro una settimana. Ha fatto tutto male. È uno scemo”. Per non lasciare dubbi su a cosa si riferiva, aggiunge: “Siamo decisi ad ammazzarla quella puttana. Cristina ha paura, è andata male, ma ha paura”. Infine, in un semplice discorso, fa sinteticamente riferimento ai terribili fatti successi la notte del 1° settembre: “Per poco il mio amico non è diventato un eroe nazionale, Andrea. Ci è andato molto vicino. Non ha funzionato l'arma. Non capisco, funzionava bene”.

Nonostante le “confessioni” di Carrizo che il tribunale dovrà valutare, nell’accordo tra Uliarte e Carrizo, che sembrerebbero essere i mandanti, c’è una discrepanza nei fatti. Durante la sua comunicazione con Andrea, Nicolás Gabriel Carrizo dice, “l'arma con la quale ho cervsto di sparare non è la mia, io gli ho dato un calibro 22 a canna corta” ho appena parlato con la fidanzata e ce l’ha lei, così domani la nascondiamo ed andiamo a Crónica a parlare”.

In realtà la geolocalizzazione dei telefoni cellulari ha confermato, secondo quanto riferito dal quotidiano Página/12, che il 2 settembre, all’alba, Brenda Uliarte e Nicolás Carrizo si trovavano a Barracas, dove c’era il capannone che il gruppo usava come base operativa. Lì avrebbero nascosto l'arma utilizzata dal sicario. Il giorno dopo, come aveva annunciato Carrizo, si presentavano davanti ai media per cercare di svincolarsi dai fatti. Ma proprio il giorno dopo sarebbe stato fermato Uliarte, e Carrizo si sarebbe presentato volontariamente il 5 settembre davanti ai giudici, anche se viene arrestato solo mercoledì 14, due settimane dopo il fallito attentato.   

Doppio piano?
La versione raccolta dalla stampa, fino adesso, ci racconta che dopo che Fernando André Sabag Montiel ha puntato due volte un’arma carica contro il viso della vicepresidente, ha cercato di sbarazzarsi dell'arma - almeno secondo le dichiarazioni di uno dei manifestanti sul posto -, prima di essere circondato dalla folla. Ricordiamo che tra i video recuperati nei telefoni cellulari degli accusati ce n'è uno con Sabag Montiel, identificato dai tatuaggi sulle mani, che maneggia un’arma simile a quella utilizzata il giorno del fallito attentato, una Bersa semiautomatica, calibro 32, modello Lusber 84, di fabbricazione nazionale. Ciò fa capire che conosceva perfettamente il funzionamento della pistola.

Che grazia mi fanno tutti quegli stronzetti lì che si scattano foto, facendo i peronisti con la "V", tu arrivi lì con l’arma e spari. Tu sai come scappano tutti correndo?”, dice Sabag Montiel a Brena Uliarte qualche giorno prima dell'attentato. “Panico, il caos che si genera. Cioè, è molto difficile” Cioè, se io sparo, dopo gli spari capiranno che ho io un'arma, dovrò togliere il caricatore, mi prendono l’arma ma non hanno i proiettili” poi vorranno prendermi, possono afferrarmi alcuni, ma altri scappano ed è molto difficile, che ne so”. È chiaro che il piano era sparare e correre.  Lei risponde “Sono arrivata amore. Tu dici che non ti prenderanno?... Il piano è che tiri il colpo e scappi”.

A questo punto bisogna ricordare la testimonianza resa dal testimone 'Federico' durante il dialogo tenuto con i giornalisti di C5N in cui ha detto che dopo aver lottato con Sabag Montiel è stato lui a tenere col piede l'arma che giaceva a terra fino a quando non è stato recuperata dalla polizia. Quell’arma, che giaceva a terra in mezzo alla folla, è ora in mano alla giudice Capuchetti. Ricordiamo anche che la perizia dattiloscopica ha confermato le impronte del killer di origine brasiliana. 

 Questo dettaglio, in contrapposizione alla “confessione” di Carrizo e a quelle di Uliarte, fanno supporre che, oltre al piano originale, formulato dal capo di “Los Copitos” e la fidanzata, quest’ultima aveva un piano tutto suo. Se così fosse, in che momento è stata sostituita l'arma preposta per l'attentato? Chi ha deciso la sostituzione?

“Sicari del giornalismo”
Alcuni anni fa il caro Raúl Blazquez diceva che ci sono giornalisti che sono “sicari” del giornalismo, disinformatori seriali, per dirla in altre parole. Persone che aiutano ad imporre un racconto dei fatti e perfino una bugia sulla verità.  

Giorni fa, l'ex presidente argentino, l'ingegnere Mauricio Macri, ha rilasciato un'intervista personale al giornalista Luis Majul che da diverso tempo a questa parte è diventato servile rispetto a certi settori concentrati di potere.

Durante questa “intervista” Macri, fedele al suo stile mafioso, cioè asociale, ha definito una ‘reazione eccessiva’ le ripercussioni sociali e politiche che vi sono state nei giorni successivi al tentato di assassinio di una leader politica regionale. Macri, lo stesso che si è arricchito alle spalle dello Stato argentino rimanendo impunito, pluriprocessato per reati gravi che attentano all'ordine legale del Paese, afferma che l'attentato fallito contro la vicepresidente: “È qualcosa di personale di un gruppo di matti e non è stato orchestrato politicamente”. E continua: “Da quello che ho visto e letto è più che evidente. Questo non è l'attentato che abbiamo visto con María Eugenia in Mar de la Plata che avrebbero potuto ammazzarci. Le pietre lanciate da tutte quelle persone riunite sul posto per aggredirci o a Traful, anche loro soci di questo governo. Quelle erano mobilitazioni politiche per aggredire e per fortuna non è successo niente, ma se fosse successo? Una pazzia”. Così, in maniera semplicistica, paragonando un ‘escrache’ (protesta pacifica) con un tentativo di omicidio, è come Macri ha governato il paese.

Così, con questo fare da sempliciotto, Mauricio Macri evita di analizzare i fatti in profondità, rispetto ad altre persone coinvolte e rispetto alle conseguenze sociali, ed ovviamente politiche, che l'assassinio della massima figura politica della regione avrebbe avuto.  

Per l'ex presidente un'organizzazione che tenta un omicidio è soltanto una banda di matti. Quale considerazione, anche semplicistica, avrebbe riguardo un'organizzazione che assassina giovani, studenti, operai. Cosa significheranno per lui?

Foto © Presidencia de la N. Argentina

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