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Sarebbe avvenuto alla fine della dittatura: dal 1985 al 2005. Il pubblico ministero del caso ha determinato che  sono stati commessi dei reati che sono ormai prescritti

Decine di persone sono state spiate in modo illegale in Uruguay tra il 1985 (anno del ritorno della democrazia nel paese) e - almeno - il 2005. La Giustizia lo ha sancito, ne ha le prove, lo sa e lo dice. Partiti politici, sindacati, funzionari dello Stato di ogni tipo (tra i quali giudici, presidenti, ministri e senatori), organizzazioni sociali e giornalisti, sono stati spiati segretamente e illegalmente da un sistema di spionaggio manipolato e gestito dall’intelligence militare e di polizia dell'Uruguay. Le presidenze di Julio María Sanguinetti (per due periodi), Luis Alberto Lacalle e Jorge Batlle si sono macchiati di questi fatti sinistri, una forma di continuità di una dittatura subdola.  
Il procuratore Enrique Rodríguez ha deciso che i reati sono prescritti. Rodríguez, titolare della Procura per i reati Economici e Complessi, ha archiviato la denuncia presentata nel 2018 da Gerardo Núñez e Luis Puig in qualità di rappresentanti della Camera dei Deputati.
Senza dubbio è alquanto curioso che un procuratore per i reati economici venga incaricato di un caso di spionaggio. Ma soprattutto che un reato di tale gravità - perché si tratta della continuità e riproduzione di pratiche della dittatura esercitate dall'interno dello Stato contro i propri cittadini - resti impunito, dando piuttosto una cattiva immagine della giustizia uruguaiana, dei diritti umani e dello Stato nella sua totalità. Non rappresenta oramai una minaccia alla democrazia, bensì un attacco diretto, l'espressione di una mancanza di interesse e fermezza nel difendere i principi basilari della convivenza umana.
L'indagine, durata circa quattro anni, ha coinvolto 17 militari, gran parte dei quali pezzi grossi della Forza Aerea, dell'Armata e dell'Esercito.
Nel documento del procuratore si legge: “Sono chiare le prove riscontrate che dimostrano che effettivamente sono state messe in atto azioni irregolari ed illecite di spionaggio, dal 1985 fino almeno al 2005, da agenzie di intelligence dello Stato”.
Un’“attività illegale” consistita in “inseguimenti, infiltrazioni in sindacati, organizzazioni sociali, partiti politici ed altri organismi” oltre a “intercettazioni telefoniche, irruzione illegale in domicili, locali o altri immobili e fluido scambio di informazioni fornite  da persone pagate per quel ‘lavoro’”.
Il testo specifica i reati contestati alle persone coinvolte: “Abuso di funzioni (art. 162 del Codice Penale); omissione di denuncia dei delitti (art. 177); indagini non autorizzate (art. 287); violazione di domicilio (art. 294); intercettazione telefonica (art. 297); rivelazione di segreto telefonico (art. 298); conoscenza di documenti segreti, pubblici o privati (art. 300) e rivelazione di segreti (art. 301)”.
Nonostante questo elenco di crimini commessi sistematicamente dallo Stato per almeno 15 anni (forse anche di più) il procuratore Rodríguez si è basato sull'interpretazione di “prescrizione” dei delitti: “Così come è stato detto che i presunti delitti commessi hanno una pena massima inferiore a dieci anni, il termine affinché si consideri prescritto il delitto è di dieci anni e quindi si è estinta la possibilità di esercitare l'azione penale che scadeva nel 2015 (i procedimenti furono presentati dalla Camera di Rappresentanti alla Procura il 07/11/2018 ed acquisite il 08/11/2018, erano cioè trascorsi 13 anni”.
L'accusa del rappresentante della Giustizia, che deve difendere la popolazione in prima istanza, si conclude nei seguenti termini: “È chiaro che c’è stata debolezza nei controlli istituzionali e democratici da parte dei ministeri e dello Stato nel suo insieme”. Una accusa di superficialità al limite della negligenza. E aggiunge: “Fino a che punto le alte gerarchie dello Stato avessero conoscenza probatoria di tale modo di agire non è possibile determinarlo con esattezza da parte di questa procura”.
Parole commoventi per le quali i responsabili sapranno ringraziare.
Ed ovviamente non sono mancate le parole del salvatore del Partito Colorado, l'ex presidente, ex senatore, ex leader colorado, ex ministro ed ex per tanti altri incarichi che si è espresso contemporaneamente alle dichiarazioni della Giustizia per attaccare nuovamente, forse nel tentativo di esprimere la posizione del suo partito: “Noi non abbiamo mai ordinato di spiare nessuno né credo sia avvenuto”. Al contrario, ha difeso il compito della intelligence per ottenere informazioni sulla popolazione.
Micaela Melgar, deputata capogruppo dello schieramento di Gerardo Núñez, ha espresso che “è la prova che sono state violate le libertà democratiche di tutto il paese”. “Ciò risponde ad una cultura dell'impunità che ha perpetuato il potere di questi apparati con l'obiettivo di prevenire l'investigazione e la giustizia per i  crimini di lesa umanità”, ha segnalato al media locale El País.
La denuncia presentata dai deputati Luis Puig e Gerardo Núñez nel 2018 si era basata sul progetto sviluppato dall'Università della Repubblica (UDELAR) 'Cruzar’ (Attraversare) che si era dedicata ad “analizzare il contesto nel quale si è inserito lo spionaggio militare al referendum e come ha consolidato la sua potenza e indica quali sono stati i suoi principali obiettivi e risultati” lavorando solo su “una piccola parte” di documenti del denominato 'archivio Berrutti’.
L'archivio Berrutti, che consta di oltre 1.500 microfilmati contenenti oltre tre milioni di documenti dell’intelligence militare, prende il nome dell’ex ministro della Difesa del periodo 2005-2008, Azucena Berrutti, che ordinò il sequestro di due mobili ubicati nella Scuola di Intelligence dell'esercito, mobili che contenevano la documentazione in questione.

*https://cruzar.edu.uy/ è il sistema di informazione archivi del passato più recente, elaborato da Udelar

Foto di copertina: Antimafia Dos Mil

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