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Il 24 marzo del 1976, dalle prime ore del mattino, le ombre scesero su ogni città del paese, e diedero ufficialmente inizio a quella che anni dopo sarebbe stata definita la notte più lunga. Quel giorno, la dittatura civile, imprenditoriale ed ecclesiastica che ha operato (e opera) in Argentina nella totale impunità, ha dispiegato la sua strategia militare su tutto il territorio nazionale, secondo una logica di impatto regionale, in linea con gli interessi geopolitici degli Stati Uniti, nell'ambito del macro progetto denominato Plan Condor.
Migliaia di soldati lasciarono compulsivamente i quartieri e le baracche per riversarsi fragorosamente sulle strade, ma i loro movimenti non erano a caso, anzi. In modo sistematico le truppe occuparono i diversi edifici pubblici di importanza strutturale per il funzionamento del Paese, compresi i mezzi radiotelevisivi, ma anche le fabbriche e quei spazi chiave del modello produttivo agro esportatore. Gli squadroni, con la lista di nomi in mano, si apprestarono a eseguire centinaia di perquisizioni illegali e sequestri di attivisti sociali, militanti e funzionari politici (tra loro la presidentessa Isabel Martínez di Perón), referenti studenteschi, sindacalisti, artisti e giornalisti. Ognuno di loro, identificato con minuziosa precisione grazie agli apparati di intelligence, che controllavano la realtà sociale argentina da anni.
E questo è sempre importante averlo presente: molto prima del 24 marzo, gli usurpatori dello Stato, stavano già dispiegando sul territorio il terrorismo di Stato. La logica del sequestro, della tortura, dello stupro e dell’esecuzione, è già, ormai, una composizione genetica delle Forze Armate e della Polizia. Il 24 marzo del 1976 avvenne il sesto colpo di Stato del secolo che fu uno dei più terribili della regione.
“Si comunica alla popolazione che a partire da oggi il paese si trova sotto il controllo operativo della Giunta di Comandanti Generali delle Forze Armate. Si raccomanda a tutti gli abitanti il più assoluto rispetto alle disposizioni e direttive che vengano emanate da autorità militari, di sicurezza o di polizia, così come la massima attenzione nell’evitare atteggiamenti individuali o di gruppo che possano rendere necessario il drastico intervento del personale in servizio. Firmato: Jorge Rafael Videla, Tenente Generale, Comandante Generale dell’Esercito; Emilio Eduardo Massera, Ammiraglio, Comandante Generale dell'Armata; Orlando Ramón Agosti, Brigadiere Generale, Comandante Generale della Forza Aerea", recitava il primo comunicato della Giunta Militare, che nel corso della giornata avrebbe distribuito altre 30 dichiarazioni, atte a sostituire la Costituzione Nazionale, divenuta, da quel momento, un meccanismo di oppressione da un lato, e un meccanismo illusorio dall'altro.
Dichiarato lo Stato d’assedio, tutte le dipendenze dello Stato nonché il personale, furono subordinati al potere militare. Gli slogan terroristici e eversivi si stabilirono fuori dagli spazi dell'intelligence, e divennero la giustificazione per il personale di strada militarizzato, che diffondeva la logica della razzia su tutto il territorio. Fu stabilita con un decreto legge la prigione indeterminata, la pena di morte e le Corti marziali Speciali, che avrebbero dato legittimità al terrore statale, consolidando la teoria del terrorismo di Stato. I tribunali militari permisero che fossero messe a giudizio le differenze politiche. Comunque già nel sottomondo erano in azione apparati repressivi, che obbedivano alla stessa logica terroristica, ma che operavano nella clandestinità, al di fuori della repressione "legale". Intervennero anche tutti i sindacati e i loro bilanci furono congelati.
Intanto “il Paese” e i media hanno cercato soprattutto di dare un'immagine di normalità. “Non si è registrato alcun tipo di incidente nella città”, ripetevano i giornalisti, che filmavano il transito veicolare, cercando sin dal primo momento di occultare la realtà.
L'obiettivo della Giunta, almeno ufficialmente, era semplice: “Restituire i valori essenziali che costituiscono la base per la gestione integrale dello Stato, enfatizzando il senso di moralità, idoneità ed efficienza, indispensabile per ricostruire il contenuto e l'immagine della Nazione, sradicare la sovversione e promuovere lo sviluppo economico della vita nazionale fondata sull’equilibrio e sulla partecipazione responsabile dei diversi settori, al fine di assicurare la successiva instaurazione di una democrazia repubblicana, rappresentativa e federale, adeguata alla realtà e alle esigenze di soluzione e progresso del popolo Argentino”.
È così che venne instaurato il cosiddetto Processo di Riorganizzazione Nazionale e il giuramento della Giunta Militare: “Nella città di Buenos Aires, capitale della Repubblica Argentina, nel giorno 24 del mese di Marzo del 1976, alle ore 10:40, io il Notaio (Jorge Maria Allende, ndr.), a richiesta dei signori comandanti delle FFAA (Forze Armate, ndr.) mi costituisco nel Comando Generale dell'Esercito dove sono presenti il Comandante Generale dell'Esercito, Tenente Generale Don Jorge Rafael Videla, il Comandante Generale dell'Armata Ammiraglio Don Emilio Eduardo Massera ed il Comandante Generale della Forza Aerea, Brigadiere Generale Orlando Ramón Agosti, e alla mia presenza dichiarano che visto lo stato attuale del paese, assumono l’incarico del governo della Repubblica, giurando dinnanzi a Dio ed ai Santi Vangeli di svolgere con lealtà e patriottismo il compito di membri della Giunta Militare, ed osservare e fare osservare gli obiettivi basilari e gli statuti fondamentali per il Processo di Riorganizzazione Nazionale, la Costituzione della Nazione Argentina. In carattere di membri della Giunta Militare stipuliamo: 
Primo: Costituire la Giunta Militare. (…) Secondo: Considerare decaduti i mandati del presidente della Nazione Argentina e dei governatori e vicegovernatori delle province. (…) Quarto: Dissolvere il Congresso Nazionale, le Legislature provinciali, la Sala dei Rappresentanti della città di Buenos Aires, e i Consigli municipali delle province o organismi simili. Quinto: Rimuovere i membri della Suprema Corte di giustizia della Nazione, il Procuratore Generale della Nazione e i membri dei Tribunali Superiori provinciali. (…) Settimo: Sospendere l'attività politica e dei partiti politici a livello nazionale, provinciale e municipale. Ottavo: Sospendere le attività corporative di lavoratori, impresari e professionisti. (…) Decimo: Designare, una volta rese effettive le misure sopra indicate, il cittadino che ricoprirà la carica di presidente della Nazione”.
La necessità della presenza del notaio Jorge Maria Allende non solo ci porta a riflettere sull'ipocrisia “legale” delle Forze Militari, ma anche sulla partecipazione, necessaria ed attiva, di un intero apparato civile, che per primo promosse il colpo di Stato, e che lo avallò ed accompagnò durante il Processo di Riorganizzazione Nazionale, e successivamente occultò e assicurò l'impunità per i crimini contro l’umanità, commessi. Questo apparato civile, pubblico e privato, statale, imprenditoriale ed ecclesiastico, garantì con la forza la decostruzione sociale e culturale di un progetto regionale e latinoamericano, per imporre un sistema che oggi consideriamo neoliberale, eurocentrista e dipendente. Il tempo, e alcune successive indagini, dimostreranno che l'intera impalcatura militare era infiltrata e permeata da logiche criminali che oggi potremmo definire, senza timore di sbagliare, mafioso-massonico.

In foto: Jorge Videla e il governo golpista all'inizio della dittatura argentina

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