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Cresce sempre più la tensione sociale a seguito delle convincenti pretese contro il governo di Giullermo Lasso 

La recente liberazione del leader indigeno Leonida Iza in Ecuador, il cui presidente Giullermo Lasso si trova ad affrontare una pioggia di reclami per la riduzione del prezzo dei combustibili ed una immediata rinegoziazione dei debiti bancari dei contadini, non ha disteso il clima di violenza generalizzata che nelle ultime ore si è tradotto in duri scontri tra poliziotti ed indigeni. Questi ultimi, lo scorso lunedì, hanno letteralmente preso d'assalto le strade di diverse città per protestare contro la detenzione del dirigente. I membri della Confederazione delle Nazionalità Indigene (CONAIE) hanno vissuto tre giorni consecutivi di duri scontri con le autorità, appoggiati dai cittadini vicini alle lotte degli indigeni e di altri settori sociali nelle accese manifestazioni per le strade, mentre persiste uno sciopero nazionale di grandi proporzioni con azioni repressive di grande violenza  da parte della polizia.
Nonostante la decisione del governo di concedere la libertà a Iza (forse nella speranza di placare le rivolte, cosa che invece non è avvenuta in base alle informazioni provenienti dall'Ecuador), la giustizia vieta al leader indigeno di lasciare il paese, in attesa del processo che sarà celebrato il prossimo 14 luglio, oltre all'obbligo di presentarsi alla Procura due giorni a settimana.
Da sottolineare, ripercorrendo la storia delle lotte indigene del CONAIE, che tra il 1997 e il 2005 i suoi membri hanno partecipato massivamente alle manifestazioni che hanno determinato il rovesciamento di tre governi. Oggi la lotta di questa confederazione con radici indigene molto forti, riguarda anche la protesta contro il taglio dei posti di lavoro, l'alto tasso di disoccupazione e la licenza di concessioni minerarie in territori indigeni, oltre alla richiesta al governo di Lasso di intervenire energicamente per il controllo dei prezzi dei prodotti agricoli.


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Per quanto riguarda le repressioni delle ultime ore, successive all’arresto di Leonida Iza, l’intervento della polizia contro i manifestanti è stato estremo in diverse province dell’Ecuador, con un uso indiscriminato di bombe lacrimogene e proiettili e un bilancio di numerosi feriti gravi tra i manifestanti. Alcuni degli scontri sono avvenuti in prossimità dell'istituto Penale Latacunga, nella capitale della provincia di Cotopaxi. Ci sono stati anche blocchi stradali di importanti arterie nella città di Quito ed in quelle circostanti.
Le immagini delle repressioni hanno fatto il giro del mondo dimostrando la durezza dell’intervento della  polizia contro i manifestanti ed in questo contesto le autorità delle comunità indigene hanno addossato la responsabilità della situazione al presidente Guillermo Lasso. Situazione che è degenerata in violenza contro donne e anziani la cui integrità fisica è stata compromessa in maniera grave, mettendo in allarme le organizzazioni per la difesa dei diritti umani, della regione e del mondo intero. La provincia di Cotopaxi è stato uno degli scenari principali della brutale repressione, condannata e ripudiata da differenti ambiti, sia all'interno dell'Ecuador che a livello internazionale.
Fonti governative hanno riferito che ci sono stati atti di vandalismo contro i veicoli della polizia, oltre a blocchi stradali e barricate. Con il passare delle ore, dal lunedì - giorno in cui sono iniziate le manifestazioni - la situazione si è andata aggravando, specialmente quando è divenuta di dominio pubblico la notizia che il massimo dirigente indigeno, Leonida Iza, era stato arrestato, arresto che i gruppi di manifestanti ritengono illegale.
In questo clima di grande tensione sociale in Ecuador, nonostante la notizia della liberazione di Iza, congressisti indigeni - in particolare il gruppo Pachakutik – chiederanno che sia processato il ministro degli interni, Patricio Carrillo, proprio per l’arresto indebito del leader indigeno. 
Al momento di redigere il presente articolo, dall'Ecuador ci informano che la tensione sociale sta aumentando e non si esclude una recrudescenza delle repressioni della polizia e della conseguente risposta dei manifestanti, nella maggior parte indigeni facenti parte della Confederazione delle Nazionalità Indigene.

Foto di copertina: yahoo.com

Foto 2: TVAzteca

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