Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

L’aggressività statunitense sposta gli equilibri mondiali

Il giorno 15 dicembre si è svolto il colloquio in videoconferenza tra il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo cinese Xi Jinping.
“Il mondo è entrato in un periodo di turbolenza e grandi cambiamenti, le relazioni sino-russe, dopo aver resistito a tutti i tipi di prove, hanno mostrato una forte vitalità, hanno preso un nuovo respiro”, ha detto Xi, facendo intendere il cambio di strategia di Pechino e Mosca.
Nei giorni precedenti entrambi i presidenti avevano avuto colloqui, sempre virtuali, con il Presidente statunitense Joe Biden.
Alta è la tensione che si respira in Europa sulla questione Ucraina e sull’espansione della NATO verso est, come emerso dalle parole di ghiaccio di Putin e Biden il 7 dicembre.
La videoconferenza del 15 novembre tra Biden e Xi ha visto toni meno duri, ma il tema centrale restava la distensione tra Cina e USA nel Mar Cinese Orientale, nel Mar Cinese Meridionale e nell’Oceano Pacifico in generale.
In questo incontro online tra Putin e Xi, nessuna parola è stata spesa a caso.

Le Olimpiadi invernali Beijing 2022 minate da assenze diplomatiche importanti
Il presidente russo, esprimendo la sua contrarietà alla politicizzazione dello sport, ha affermato la calorosa partecipazione della Federazione Russa ai Giochi Olimpici invernali (Beijing 2022) che si terranno a Pechino a febbraio 2022. Il messaggio è in risposta alla decisione di alcune nazioni, Stati Uniti d’America in primis, che non invieranno rappresentanze ufficiali ai giochi. Regno Unito, Australia, Canada, Giappone e Nuova Zelanda faranno altrettanto.
Si tratta di un boicottaggio a livello diplomatico, stile Guerra Fredda, ma gli atleti parteciperanno comunque ai giochi. La decisione sarebbe in risposta alla violazione dei diritti umani da parte della Cina contro l’etnia degli uiguri.
I botta e risposta di presidenti e ministri degli esteri dei rispettivi paesi in merito al boicottaggio dei giochi non si sono fatti attendere.

Chi è portatore di valori giusti?
Al primo Summit per la democrazia del 9 e 10 dicembre organizzato da Washington il presidente Biden ha parlato di “pressione esterna di autocrati che cercano di espandere la loro influenza nel mondo e di giustificare le loro politiche repressive” alludendo a Russia e soprattutto alla Cina, e poi ha affermato la necessità di una “comunità globale per la democrazia” che sarebbe, a suo dire, basata sui “valori che ci uniscono” come “la giustizia, lo stato di diritto, la libertà di espressione, la libertà di manifestazione, la libertà di stampa, la libertà di religione”.
Anche qui la risposta è stata chiara. Durante la videoconferenza Xi ha detto che Pechino e Mosca “sono divenute i pilastri del vero multilateralismo e della tutela di equità e giustizia a livello internazionale”. Per Putin i rapporti tra Russia e Cina sarebbero “un vero esempio di cooperazione interstatale nel XXI secolo”.

