Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

I proiettili assassini dei sicari funzionali ai potenti del Brasile, il 14 marzo di quattro anni, fecero quello che si erano prefissati di fare: togliere di mezzo Marielle Franco, nata a Rio de Janeiro (in una favela), il 27 Luglio 1979. Ma l’hanno eliminata realmente? Non proprio. Sono riusciti soltanto a fare una dimostrazione di forza e superbia, ma nient'altro, perché nonostante l’abbiano fatta scomparire fisicamente - quel 14 marzo 2018 - distruggendoci dentro per il dolore, indignazione e senso di impotenza di fronte a tanto accanimento criminale, oggi comprendiamo che la lotta che lei portava avanti, nella sua terra, si è rafforzata e la resistenza ha conosciuto nuovi orizzonti e nuovi protagonisti che, come lei, hanno percorso (e percorrono) la sua stessa strada, rendendole omaggio in ogni istante, ogni secondo, ogni ora, ogni giorno.

Quella notte di sangue e crimine non la possiamo ignorare, né dimenticare, perché fu una notte di vero terrorismo di Stato, e perché siamo sicuri che lo Stato (ed alcuni suoi personaggi di spessore), è coinvolto fino al collo nell’attentato, dove perse la vita anche Anderson Pedro Mathias Gomes, l'autista che guidava il veicolo dove viaggiava Marielle, è rimase ferita da proiettili la segretaria di stampa che l'accompagnava. 

Aveva 38 anni Marielle - sociologa e femminista - consigliere comunale a Rio de Janeiro dal mese di gennaio del 2017, quando i proiettili assassini la colpirono al cranio, spegnendo la sua vita. Ma ciò non è stato un impedimento affinché le sue idee, i suoi progetti e propriamente la sua lotta, continuassero più vive di lei stessa. Perché abbatterla in quel modo non ha fatto altro che moltiplicare i protagonisti della sua lotta.  Non ha fatto altro che approfondire, con più forza, tutte ed ognuna delle denunce che lei in persona ha fatto pubblicamente quando prese coscienza - già da bambina - che la lotta sociale, la lotta per sopravvivere dentro le favelas, erano lotte contro il potere più corrotto che si potesse immaginare, contro il potere delle armi e contro il potere di un sistema divoratore di speranze.

Alcune delle sue denunce pubbliche erano fermamente rivolte contro le violenze perpetrate contro chi vive nelle favelas, chiamando all’azione gruppi para-polizieschi che sono manodopera nell’eseguire ordini molto precisi da parte di personalità, che, all’ombra dello Stato, fanno parte di una criminalità organizzata che ha obiettivi propri, idee proprie e l'ossessiva necessità di essere padroni e signori di vite umane, di vite che per loro sono dei semplici ostacoli ai loro obiettivi non proprio edificanti.

E Marielle Franco era uno di quegli ostacoli. Uno dei suoi più ferrei nemici. Uno di quelli nemici che bisognava togliere dalla circolazione, urgentemente.

A quattro anni da quella fatidica notte non possiamo non esprimere i nostri propri sentimenti di adesione alle lotte che la nostra cara Marielle portò avanti con valore indescrivibile, e non possiamo lasciare uno spazio in bianco, nelle nostre pagine, e non ricordarla, non renderle omaggio, non averla nella nostra memoria. Non possiamo. È un nostro dovere, l’essenza della nostra lotta come giornalisti.

Cinque mesi dopo che i proiettili falciarono la sua vita già si sapeva in ogni angolo del Brasile che agenti dello Stato erano coinvolti nell'attentato. Era già vox populi quel malsano intreccio che cospirò contro Marielle, e quindi contro la democrazia, la stessa che oggi si vanta di essere incorruttibile e idonea per la convivenza di una nazione.

"Questo fatto raccapricciante è un ulteriore esempio dei pericoli che affrontano le difenditrici ed i difensori dei diritti umani in Brasile. Come membro della Commissione di Diritti umani dello stato di Rio de Janeiro, Marielle era impegnata senza sosta nella difesa dei diritti delle donne di colore e della gioventù delle favelas ed anche di altre comunità emarginate", furono le parole di Jurema Werneck, direttrice di Amnesty International per il Brasile. 

Aggiungendo ancora: "Le autorità brasiliane devono garantire in breve tempo un'investigazione esaustiva ed imparziale su questo tragico omicidio. Lo Stato deve proteggere i testimoni e superstiti, determinare il motivo dell'assassinio di Marielle e consegnare i colpevoli alla giustizia. Il governo non può incrociare le braccia e lasciare che vengano uccisi i difensori dei diritti umani nell’impunità”.

I proiettili che hanno falciato la vita di Marielle non hanno impedito che la sua lotta desse i suoi frutti, o per meglio dire che quei frutti fossero resi visibili e con eloquenza attraverso le formalità nell'ambito dove lei lavorava coraggiosamente come consigliere comunale. A pochi mesi dell'attentato, nel seno della Camera Municipale di Rio de Janeiro furono approvati cinque disegni di legge opportunamente promossi da Marielle, cioè: programma notturno di accoglienza infantile di creature quando i responsabili della loro tutela lavorano o studiano; instaurazione del Giorno della Donna Nera; campagna di sensibilizzazione sulle molestie e la violenza sessuale in spazi pubblici e trasporto pubblico, dossier Donna Carioca (politiche pubbliche negli  ambiti di salute, assistenza sociale e diritti umani); e adempimento di misure giudiziali per adolescenti in regime aperto di libertà assistita o prestazione di servizi alla comunità.

A Marielle Franco, la militante e difensora dei diritti umani e specialmente dei diritti della donna di colore - e dell'emancipazione delle donne che vivono nelle favelas -, le sopravvive oggi una figlia che al momento dell'attentato aveva 19 anni, ed anche la sua compagna, l’architetto ed attivista Mónica Tereza Benicio chi fu minacciata, al punto di dover richiedere protezione alle autorità nazionali ed internazionali nel 2018.

Marielle era militante del PSOL (Partito Socialismo e Libertà), e come tale, dopo essere stata scelta come consigliere comunale della Camera Municipale di Rio, criticò duramente l'intervento federale a Rio de Janeiro, denunciando poliziotti del 41 Battaglione della Polizia Militare per abuso di autorità contro gli abitanti della favela Acari.

Ore prima dell'assassinio di Marielle, in uno dei suoi ultimi twitters, in riferimento alla morte del giovane Matheus Melo per mano della polizia militare brasiliana durante una delle sue incursioni in una favela, si chiedeva nella rete sociale, “quanti ancora devono morire affinché finisca questa guerra?”.

Noi, facendo nostre le sue parole, ci chiediamo, in questo nuovo anniversario, quanti ancora come Marielle devono morire, così, per mano del potere nauseabondo disseminato nel mondo, affinché finiscano gli autoritarismi, le segregazioni, le differenze sociali, l’omofobia, le esclusioni, l’emarginazione, le violazioni dei diritti umani e gli oltraggi alla vita umana, gli abusi della polizia, e le corruzioni nell’ambito della funzione pubblica e degli Stati che si vantano ipocritamente di essere democratici, liberi ed onesti? 

Marielle Franco, sei più presente che mai!!

Foto © Mídia NINJA/Flickr

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos