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La sua sparizione forzata e la conseguente morte è stato un crimine di stato

Impunità, oltraggio, abuso. Tutto questo accadde il 1° agosto del 2017, a Pu Lof in Resistenza del Dipartimento di Cushamen, nella provincia di Chubut, Argentina, quando Santiago Maldonado scomparve letteralmente nel bel mezzo di un’operazione illegale e abusiva della Gendarmeria Nazionale. Da quel giorno una sola domanda si sarebbe ripetuta in tutto il mondo: dov’è Santiago?
Santiago Maldonado scomparve per 78 giorni; una scomparsa avvenuta in una democrazia che ci ricorda l’epoca degli orrori della dittatura.
L'oscuro potere egemonico ha sparso ancora una volta tra noi l’odore ripugnante della sparizione forzata. Santiago Maldonado era un artigiano che si avvicinò al blocco stradale in atto quel giorno nella mitica strada 40; la Gendarmeria Nazionale Argentina quel giorno entrò in maniera irregolare e violenta nel territorio della comunità dei Mapuche, come era già accaduto in altre occasioni; ma questa volta dispiegò un’operazione violenta sparando proiettili di piombo e di gomma, senza alcuna precauzione per proteggere i bambini e le bambine presenti sul luogo prendendo decisioni inspiegabili, che inclusero il rogo di oggetti appartenenti alle famiglie, come vestiti e coperte. Queste azioni furono eseguite con l’unico scopo di intimidire i membri della comunità.
Nell’ambito di queste operazioni, tre membri della comunità furono trattenuti senza alcuna giustificazione e portati in un commissariato dove rimasero per diverse ore. Inoltre, da quel momento non si sapeva dove fosse Santiago Maldonado, sostenitore della causa mapuche. Queste operazioni e la criminalizzazione della Comunità furono avallate all’epoca dal Ministero della Sicurezza dell’Argentina, come si evince dalle dichiarazioni radiofoniche di Pablo Noceti, capo del gabinetto del ministro della Sicurezza, Patricia Bullrich.
Quel giorno, durante il procedimento, Pablo Noceti era stato nella tenuta di “Leleque”, di proprietà della famiglia Benetton, pur avendolo negato per 37 giorni; il Ministero guidato da Patricia Bullrich affermò che Noceti era stato sul luogo dei fatti durante e dopo l'operazione. Vale la pena ricordare che, quel 16 agosto, cercando di confondere tutti, la ministra della Sicurezza disse al Senato della Nazione che Noceti era passato sul posto solo una volta: “Alle 12:30, quando era già in atto l’operazione, scese dall’auto perché stava andando a Esquel a svolgere alcune attività, salutò la Gendarmeria e proseguì. Non partecipò, non diede ordini, non ebbe niente a che vedere con la parte operativa”.
Verosimile ma non reale, visto che i colpi di scena nei discorsi del Ministero della Sicurezza erano solo stratagemmi per provare a nascondere una tragica realtà: Santiago Maldonado fu rapito dalle forze repressive del governo al potere, in questo caso sotto la direzione del Presidente Mauricio Macri.
Parliamo di “crimine di stato” non solo per le caratteristiche del fatto in sé, ma per l’aspetto divulgativo e mediatico che lo circonda. “Nessun crimine di Stato si commette senza aver provato un discorso giustificativo”, ha sottolineato Eugenio Zaffaroni, aggiungendo che “la negazione del crimine è la tecnica di neutralizzazione più comune nei crimini di Stato”.
Nella sua opera El crimen de Estado como objeto de la criminología” (Il crimine di Stato come oggetto di criminologia)” sottolinea che la negazione, l’offuscamento della realtà e lo sradicamento dei resti e delle tracce della verità assoluta sono parte integrante del crimine perpetrato dallo Stato. Questo ci dimostra anche come i mezzi di comunicazione, portavoce dello stato, rendano naturale un certo uso del linguaggio per neutralizzare il crimine.
Il corpo senza vita del giovane artigiano fu ritrovato il 17 ottobre del 2017, nelle acque gelide del fiume Chubut, in un luogo che la famiglia denunciò “fu rastrellato per tre volte” senza nessun tipo di ritrovamento.
Nella sparizione di Santiago Maldonado, lo stato argentino insieme a tutto il mainstream cercarono di mentirci con teorie assurde, cercando di allontanare la cittadinanza dalla verità. Eliminando quasi completamente il coinvolgimento della famiglia Benetton in quest’atrocità. La sparizione di Santiago Maldonado avviene in una terra macchiata di sangue appartenente alla comunità Mapuche e che Luciano Benetton acquistò per pochi centesimi dal governo corrotto di Carlos Saul Menem negli anni ‘90.
Santiago Maldonado sosteneva il recupero delle terre originarie da parte della comunità chiedendo la liberazione del Lonko Facundo Jones Huala.
Oggi, a cinque anni di distanza, ricordiamo Santiago Maldonado ma non dobbiamo dimenticare nemmeno Rafael Nahuel assassinato dal gruppo albatros o Elias Garay anche lui assassinato a bruciapelo in un’azione in cui lo stato fu l’autore principale di un atto indegno che divenne mediatico, data la sua portata e il suo tradimento. 
La cosa certa è che il manto dell’impunità continua a ricoprire la vicenda di Santiago Maldonado che ha lasciato in lutto la comunità Mapuche argentina e della regione. E sono passati cinque anni. È molto amaro il bilancio della criminalità infiltrata nelle istituzioni di un paese che crede di essere, ed è etichettato, come democratico, conforme alla legalità e alla tolleranza.
Una farsa, a giudicare da questo e da altri fatti che hanno offuscato ogni traccia di trasparenza nell’azione del governo all’interno di una società convulsa, molto più per disavventure che per successi.
E questo fa male a tutti noi.

Foto di copertina: santiagomaldonado.com

Foto 2: laizquierdadiario.com

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