Qui è d’obbligo una riflessione.
Un paese come la Repubblica Popolare Cinese dove, nella regione autonoma dello Xinjiang, esistono lager per la deportazione degli uiguri (etnia turcofona a maggioranza musulmana) non può di certo dirsi promotore dei diritti umani. La Federazione Russa dal canto suo non può dirsi democratica, avendo vissuto la quasi ininterrotta presidenza di Putin in Russia dal 1999 fino ad oggi (tranne la parentesi 2008-2012 quando cambiò semplicemente poltrona, ricoprendo il ruolo di Primo Ministro, anziché di Presidente), una presidenza che, dopo le modifiche costituzionali del 2020, gli consentirà di rimanere al potere per due mandati consecutivi di 6 anni l’uno a partire dal 2024, quindi fino almeno al 2036. (una presidenza più longeva di quella tedesca della Merkel dal 2005 al 2021).
Il fatto però che ad accusare di mancanza di democrazia e di valori i due paesi euroasiatici, sia proprio il presidente della nazione che ha commesso più crimini nel mondo, lascia perplessi. Le prigioni di Guantanamo a Cuba e Abu Ghraib in Iraq, i 175 anni di carcere che attendono il giornalista Julian Assange se venisse estradato negli USA, la guerra in Afghanistan, Libia e Siria, l’appoggio dato all’Isis, le dittature appoggiate in Sud America, gli embarghi contro Cuba e Venezuela, l’appoggio dato al governo neonazista ucraino, le varie rivoluzioni colorate in Europa avvenute con l’aiuto di pilotati canali di controinformazione e sedicenti oppositori come ad esempio il neonazista Roman Protasevich in Bielorussia e l’estremista di destra Alexei Navalny in Russia. E la lista non finisce certo qui.
La questione dei valori è dunque, a rigor di logica, tutta retorica politica e diplomatica.


biden joe imagoeconomica 1648396

Il presidente degli USA, Joe Biden © Imagoeconomica


Aumento della collaborazione economico-finanziaria tra Russia e Cina e l’uscita dallo Swift
Con la videoconferenza i due leader hanno ribadito la loro collaborazione sia in ambito economico che strategico.
Gli scambi economici tra i due paesi hanno “per la prima volta superato la soglia dei 100 miliardi di dollari nei primi tre trimestri e potrebbero raggiungere nuovi massimi nel corso dell’anno” ha detto Xi Jinping. La buona comunicazione con Xi “consente di discutere a fondo lo sviluppo delle relazioni sino-russe, la partnership globale e l’interazione strategica” ha detto Putin.
Sempre durante l’incontro si è parlato della “necessità di intensificare gli sforzi per creare un’infrastruttura finanziaria indipendente per servire le operazioni commerciali tra Russia e Cina” ha affermato il consigliere del presidente russo, Yury Ushakov. “una tale infrastruttura – ha continuato il portavoce del Cremlino – che non possa essere influenzata da paesi terzi”.
Questa sarebbe la mossa russo-cinese in risposta alla crisi con gli USA e il mondo occidentale. Dal 2014 (dopo l’annessione della Crimea alla Russia e la crisi tra questa e la UE e gli USA) i due paesi puntano a sganciarsi dal dollaro come moneta per gli scambi internazionali, avvalendosi del Rublo russo e dello Yuan cinese. L’idea della dedollarizzazione, partita inizialmente come misura contro le sanzioni USA alla Federazione Russa, già da settembre 2021 sta diventando realtà, tanto che Gazprom sta utilizzando, in base al paese in cui opera, Rublo e Yuan per i pagamenti delle forniture. Mosca e Pechino “devono allontanarsi dall’uso dei sistemi di pagamento internazionali controllati dall’Occidente” ha affermato il ministro degli esteri russo Sergey Lavrov a inizio 2021, siccome gli Stati Uniti cercano di “limitare le opportunità di sviluppo tecnologico sia della Federazione Russa che della Repubblica Popolare Cinese” ha aggiunto.
Il dollaro è inoltre percepito come una moneta incerta, siccome legata alla ormai debole economia statunitense. Molti i punti a sfavore del dollaro: l’enorme debito pubblico USA giunto al 125% del PIL, crisi finanziarie reiterate, la politica ondivaga delle varie amministrazioni USA che denota lo scontro di potere interno al paese, l’economia mondiale drogata da un eccessiva offerta di moneta.
La nuova “infrastruttura finanziaria indipendente” andrebbe a sostituirsi al sistema internazionale di pagamento attualmente in uso, cioè lo Swift. Infatti alcuni giorni prima il sottosegretario di Stato americano Victoria Nuland aveva dichiarato che Washington assieme ai partner occidentali stava pensando all’estromissione della Russia dal sistema di pagamenti Swift in caso di invasione dell’Ucraina da parte di Putin. La creazione di questa piattaforma indipendente per i pagamenti internazionali agevolerebbe molto i già cospicui scambi commerciali tra Mosca e Pechino.
Sempre nell’ottica appena descritta si capisce perchè il Cremlino stia accumulando valuta cinese, tanto da essere arrivato a detenere un quarto delle riserve mondiali di Yuan. La mossa servirebbe anche a incentivare Pechino a fare altrettanto con il Rublo russo, scalzando così la supremazia del dollaro negli scambi internazionali.
Durante l’incontro si è concordato l’aumento della quota delle valute nazionali, Yuan e Rublo, negli scambi tra i due paesi e l’impegno per l’apertura reciproca dei mercati azionari nazionali agli investitori russi e cinesi, come riportato da RT.
L’utilizzo di un sistema alternativo allo Swift e l’uso delle rispettive valute al posto del dollaro nelle transazioni commerciali permetterebbero ai due giganti di eludere le sanzioni statunitensi contro la Russia e i dazi doganali sempre statunitensi contro la Cina (avviati questi ultimi dall’amministrazione Trump).
Per di più la Cina, un paese con un’economia solida e in forte crescita, fattori questi su cui poggia la stabilità della moneta nazionale, diverrebbe più libera nelle sue politiche a livello regionale, tanto da acquisire maggior peso anche nel panorama mondiale. 
Queste scelte avranno un forte impatto sulla finanza ma anche sull’economia reale globale, tenendo conto del fatto che i prodotti cinesi inondano già oggi le economie di molti paesi, anche in Europa.

Il QUAD e l’AUKUS: alleanze militari anti-cinesi
Sul piano strategico, Russia e Cina hanno varie questioni che ne fanno convergere gli interessi. Mentre l’Alleanza del Nord Atlantico (la NATO) è attiva solo in Europa e Nord America, in Asia sono attive altre organizzazioni e accordi di tipo militare, come il QUAD e l’AUKUS.
Il Quadrilateral Security Dialogue (QUAD), cioè dialogo quadrilaterale per la sicurezza, è un alleanza per la cooperazione e la sicurezza marittima per un “Indo-Pacifico libero e aperto”, come riportato dalla rivista online Affari Internazionali. Ne fanno parte India, Giappone, Australia e USA. Il QUAD è stato istituito nel 2007/2008 per contrastare l’espansionismo cinese nell’Oceano Indiano e nell’Oceano Pacifico.
India e Giappone ad esempio hanno contese territoriali e marittime con la Cina, come la questione divampata nel 2010 sulle isole Senkaku (in giapponese) o Diaoyutai (in cinese) nel Mar Cinese orientale. L’India ha invece dispute territoriali riguardanti la regione di frontiera del Doklam, inoltre la Cina starebbe facendo cospicui investimenti in Sri Lanka e Nepal, paesi considerati strategici per l’India.
L’unica ad essere titubante riguardo all’alleanza quadrilaterale è l’Australia, essendo un importante partner commerciale della Cina e avendo istituito con quest’ultima nel 2015 il China-Australia Free Trade Agreement (Chafta), un accordo di libero scambio.


caccia militare sole da pixabay


L’alleanza sarebbe comunque fondamentale per la sicurezza delle linee di rifornimento via mare di Tokyo e Canberra.
Il QUAD viene percepito in Asia, e soprattutto dalla Cina, come una specie di NATO del Pacifico, ritenendolo un tentativo di contenimento all’espansione del dragone asiatico nel Pacifico.
Putin e Xi hanno anche criticato l’AUKUS, il patto trilaterale di sicurezza tra Regno Unito, Stati Uniti e Australia annunciato il 15 settembre. Secondo i due presidenti l’accordo “mina le fondamenta del regime di non-proliferazione nucleare” e metterebbe a repentaglio gli equilibri nella regione.
L’AUKUS prevede che Washington e Londra aiutino Canberra ad ottenere sottomarini a propulsione nucleare.
Sempre il consigliere del presidente russo, Yury Ushakov, ha detto alla stampa che Putin è preoccupato riguardo la spinta USA per “riconfigurare l'attuale situazione nella regione Asia-Pacifico”. Russia e Cina, ha continuato, “valutano negativamente la creazione di nuove alleanze, quali il Dialogo di Sicurezza Quadrilaterale (QUAD) indo-pacifico e l’unione AUKUS”, come riportato dal giornale Sputnik. Mosca si schiera così al fianco dell’alleato cinese.

La militarizzazione del pacifico
E’ aumentata negli ultimi anni la militarizzazione delle Isole e degli arcipelaghi nell’Oceano Pacifico, soprattutto a ridosso della Repubblica Popolare Cinese, riporta il sito d’informazione InsideOver. Ad essere coinvolta è soprattutto la First Island Chain (la prima catena di isole) che si estende dal Giappone fino alla Filippine. Il fine è sempre quello: Impedire alla RPC di avere accesso diretto al Pacifico.
Il Giappone sta militarizzando l’arcipelago delle Ryukyu (detto anche Nansei). A Mageshima sta costruendo una base aerea e nelle islole Miyakojima, Ishigakijima e Yonagunjima, a ridosso di Taiwan, sono stati installati missili antiaerei e antinave e sistemi da guerra elettronica. Queste isole compongono lo stretto di Miyako, uno dei pochi passaggi attraverso cui la marina della Repubblica Popolare Cinese accede al Pacifico. Inoltre anche il governo della Repubblica di Cina, a Taiwan, ha ricevuto armamenti dagli USA in funzione anticinese.
Altro cruccio per la RPC sarebbe la Malacca, punto strategico non solo militare ma anche commerciale per l’accesso all’Oceano Indiano a sud.
Pechino sta correndo per potenziare la sua modesta flotta e due nuove portaerei sono in cantiere. Il potenziamento della marina avrebbe sia uno scopo strategico militare ma anche uno scopo di difesa dei fiorenti commerci, che gli USA con la loro potente flotta e i loro alleati potrebbero frenare tramite un blocco navale.
Non potevano mancare le esercitazioni militari, ovviamente navali, essendo il teatro di contesa l’Oceano Pacifico.
Nell’ambito del QUAD, definita dal ministero degli esteri cinese la “Nato indo-pacifica”, si è svolta ad agosto nel Mare delle Filippine la prima fase dell’esercitazione militare Malabar 2021. Vi hanno partecipato Australia, India, Giappone e Stati Uniti. Ad ottobre 2021, nel Golfo del Bengala, si è svolta la seconda fase di Malabar 2021.
A settembre 2021 si è svolta sia l’esercitazione bilaterale Samudra Shakti tra la marina indonesiana e quella indiana che l’esercitazione Aus-Index tra marina indiana e australiana.
Ad Agosto 2021 la U.S.Navy ha eseguito nel Pacifico la Large Scale Exercise 2021 (Lse 2021), un’esercitazione militare a livello globale.
In tutta risposta si è tenuta sempre ad agosto nel Mar Cinese Meridionale un’importante esercitazione navale della Repubblica Popolare.

Mentre la Russia è costretta a giocare in difesa per proteggersi dalle mire della NATO e quindi statunitensi sui suoi confini occidentali, la Cina gioca d’attacco cercando di forzare il blocco di USA e alleati asiatici al fine di avere uno sbocco sull’Oceano Pacifico. Le tensioni di Mosca e Pechino con Washington stanno portando ad un avvicinamento sempre più stretto tra i due giganti euroasiatici sia a livello militare che economico-finanziario.
Scorgendo in questi giochi di guerra, dall’Europa al Pacifico, l’alba di un potenziale conflitto globale, viene in mente una frase attribuita al famoso scienziato Albert Einstein che recita: “Non ho idea di quali armi serviranno per combattere la Terza Guerra Mondiale, ma la quarta sarà combattuta coi bastoni e con le pietre”.

Foto di copertina © The Russian Presidential Press and Information Office

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos